Mercoledì 23 gennaio Juan Guaidó, presidente dell’Assemblea nazionale, il parlamento della Repubblica bolivariana, in mano all’opposizione, si è autoproclamato Presidente ad interim del Venezuela. Puntuale, dopo pochi minuti, è arrivato il riconoscimento da parte di Donald Trump. Un tempismo niente affatto sospetto e che risponde ad una precisa regia.
Che comincia giusto un anno fa, a fine gennaio 2018, quando nella Repubblica Dominicana, dopo oltre 150 riunioni, i rappresentanti del governo e dell’opposizione sembravano pronti a firmare un accordo di riconciliazione promosso dall'ex primo ministro spagnolo José Luis Rodriguez Zapatero, l'ex presidente della Repubblica Dominicana, Leonel Fernandez, e l'ex presidente di Panama, Martin Torrijos. Ma a bloccare il tutto arriva la telefonata da parte dell’allora Segretario di Stato USA, Rex Tillerson, che il 6 febbraio da Bogotá, dov’era in visita ufficiale, chiama Julio Andrés Borges Junyent, leader di Primero Justicia, e gli impone di non firmare il documento.
Una decisione, prontamente stigmatizzata perfino da Zapatero, che spacca l’opposizione in vista delle elezioni presidenziali di maggio 2018, il cui boicottaggio fallisce, e porta ad innalzare il livello dello scontro con l’attentato a Maduro del 4 agosto e la diffusione, l’8 settembre, della notizia di incontri segreti con (presunti) militari ribelli per testare la fattibilità di un colpo di stato. Ma a inizio dicembre, da Mosca, decollano due bombardieri strategici Tupolev Tu-160 che hanno stazionato diversi giorni a Caracas e, a detta del locale ambasciatore russo, non è escluso che altri ne possano arrivare. Intanto Juan Guaidó diventa presidente del Parlamento e giovedì 10 gennaio 2019, quando Maduro presta giuramento dando formalmente inizio al suo secondo mandato, si dichiara pronto ad assumere la presidenza contro “l’usurpatore”. Un’espressione testualmente ripresa da Mike Pompeo, il neo Vicepresidente e Segretario di Stato USA, che martedì 22 in un video incita il popolo venezuelano ad appoggiare Guaidó e a ribellarsi proprio il giorno successivo.
Quel che sta accadendo in queste ore, dunque, è un colpo di stato attentamente pianificato e sembra altamente probabile che le provocazioni e le violenze di queste ore rappresentino dei pretesti per giustificare un intervento militare ai danni dei venezuelani, del chavismo e del governo di Maduro. Laddove non arriva la propaganda e la guerra economica arrivano le armi. Dopo anni e anni di sabotaggio economico, di sanzioni internazionali e di disinformazione sembra arrivata l’ora della resa dei conti. Con John Bolton, il consigliere USA per la sicurezza nazionale, che ha impunemente dichiarato che gli Stati Uniti sono concentrati nel bloccare i pagamenti per le esportazioni di petrolio al fine di destinarle ad un governo “legittimo”. Affermazione eloquente più di centinaia di parole e che riassume in maniera squallidamente chiara l’intera politica estera del capitalismo americano nei confronti dell’America del Sud e del resto del mondo.
Bisogna aspettarsi di tutto, qualsiasi pretesto è buono per ottenere l’obiettivo. Ma l’eventuale intervento esterno militare creerà, di fatto, un nuovo Vietnam, i militari sono largamente favorevoli al socialismo bolivariano e i riservisti sono stati più volte richiamati. Intanto Diosdado Cabello, Presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente, accusa l’opposizione di finanziare i gruppi armati formati da sottoproletari che, sappiamo da fonti locali, la notte seminano il terrore in Venezuela usando anche armi da guerra che non si trovano in commercio. Un salto qualitativo nell’azione golpista che fino ad oggi si era limitata all’accerchiamento mediatico internazionale e al sabotaggio economico col sostegno delle sanzioni Usa al fine di aumentare il malcontento e trovare alleati tra le classi popolari. L’embargo, infatti, provoca la svendita delle merci e l’accettazione di ogni richiesta di scambio commerciale. Lo sfinimento, l’accerchiamento continuo, sta logorando la popolazione.
Negli ultimi anni, poi, il capitale monetario internazionale ha svalutato costantemente la moneta venezuelana attraverso il commercio illegale. L’abbassamento del prezzo del petrolio che rappresenta la principale fonte di valuta estera compromette gli equilibri della bilancia dei pagamenti e le politiche socialiste. L’accerchiamento militare lungo i confini del Venezuela è realtà, già basi americane sono state costruite lungo la frontiere della Colombia. L’elezione di Bolsonaro in Brasile ha messo a segno un altro colpo contro quella che avevamo conosciuto come la tendenza progressiva del Sud America negli scorsi decenni.
