Editoriali

Nell’ultimo trentennio la propaganda bellica ha dato alla guerra dimensioni globali e sistemiche, fino a declinarla secondo i connotati manichei e assolutizzanti di un conflitto fra bene e male, civiltà e barbarie, inaugurato dal considerare il conflitto armato come un’operazione di polizia internazionale.

Se è evidente a tutti che l’ascesa del Nupes è il prodotto di un lungo ciclo di lotte in Francia e che la stessa rappresentanza politica favorisce essa stessa un’accelerazione dell’organizzazione sociale della conflittualità dei ceti subalterni, l’elemento su cui potremmo interrogarci è la ragione storica di quest’evoluzione, il perché in Francia.

La prospettiva comunista è oggi rifiutata dai più perché considerata datata, utopista o distopica. Come mostreremo nel seguente articolo chi porta avanti tali critiche è in realtà sostenitore di una visione del mondo non solo più datata, ma anche certamente più utopista e per diversi aspetti più distopica di quella comunista.

Lenin, in polemica con quelli che criticava come socialpacifisti – socialisti a parole ma pacifisti nei fatti – ricordava che l’unico modo per farla finita con le guerre, sempre più causate dall’imperialismo, è di trasformare la guerra (imperialista) fra nazioni in una guerra civile rivoluzionaria fra classi sociali.

L’informazione mainstream e la guerra, l’invio delle armi, il diritto all’autodeterminazione, da che parte stanno i paesi imperialisti e da che parte sono schierate le nazioni antimperialiste e i paesi non allineati? Come si coniuga nello specifico della guerra in Ucraina con la necessaria dialettica fra giustizia e pace?

Il sistema capitalistico potrebbe sopravvivere all’attuale crisi sistemica, accentuata dalla pandemia e dalla guerra, ma pesante sarà per noi il costo della sua riproduzione.

 Sono utili i criteri morali per comprendere una guerra?

L'Europa sarà la vittima sacrificale di questa guerra per procura fra Stati Uniti e Russia-Cina. Lo sarà in particolare il mondo del lavoro. Per questo urge costruire un fronte che vi si opponga.

L’UE e gli Stati Uniti, re delle sanzioni, hanno preso misure controproducenti per loro e non solo?

Aumentano i contratti precari e diminuisce il potere di acquisto dei salari.

L’aggressione della Russia all’Ucraina è anche il riflesso di un’emergente divisione del lavoro internazionale non più favorevole a Washington. La Cina al contrario si rivela sempre più il punto centrale di equilibrio del mondo.

I massacri della guerra, decontestualizzati dalla storia, vengono tutti imputati, aprioristicamente alla Russia, senza alcuna indagine. L’esercito ucraino può fare tutto, anche massacrare i civili, tanto è completamente supportato da una stampa internazionale che la sostiene.

Il conflitto in Ucraina viene da lontano ed è legato alla competizione internazionale per il dominio sull’Eurasia.

Chi si oppone in ogni modo alla possibile soluzione pacifica, giusta e razionale del tragico conflitto fra due popoli fratelli come il russo e l’ucraino che hanno vissuto e collaborato in pace per oltre settant’anni come le due principali repubbliche socialiste sovietiche? Si tratta dello stesso imperialismo “democratico” che invece di attivarsi per un duraturo accordo di pace continua a inviare armi in Ucraina e ad attaccare chi osa battersi contro la nuova guerra fredda.

La guerra per far entrare l’Ucraina nella più grande alleanza militare di tutti i tempi e per dare alle sue popolazioni russofone, dopo la controrivoluzione colorata, il diritto all’autodeterminazione, viene spacciata dai media come una nuova guerra di civiltà. Peccato che dalla parte dei “civilizzati” siano schierati i nazisti.

Tra speculatori, fake news e luoghi comuni: proviamo a districare i riflessi economici della guerra?

Ricadute sociali della follia atlantista, la fine del suprematismo occidentale e il rilancio di una vera politica internazionalista.

I comunisti devono contrastare in primis l’espansione della Nato, in secondo luogo lo sciovinismo guerrafondaio, in terzo luogo i tirapiedi dell’imperialismo ucraini e in quarto luogo gli oligarchi nazionalisti e anticomunisti russi.

Iniziamo a ragionare insieme sulle ragioni di fondo hanno portato a questo scontro

Qualche parola sul movimento studentesco italiano, sulla sua nascita e sulle sfide che si trova davanti.

Il cosiddetto “giorno del ricordo” occulta sotto un velo di mistificazioni e omissioni le responsabilità reali dei tragici eventi che hanno insanguinato il fronte orientale tra gli anni Venti e l’immediato dopoguerra. Proviamo a ricostruire una contestualizzazione più ampia e più complessa, per una comprensione che vada oltre le sirene della retorica dominante.

La politica rinuncia a un suo ruolo e le istituzioni sono ostaggio del grande capitale. Mentre si rischia l’esplosione del conflitto armato sulla questione ucraina, un’altra guerra è in atto: contro i lavoratori. Occorre la ripresa del conflitto sociale.

Si fa sempre meno attenzione alla sicurezza nei luoghi di lavoro e ne fanno le spese anche gli studenti in alternanza scuola-lavoro. Tale istituto è finalizzato a sfruttare lavoratori non contrattualizzati e a sottrarre ore di insegnamento vitali per formare la coscienza delle nuove generazioni.

La situazione dell’Ucraina e del Kazakistan portano ancora una volta alla ribalta una strategia destabilizzante che potrebbe generare un conflitto dalle conseguenze imprevedibili.

Nonostante il suo “naturale” classismo, la pandemia sfonda dove il tornado neoliberista gli ha aperto la strada, riducendo al minimo le barriere immunitarie di una comunità sempre più individualisticamente disgregata e asservita all’ansia di prestazione del profitto immediato, al cui altare qualsiasi valore collettivo è immolato.

Il bilancio del 2021 è positivo dal punto di vista internazionale, con la crescente crisi dei tre grandi poli imperialisti: Stati Uniti, Unione europea e Giappone. Mentre cresce il peso di Cina e Russia, sempre più vicine fra di loro e alleate con i paesi antimperialisti. Il bilancio è, invece, negativo per quanto riguarda l’Italia, mai come ora, infatti, la campagna per l’elezione del presidente della Repubblica è egemonizzata dalla destra, con la sinistra incapace di proporre un proprio candidato.

Il numero dei miliardari (soprattutto statunitensi e cinesi) è cresciuto in maniera straordinaria, analogamente quello dei poveri: c’è una correlazione?

La netta affermazione della sinistra radicale alle elezioni presidenziali in Cile rende meno arduo lo sviluppo del conflitto sociale dal basso, che ha reso possibile questo trionfo. Ma se gli sfruttati delegheranno al governo la soluzione dei loro problemi, il conflitto di classe vedrà ancora una volta prevalere gli sfruttatori.

Il bonapartismo del presidente del Consiglio è un’esigenza dettata dagli equilibri instabili del campo borghese e sta deteriorando anche gli aspetti formali della democrazia. Alla concentrazione dei capitali corrisponde la concentrazione del potere politico: ma il processo può iniziare ad arrestarsi con il successo dello sciopero generale.

CGIL e UIL dichiarano lo sciopero generale per il 16 Aprile. Governo e CISL buttano acqua sul fuoco e tentano di ricucire lo strappo.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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