La guerra dei 6 giorni in Palestina

L’inizio della guerra che cambiò il medio oriente e le cui conseguenze ancora operano. Non tutto fu perfetto nell’esercito israeliano


La guerra dei 6 giorni in Palestina

(Leggi dalla parte prima)

Il 3 giugno 1967 il direttore del Mossad Amit tornò in patria e riferì dei suoi colloqui con Mcnamara Segretario alla difesa statunitense che gli aveva dato luce verde per, parole testuali: “spezzate le ossa a Nasser, noi non interverremo”. Il 5 giugno 1967 l’inizio dell'offensiva israeliana proditoriamente. In tutto Israele risuonarono le sirene antiaeree. Era un falso attacco studiato per mettere in allarme la popolazione e far decollare gli aerei israeliani che avrebbero attaccato, alle 7:45 del mattino il comando aereo di Mordechai Hod lanciò un attacco aereo massiccio sulle basi aeree egiziane di Bir Gafgafa, Fayid, e altre minori. Volando a quote basse e in silenzio radio gli aerei israeliani della prima ondata distrussero a terra 286 aeromobili egiziani. Il generale egiziano Abd al-Hakim Amer, ministro della Guerra, fu colto di sorpresa, scoprendo di non aver più un’aviazione degna di questo nome. Sul terreno invece il gruppo paracadutisti israeliani di Eytan segnò il passo, gli egiziani contennero l’avanzata verso il valico di Rafah, ma l’arrivo da Khan Younis di altre forze forzò il valico. L'avanzata raggiunse tutti i suoi obiettivi malgrado dovesse subire gravi perdite da parte degli egiziani. Incomprensibilmente questa sconfitta si deve attribuire per gran parte alla inerzia della riserva divisionale che gli egiziani ebbero, non si è mai capito perché ingenti forze egiziane che avrebbero potuto intervenire sul terreno non si mossero fino a quando non si trovarono circondate. Solo il reparto del colonnello egiziano Shazly riuscì a sfuggire all'accerchiamento e raggiungere le sponde del canale. Le forze di terra israeliane, guidate da Ariel Sharon, avanzarono sempre più a sud nel Sinai. Quattro Brigate israeliane riuscirono a circondare una forza egiziana pari al doppio della loro consistenza numerica e li chiusero in una sacca nella quale l’esercito egiziano fu catturato. Il resto della forza israeliana a nord rastrellò i rimanenti corpi egiziani rimasti attardati, con metodi molto aggressivi. Gli israeliani si attendevano di combattere per la conquista di Sharm El sheik ma la città fu evacuata dalle forze egiziane e la Marina israeliana vi si insediò senza combattere. 

Il fronte giordano non era previsto che si aprisse, ma il re di Giordania Hussein nonostante gli appelli di Levi Eshkol alla moderazione, influenzato da Nasser, entrò in guerra con il suo esercito, che aveva affidato ad un generale egiziano. Di fatto però il re non diede l'autorizzazione ad attacchi in profondità nel territorio israeliano, ma fece fare delle piccole puntate offensive irrilevanti nella città di Gerusalemme e un blando bombardamento su Tel Aviv con artiglieria pesante. Pensava che Israele impegnata sul fronte del Sinai non avrebbe potuto mobilitare forze sufficienti per attaccare in Cisgiordania e entrare a Gerusalemme est. Ma come abbiamo visto le forze israeliane riuscirono a raggiungere rapidamente le sponde del canale di Suez e si liberarono alcune forze consistenti israeliane che erano state dislocate a sud e che rapidamente raggiunsero il fronte cisgiordano. Da El-Arish appena conquistata venne la brigata paracadutisti del generale Tal. Da nord e da ovest cominciarono a mettersi in marcia le forze del generale Mordechai Gor lungo la strada Tel Aviv-Gerusalemme le truppe giordane operarono una blanda resistenza e arretrarono fino al Monte degli Ulivi e successivamente furono intrappolate dentro la città vecchia con il resto delle forze giordane ancora operative. Da nord il corpo d'armata comandato da Uzi Narkiss cominciò a penetrare con forza nella periferia della città vecchia, aiutato in questo dai modernissimi carri armati Sherman che l'America aveva poi fornito pochi mesi prima. A quel punto ben tre Brigate israeliane circondavano Gerusalemme Est e le forze giordane dentro la città non erano in grado di offrire una valida resistenza, con la sola eccezione del reparto della legione araba di cui abbiamo detto nei capitoli precedenti che era stata una creazione del colonnello inglese John Bagot Glubb. In poche ore caddero Jenin e Nablus e i giordani potevano opporre ai moderni S M 48 Sherman solo carri abbastanza obsoleti come gli M 48 e M 74. Malgrado la superiorità israeliana in armamenti uomini e strategia la resistenza degli arabi fu ammirevole: l'attacco israeliano si infrange più volte sulle resistenze in Giordania ed è appena il caso di ricordare che la maggior parte dell'urto israeliano fu sostenuto dalla legione araba; a questo punto il comando centrale di Tel Aviv decise un furioso bombardamento aereo sulle posizioni giordane che non avevano copertura aerea e avevano poco o nulla contraerea se non quella di reparto a bassissima quota. Dopo furiosi bombardamenti dell'aviazione israeliana l'avanzata riprese dentro la città. La sera del 7 giugno dopo 36 ore di furiosi combattimenti l'esercito israeliano avanzò dentro la città vecchia. Un reparto di élite si recò presso il Muro del pianto per celebrare la vittoria con un rabbino che suonò la shofar, l'episodio fu trasmesso su tutte le televisioni israeliane creando forte emotività in una cittadinanza che era stata trascinata in guerra ad arte da parte dei suoi dirigenti politici.                                                 

