La pace in Ucraina si dirige verso un binario morto

La volontà di Macron di inviare truppe in Ucraina sembra concretizzarsi, avvicinando sempre di più la possibilità di guerra in Europa. Per evitare di trovarsi ad essere parti belligeranti è fondamentale che alle europee si affermino quelle forze politiche che sono per una de-escalation.


La pace in Ucraina si dirige verso un binario morto Credits: commons.wikimedia.org

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea con l’ingresso delle truppe russe in Ucraina nel febbraio del 2022 hanno boicottato fin da subito ogni ipotesi di pace, anche quando si arrivò effettivamente a un possibile accordo tra Ucraina e Russia con la mediazione turca nel marzo 2022. In quell’occasione la Russia ritirò le truppe dalle porte di Kiev per arrivare all’accordo. In Occidente era però convinzione che si potesse piegare la Russia con la guerra economica provocando la caduta della presidenza Putin e forse la frammentazione della stessa Federazione Russa. Per mettere fine alle trattative, che, secondo l’ex-consigliere di Zelensky, Arestovich, erano le migliori possibili realizzabili dall’Ucraina, venne Boris Johnson a Kiev. Il passo successivo per chiudere del tutto quelle trattative fu l’eliminazione come traditore del mediatore ucraino

Da quel momento in poi ogni possibile ipotesi di pace è stata vanificata dal continuo rifornimento di armi, sempre più potenti e distruttive, all'Ucraina, nella convinzione dell’Occidente che i negoziati avrebbero necessitato di una vittoria tattica ucraina, tale che l'Ucraina potesse trattare da una posizione di forza. Le linee rosse dei russi progressivamente svanivano, con i paesi NATO che di volta in volta alzavano l’asticella del loro coinvolgimento, sempre più convinti che la Russia non avrebbe reagito. Furono architettate provocazioni ogni volta più rischiose, in un crescendo di armi sistematicamente più sosfisticate in grado di colpire non solo in Donbass ma anche in Russia. Il coinvolgimento di militari NATO è aumentato, anche se ufficialmente come mercenari, poiché le armi più sofisticate occidentali richiedevano personale addestrato per il loro utilizzo. 

Quando è diventato evidente che nonostante i miliardi di dollari spesi in armamenti l’iniziativa militare è tornata in mano russa, con il serio rischio del tracollo delle difese ucraine in Donbass, Macron ha minacciato di inviare militari francesi a puntellare le difese di Kiev. Ecco che progressivamente anche la linea rossa di coinvolgimento diretto di truppe NATO sembra essere in procinto di sparire. Tanto che, a quanto pare, un centinaio di uomini del 3°reggimento di fanteria della Legione Straniera sarebbero a Slavyansk. I “mercenari” occidentali si sarebbero quindi mossi per partecipare alla difesa di Chasov Yar, bastione fondamentale per la tenuta ucraina del fronte nel Donbass. 

L’Occidente accusa la Cina di spalleggiare la Russia nel conflitto in Ucraina, fornendole componenti militari. Macron ha quindi lanciato un’offensiva diplomatica indirizzata a rompere l’asse russo-cinese, durante la visita del presidente cinese Xi Jinping a Parigi; tuttavia sembra che questa iniziativa si sia conclusa in un nulla di fatto. È assai improbabile che questi tentativi ottengano il risultato sperato, in vista di rapporti economici sempre più tesi per iniziativa statunitense, mentre quelli russo-cinesi sono, invece, in crescita. La Francia vorrebbe una tregua in concomitanza con le Olimpiadi, dalle quali gli atleti russi sono stati esclusi di concorrere sotto la propria bandiera. Perché il presidente russo dovrebbe accettare questa tregua, che potrebbe favorire l’eventuale dispiegamento di truppe NATO in Ucraina? Putin ricorda bene le dichiarazioni di Hollande e Merkel sullo scopo degli accordi di Minsk. La credibilità a Mosca degli interlocutori europei è sempre più in discesa.

La NATO inoltre manterrà la propria esercitazione militare in Polonia, ai confini della Bielorussia, fino al 31 maggio. In tale manovra è coinvolto un dispiegamento di 90 mila uomini. Putin per scoraggiare colpi di mano dell’alleanza militare occidentale ha alzato la posta in gioco, lanciando il 6 maggio un’esercitazione nel Distretto Militare Meridionale, quello coinvolto nel conflitto in corso, nell’uso delle armi nucleari tattiche. Questa operazione ha l’evidente scopo di far desistere la NATO dal mandare truppe in Ucraina, che sarebbero viste da Mosca come truppe nemiche e quindi possibili obiettivi per le proprie forze armate. Parallelamente il Ministero degli Esteri russo ha convocato gli ambasciatori britannico e francese per comunicargli che qualsiasi F-16 sul cielo ucraino sarebbe percepito come un possibile vettore di armi nucleari, con tutte la conseguenze che una mossa azzardata del genere potrebbe comportare.

La possibilità di arresto del conflitto sembra stia percorrendo un binario morto. Gli Stati Uniti, con una maggioranza bipartisan, hanno stanziato 60 miliardi di dollari di aiuti militari all’Ucraina. Il presidente Biden, per essere rieletto a novembre, conta per quest’anno nella resistenza dell’Ucraina, per tornare all’offensiva nel 2025. L’Unione Europea sembra essersi convinta a usare i proventi dei beni russi congelati per pagare le spese militari di Kiev, sebbene l’Ucraina vorrebbe il sequestro di tutti i beni russi congelati, che ammontano a circa 200 miliardi di euro. La Russia non sta, però, rimanendo a guardare, confiscando le imprese occidentali nel proprio territorio. Sono inoltre stati inseriti nella lista dei ricercati del Ministero dell’interno russo, diverse importanti personalità ucraine, che hanno pesanti responsabilità sulla guerra in Donbass, tra cui l’ex-presidente Poroshenko e lo stesso Zelensky. Per la Russia non ci sono attualmente autorità ucraine con cui trattare, tanto che il Ministro degli Esteri Lavrov ha dichiarato che “non c’è ancora nessuno con cui parlare”.

In uno scenario così fosco, che rischia per un’errore di calcolo o una mossa avventata di degenerare in un conflitto su vasta scala in Europa, con la possibilità dell’uso di armi atomiche, è necessario l’affermarsi di quelle forze che vedono realmente nella descalation e nel dialogo l’unica via possibile per raggiungere la pace. In Italia, a destra e sinistra, con l’avvicinarsi delle elezioni europee si riscoprono tutti pacifisti: diversi partiti hanno ammorbidito le loro posizioni guerrafondaie, consci che la maggioranza degli italiani è contraria al conflitto militare. Hanno candidato nelle proprie liste alcune personalità critiche nel proseguire il conflitto, con il chiaro intento di sbarrare la strada alla lista “Pace, Terra, Dignità“, che fin dalla propria nascita ha posto questo tema come quello centrale della propria esistenza politica. L'affermarsi di forze pacifiste alle europee potrebbe far riprendere il dialogo prima che i canali di comunicazione siano definitivamente chiusi.

10/05/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Marco Beccari

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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