Può sembrare una cosa da alto medioevo, eppure al giorno d’oggi le donne di mezza Europa sono ancora costrette a scendere in piazza per difendere il proprio sacrosanto diritto all’aborto. La dignità e la libertà della donna di poter disporre del proprio corpo secondo i propri convincimenti senza imposizioni di sorta è un fatto ben lungi dall’essere ormai sdoganato e acquisito. D’altra parte sotto vari punti di vista assistiamo ormai da tempo a una generalizzata, profonda e inquietante regressione sociale innescata dalle crisi endemiche di un sistema putrido e allo sbando, quello capitalista, che per sopravvivere si fonda sulla brutalità e sulla violenza che acuisce ancora di più nei momenti di estrema crisi. E la crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo a causa del Coronavirus è solo l’ultima, e probabilmente la più devastante, in ordine di tempo.
La maternità, voluta o meno, dovrebbe essere un argomento in relazione al quale le logiche di profitto e/o le argomentazioni religiose non dovrebbero avere la benché minima influenza. E invece non è così né in un caso né nell’altro, il che definisce un quadro comunque drammatico per le donne in tutto il mondo. Esse infatti sono soggette alle logiche del profitto sia quando, volendo divenire madri, vengono costrette di fatto a scegliere tra maternità e lavoro o carriera, sia quando, soprattutto nei Paesi del terzo mondo, le condizioni di indigenza sono tali da non lasciare loro altra scelta che mettere letteralmente in vendita il proprio utero per soddisfare la “domanda di genitorialità” di qualche facoltosa/o cliente impossibilitato a procreare e in grado di sobbarcarsi economicamente la costosissima pratica della maternità surrogata. Le imposizioni religiose, poi, attraversano trasversalmente le culture e le società di mezzo mondo e non da ultimo i più cattolici paesi europei. Così solo fino a un paio di anni fa non era assolutamente possibile abortire in Irlanda, che ha legalizzato l’aborto solo nel 2018 (duemiladiciotto!) e ancora oggi a Malta la legge proibisce del tutto l’aborto, perfino in casi di stupro, incesto, salute della donna a rischio e chi lo pratica rischia fino a tre anni di carcere.
Nella “cattolicissima Polonia” lo scorso 22 ottobre una sciagurata sentenza della Corte costituzionale – rintuzzata dal governo guidato da un partito dalle posizioni talmente retrograde da essere financo imbarazzante – ha consentito a un ulteriore restringimento del diritto di aborto che ora non risulta più praticabile neanche in caso di gravi malformazioni e malattie genetiche del feto ma solo se la donna rischia la vita oppure ha avuto una gravidanza a seguito di stupro o incesto. Considerato che l’insorgere di malattie genetiche del feto rappresenta una eventualità statisticamente molto più diffusa della gravidanza non voluta causa incesto o stupro, risulta ancor più evidente comela sentenza abbia deliberatamente voluto colpire e annientare il diritto delle donne che ricorrevano legalmente all’aborto in Polonia (moltissime emigravano per praticarlo già da prima). Incessanti sono stati gli scioperi e le impressionanti manifestazioni di massa succedutesi in questi giorni in Polonia, soprattutto davanti agli edifici religiosi, guidati dal movimento femminista e ad oggi il governicchio è di fatto in difficoltà in quanto, sorpreso e forse anche giustamente intimorito dalla portata della sommossa, sta tardando a pubblicare in gazzetta ufficiale la sentenza medievale. D’altra parte questa mossa giunge al termine di una serie di tentativi provati in passato dai conservatori per restringere il già angustissimo spazio di libertà di aborto esistente nel paese ma, non essendoci riusciti per via parlamentare, hanno ben pensato di far fare il lavoro sporco ai giudici ultra conservatori che compongono l’alta corte.
Ma evidentemente tali questioni non suscitano sufficiente indignazione dei vertici europeiche non solamente restano sostanzialmente muti dinnanzi a quanto sta accadendo ai danni delle donne polacche – preoccupati maggiormente a garantirsi il lucro cessante causa Covid – ma dimostrano altresì di abbracciare totalmente, nei fatti, il patriarcato violento e il sessismo di un altro tra i governi più reazionari d’Europa, dopo quello turco e ungherese, parimenti ampiamente tollerati da Bruxelles nonostante l’aperto fascismo che li contraddistingue.
Tutto ciò rappresenta un insulto non solamente nei confronti delle donne polacche ma nei confronti di tutte quante le donne e in particolar modo di quelle appartenenti alla classe subalterna in quanto assoggettate ancor di più alla doppia oppressione dello sfruttamento capitalista e del sessismo di stampo patriarcale. In Italia, dove la Chiesa infiltra qualsiasi genere di istituzione, la situazione è migliore sulla carta ma la crescita sempre maggiore dei medici obiettori rende infernale il ricorso alla legittima pratica abortiva per le donne di tutto lo stivale. Di poche settimane fa, inoltre, la sconcertante notizia del cimitero romano nel quale venivano piantate croci per i feti abortiti contro la volontà delle donne o addirittura senza che esse ne sapessero nulla. Una questione abominevole, incredibile da credere reale al giorno d’oggi. Eppure accade, così come accade che le associazioni di ispirazione cattolica operino all’interno dei consultori pubblici – luoghi in cui le donne dovrebbero avere il diritto di essere guidate e informate nelle loro scelte senza alcun condizionamento di natura religiosa – oppure che i rappresentanti delle istituzioni locali sponsorizzino, con la loro presenza alle messe cattoliche dei “bambini mai nati”, l’ostilità nei confronti di una legge, quella sull’aborto, che è nostra e che intendiamo difendere contro qualsiasi tipo di attacco, fosse anche solo simbolico. Questo genere di oscurantismo non è più in alcun modo tollerabile e quello che faremo è lottare al fianco delle donne polacche oggi e di tutte le donne del mondo che reclamano a gran voce i propri intoccabili diritti.