Il fronte siriano: 

Il fronte siriano era stato silente per i giorni precedenti la presa di Gerusalemme. È vero che le forze aeree israeliane avevano distrutto a terra anche l'aeronautica siriana ma le forze di terra siriane erano intatte. Con molta probabilità gli alti comandi siriani avrebbero desiderato non venir coinvolti nella guerra, ma la divisione politica li aveva costretti a combattere. L'inazione dei siriani che avevano assistito senza muovere un solo soldato alla disfatta egiziana nel Sinai e quella della Giordania con la presa di Gerusalemme fu interpretata dagli israeliani come una forma di debolezza da sfruttare al più presto. Pressati dai decisori politici, i generali siriani fecero un limitato bombardamento sulla valle del Giordano dove si trovavano insediamenti ebraici. Questo bombardamento causò due soli morti e danni materiali di non eccessiva entità. Ma il comando di Tel Aviv decise di attaccare sul Golan. 

In un consiglio di guerra a Tel Aviv Moshe Dayan, sempre più preoccupato di tenere a freno Rabin, nominò il generale Elezar responsabile delle operazioni sul Golan. Elezar veniva nella catena di comando dopo Rabin ma secondo l'idea di Dayan doveva essere un capo sul terreno controllabile, ma si rivelò aggressivo tanto quanto Rabin stesso. A quel punto nell'alto comando israeliano iniziò una lotta fra generali che prescindeva dalla situazione sul campo e dipendeva dalle rivalità fra i vari comandanti e dell'odio che Dayan nutriva nei confronti di Rabin. Elezar con due sole Brigate si mosse verso il Golan ma dopo non meno di due ore dovette fermarsi per un ordine che gli veniva dal capo di Stato maggiore israeliano Bar Lev. Bar Lev aveva fermato Elezar perché Rabin a capo di una brigata si era rifiutato di seguire gli ordini di Elezar. Un frettoloso consiglio di guerra presieduto da Dayan decise di soprassedere ad attaccare il Golan ritenendo che l'Egitto ancora non si fosse arreso e che prudentemente bisognava tenere disponibili forze consistenti per fermare un eventuale contrattacco egiziano. Nella notte però arrivò la notizia della tregua con l'Egitto; a questo punto Dayan convocò Elezar nel cuore della notte dandogli luce verde. Nelle prime ore dell'alba l'aviazione israeliana attaccò furiosamente le posizioni siriane sulle alture. Prima di addentrarci sugli avvenimenti che portarono alla conquista del Golan da parte israeliana sarebbe utile per i lettori che leggono poche pubblicazioni militari comprendere una cosa. La guerra non è una cosa meccanica, è una cosa prettamente umana e soggiace a tutte le realtà umane fino alla più piccola o la più grande delle contraddizioni. Sicché si può dire che i tanto decantati piani fatti prima delle guerre o prima di una operazione importante diventano totalmente inutili mezz'ora dopo che il combattimento ha inizio. In più questo episodio ci illumina su come la tanto decantata catena di comando che deve essere alla base di un esercito in un in momenti particolari può saltare anche per una serie di comportamenti molto umani ma totalmente deleteri che se non frenati a sufficienza possono portare a risultati imprevisti, nel nostro caso nostro la debolezza siriana consentì agli israeliani di non pagare dazio a questa loro divisione interna, che passò sotto silenzio per decenni. 

