America Latina, solidarietà e lotta

Un quadro delle tante acquisizioni da difendere e dei grandi problemi aperti in cui si trova l’intero continente latino-americano


America Latina, solidarietà e lotta Credits: Un comizio del Partito Socialista Unito del Venezuela fonte: https://www.flickr.com/photos/globovision/

A margine del quarto incontro italiano di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela, tenutosi a Lecce il 15, 16 e 17 aprile scorsi, un quadro delle tante acquisizioni da difendere e dei grandi problemi aperti in cui si trova l’intero continente latino-americano.

di Annita Benassi

L'America Latina chiama e noi anticapitalisti abbiamo il dovere di rispondere, mettendo in campo tutta la nostra forza. La Storia non ci perdonerà, se non lo faremo.
Credo che la mia generazione, quella del secondo dopoguerra, quella che nel '68 diceva cose belle e giuste, abbia visto confermate dai fatti le cose giuste che aveva previsto. Possiamo toccare con mano gli effetti devastanti del capitalismo: guerre, disagio mentale diffuso, la stessa vita del pianeta a rischio. "E' successo, può ancora accadere" diceva Primo Levi a proposito dell'olocausto, e gli ultimi accadimenti riguardanti l'America Latina gli danno ragione: Videla e la dittatura argentina, la dittatura brasiliana del 1964-'85, Pinochet, la dittatura colombiana che (sebbene in Colombia sia in corso un processo di democratizzazione) rimane ancora il baluardo della salvaguardia degli interessi USA in America Latina, sono alcuni esempi di eventi atroci già successi in quest’area e di quanto può ancora accadere, anzi già accade di nuovo.

Dopo l'empeachement di Dilma in Brasile, la crisi in Argentina con la vittoria della destra di Macri, il golpe in Honduras voluto fortemente dagli USA, quello istituzionale in Paraguay, l'ingerenza nordamericana nella politica interna degli stati del Sud America non ha bisogno di altre prove.

Alcune anime belle della “sinistra italiana” non amano il sostegno che i militari stanno dando a Maduro e grazie al quale Chavez poté avere la meglio sul golpe del 2002; accusano i governi progressisti di scelte di politica economica sbagliate. È giunto pertanto il momento di fare chiarezza e mettere sotto accusa la politica estera degli USA che da secoli considera l'America Latina il suo cortile di casa.
La storia del Venezuela dopo la vittoria elettorale di Chavez del 1999 è paradigmatica. Le forze anticapitaliste devono partire da questa storia e riflettere per impedire che la profezia di Rosa Luxemburg si avveri nel suo aspetto più pessimistico.

Per evitare tutto questo è indispensabile un’azione di controinformazione a tutto campo. È stato questo l'obiettivo del quarto incontro italiano di solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana del Venezuela che si è tenuto a Lecce il 15,16 e 17 aprile scorsi, dopo i precedenti di Roma, Napoli e Ravenna.

La delegazione diplomatica dell'ambasciatore Isaias Rodriguez e i rappresentanti di alcuni comuni progressisti pugliesi hanno appoggiato l'incontro con la loro presenza. Quattro i tavoli di lavoro tematici: il femminismo nel processo rivoluzionario, l’ecosocialismo, la lotta di classe, la democrazia partecipata. Al primo tavolo donne di vari paesi sudamericani hanno espresso la loro consapevolezza della imprescindibilità della questione di genere nei processi di trasformazione radicale della società. Mentre in Italia il cammino verso la parità ha subito arresti e ritardi, in America Latina, in società profondamente maciste, le vere protagoniste del mutamento sociale verso una maggiore equità sono state le donne. Questo il senso degli interventi di Amarilis Gutierrez Graffe, console del Venezuela a Napoli, e della ministra consigliera della ambasciata del Venezuela Maria Elena Uzzo. Il presidente Chavez, hanno detto, ha sempre basato la sua politica sulla questione di genere: “Sin  Mujeres  no hay  revolucion!”.

Al tavolo dell'ecosocialismo si è parlato prima della difesa del territorio dalle devastazioni delle multinazionali. E' poi intervenuto telefonicamente l'agroecologo Angel Nunez che ha illustrato le misure che il governo Maduro sta attivando al fine di superare un modello di consumo indotto dal capitalismo e dar vita ad un processo produttivo che renda il Venezuela meno dipendente dalle importazioni soprattutto nel settore sanitario. È questo il ricatto sotto il quale vivono molti paesi anche europei che hanno assistito alle manovre del grande capitale tese a distruggere la loro capacità produttiva, dove la guerra economica ha sostituito o affiancato la guerra tradizionale.
Il Venezuela si trova infatti a fronteggiare una vera guerra economica che la caduta mondiale del prezzo del petrolio ha aggravato. Il modello economico basato sulla rendita petrolifera deve quindi essere superato. Esso ha permesso una politica redistributiva che ha eliminato molte sacche di povertà ma non basta per mettere in sicurezza il paese. Tutto questo però deve avvenire in un quadro di ecosocialismo.
Prezioso a questo proposito è stato l'intervento di Marinella Correggia, autrice del libro “Il presidente della pace: Hugo Chavez. Resistenza all'imperialismo bellico, solidarieta' internazionalista, cammino verso l'ecosocialismo” (Edizione Sankara), un libro utilissimo di cui raccomando la lettura.

Dopo aver raccontato l'eccellente azione politica svolta a favore della pace, traccia le linee fondamentali dell'ecosocialismo, l'unico all'altezza dei tempi che stiamo vivendo e che ha trovato applicazione pratica nelle politiche di Chavez, primo firmatario insieme a Raul Castro del progetto ALBA (Aliansa Bolivariana para America Latina y el Caribe) che diede inizio alla costruzione di una cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi dell'America Latina e i paesi Caraibici.

Nelle conclusioni il tavolo ha sottolineato gli aspetti salienti della politica chavista: 1) il cammino verso il socialismo del XXI secolo deve porre al primo posto la morale; 2) la filosofia del buen vivir dei popoli andini incentrata su modelli di vita che subordinano il valore di scambio al valore d'uso, che persegue il benessere per tutti, rispettando i limiti ambientali; 3) lo sviluppo delle Comunas, organi locali di democrazia partecipata attraverso la costruzione di un socialismo di autogestione, di potere popolare diretto; 4) costruzione di rapporti di solidarietà internazionale sul modello cubano, rapporti non basati sul mercato ma sulla complementarietà (voglio ricordare lo scambio tra medici cubani e petrolio  e il sostegno che Chavez ha sempre dato alle finanze cubane, argentine e equadoregne); 5) sul piano interno difesa della sovranità statale  sulle risorse naturali espropriate da un estrattivismo sfrenato al servizio del profitto del capitalismo transnazionale e la sua sostituzione con un estrattivismo che sia ridotto al minimo, per la sola soddisfazione dei bisogni essenziali.

21/05/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Un comizio del Partito Socialista Unito del Venezuela fonte: https://www.flickr.com/photos/globovision/

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L'Autore

Annita Benassi

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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