Ma a schierarsi apertamente e risolutamente contro il tentativo di colpo di stato in Venezuela non sono solo la Bolivia, il Messico e Cuba. Anche Cina, Russia, Turchia, Iran e Siria non hanno fatto mancare il proprio appoggio a Maduro. La riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite convocata d’urgenza dagli USA per oggi (sabato) si annuncia turbolenta. Buone e impreviste notizie, infine, giungono da Washington dove si è riunito l’OSA, l'Organizzazione degli Stati americani da sempre egemonizzata dagli Usa, che non ha ancora riconosciuto il delegato nominato da Juan Guaidó, anche se puntuale è giunta la minaccia a stelle e strisce, per bocca sempre di Pompeo, che ha avvisato che tutti i membri dell’OSA devono riconoscere il presidente ad interim Guaidó. Con buona pace di tutti quelli che, ahinoi anche nelle fila dell’estrema sinistra, hanno applaudito l’elezione di Trump perché avrebbe tenuto una politica estera “isolazionista”.
L’imperialismo UE, in queste ore, non può che procedere accodandosi, a sua volta, alle iniziative statunitensi, contribuendo a rafforzare la vulgata di una Repubblica bolivariana dittatoriale guidata da un presidente sanguinario. La Spagna del socialdemocratico Sánchez è pronta a riconoscere il golpista Guaidó, così come intende fare la cancelliera di ferro Angela Merkel. Particolarmente curioso il fatto che, senza un barlume di vergogna o di decenza, il presidente francese Macron, tra gli altri, cinguettii sul famoso social la propria intenzione di rendere “omaggio alle centinaia di migliaia di venezuelani che marciano per la loro libertà”, ordinando, nel frattempo, alla polizia di ferire agli occhi e caricare i dimostranti che invadono le strade di Parigi e della Francia ogni sabato da circa 10 settimane per protestare contro la macelleria sociale da lui condotta.
E in Italia cosa accade? Mentre il Movimento 5 stelle, che in passato aveva fanfato - in modo nient’affatto credibile per la verità - del proprio appoggio al Venezuela Bolivariano, oggi resta ufficialmente muto e manda avanti un timido Di Battista. Gli alleati di governo, al contrario, sanno molto bene quale posizione assumere ed è l’onnipresente Salvini a sciogliere le riserve, augurandosi che il dittatore Maduro cada il prima possibile. La sinistra moderata, dal canto suo, prosegue nel proprio imbarazzante codismo alla destra mondiale e nella propria subordinazione alle classi dominanti. Emblematica la gaffe della CGIL, impegnata nelle ultime battute del suo XVIII congresso, che prima emette una inaspettata mozione di condanna al tentativo di colpo di Stato in Venezuela salvo, poco dopo, rettificare ribadendo nessun sostegno a Maduro né alle ingerenze esterne ossia, tradotto senza equilibrismi ipocriti, il proprio sostegno al colpo di Stato. Proprio come avevano già fatto lo SPI-CGIL di Treviso, che ha aderito alla manifestazione contro Maduro indetta proprio per il 23 gennaio nel capoluogo della bassa pianura veneta, ed Epifani nel 2002, in occasione del colpo di Stato contro Hugo Chávez.
La gravità della situazione è lampante ma nulla sembra scuotere l’opinione pubblica mondiale - in gran parte egemonizzata e narcotizzata dal pensiero unico della classe dominante - dinanzi ad un copione che si ripete sempre inalterato dal secondo dopoguerra per defraudare i popoli del diritto di autodeterminarsi e costruire sistemi economici, politici e sociali alternativi al sistema capitalistico transnazionale che impone col sangue la propria dittatura in tutto il mondo, facendo dell’Africa un cantiere aperto e una prigione, del Mediterraneo un cimitero, del Medio Oriente un vespaio e un terreno di sperimentazione di armi chimiche, e del Sud America un cortile da pascolo strozzato dall’embargo economico e governato da politici neonazisti, così come accaduto anche in Ucraina.
Come sempre, ma in modo particolare in queste difficili ore, la Città futura rimane ferma al fianco del popolo venezuelano nella sua battaglia per la dignità e la libertà, mentre milioni di persone si stanno riversando nelle piazze in difesa del loro legittimo presidente Nicolas Maduro a dimostrazione che il chavismo e la rivoluzione sono ancora vivi e pulsanti nei quartieri popolari di Caracas. Stiamo vivendo una fase politica e sociale troppo delicata e troppo preoccupante per rimanere silenti o indifferenti, e quindi complici della devastazione cui i subalterni sono costretti in ogni angolo del globo. Questo è il momento di rinascere, di reagire, questo è il momento di parteggiare. Invitiamo pertanto quel che rimane della sinistra di classe del nostro Paese a fare altrettanto e far sentire forte e chiara la voce degli antimperialisti.
¡El pueblo unido jamás será vencido!