Passiamo adesso a vedere come gli israeliani presero il Golan.

L'aviazione israeliana operò più di 200 sortite su tutto il territorio del Golan nell'intento di distruggere l'artiglieria siriana, ma malgrado avesse gettato più di 400.000 tonnellate di esplosivo nella regione la gran parte delle artiglierie siriane erano intatte al momento dell'attacco israeliano. Questo provava che l'addestramento degli artiglieri siriani svolto ad opera di consiglieri sovietici aveva dato i suoi frutti. Non è un caso che ancora oggi l'artiglieria russa è considerata la più efficiente del mondo. L'esercito israeliano schierato su quattro Brigate iniziò l'attacco su due direttrici e con grandi difficoltà riuscì ad avanzare per qualche chilometro. L'esercito siriano per parte sua si era fortificato in vari punti e riusciva a frenare l'avanzata israeliana; purtroppo ben sei Brigate siriane rimasero indietro non perché non avessero possibilità di avanzare a soccorso della prima linea, ma perché il loro uscire in campo aperto li avrebbe esposti ai furiosi bombardamenti dell'aviazione israeliana. L'avanzata israeliana fu molto lenta e costò alcune gravi perdite perché i giovani comandanti di battaglione e di reggimento non avevano ben maturato l'insegnamento di guerre precedenti e non avevano mai pensato che i carri avrebbero potuto avanzare da soli invece che, come avrebbero dovuto, essere supportati dalla fanteria; questi giovani comandanti pensavano che i carri da soli potessero risolvere la situazione. Per questi motivi la brigata golani di fanteria fu lasciata indietro e dovette avanzare a fatica in un territorio ancora pieno di soldati siriani non disposti ad arrendersi. In questo caotico movimento israeliano avvenne un altro dei momenti topici della battaglia che i non conoscitori spesso non considerano a sufficienza. Il comando centrale di Elazar perse il controllo dei comandanti di battaglione sul terreno ed ogni comandante agì indipendentemente dal coordinamento centrale. Quindi quando fu siglata la tregua l'ordine di arresto non fu immediato perché ogni singolo comandante di battaglione o reggimento agì così come gli dettava la sua visione della situazione e si fermarono ognuno come ritennero più conveniente per loro. Il 9 giugno 1967 la guerra finì.

La vittoria israeliana fu completa e totale e passò alla storia come uno dei più fulgidi esempi di come l'addestramento occidentale avesse avuto ragione di qualsiasi forza che gli si fosse opposta, rimangono sempre da specificare alcune cose. Negli anni a venire la vittoria fu considerata impeccabile, superba attuazione della strategia israeliana e lo storico inglese Basil Liddell Hart ne rimase entusiasta. Tuttavia alcune cose non furono ben condotte o addirittura potevano portare al disastro. Nel Sinai i comandanti sul terreno ebbero da parte dell'alto comando israeliano informazioni errate che non causarono un disastro solo perché la maggioranza dell'esercito egiziano rimase passivo e solo sei anni dopo si riscatterà nella guerra del Kippur del 1973. Nel Golan non fu rispettato l'imperativo di tenere la fanteria accanto ai carri causando questo errore molti più morti di quando si pensasse ci potessero essere.

Il 22 novembre del 1967 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approvava la Risoluzione 242 in merito alla Guerra dei Sei Giorni, affermando l’esigenza dell’instaurazione di “una pace giusta e duratura” in Medio Oriente. Come tutti sappiamo questi territori non saranno mai più restituiti da Israele ai legittimi proprietari. Ma il Medio Oriente con questa guerra verrà rivoluzionato e una nuova era e un nuovo assetto sarà quello che dominerà gli stati della regione da allora fino all'attacco di Hamas il 7 ottobre 2023.

Bibliografia:

  • Pollack, Kenneth. Armies of Sand. Oxford University Press 2011;
  • Shlaim, Avi. The Iron Wall: Israel and the Arab World, Penguin Books 2023;
  • Van Creveld, Martin. Moshe Dayan. Orion 2006;
  • Van Creveld, Martin, Storia dell’esercito israeliano, Carocci, Roma 2000;

Sitografia:

https://www.history.com/topics/middle-east/six-day-war

https://www.bbc.com/news/world-middle-east-36264324

15/03/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Orazio Di Mauro

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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