Perquisizioni e arresti all’alba del 19 luglio contro dirigenti nazionali del Sicobas e di Usb, alcuni dei quali posti agli arresti domiciliari, inchiesta della Procura di Piacenza, sulla base di indagini assai prolungate nel tempo, che accusa gli attivisti di associazione a delinquere per avere compiuto atti di violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio, interruzione di pubblico servizio in occasione di scioperi e picchetti. Fin qui la sistematica applicazione dei Pacchetti sicurezza di salviniana memoria che avevano previsto pene assai dure contro reati di piazza e il conflitto nei luoghi di lavoro mirando direttamente a delegittimare, con il codice penale, azioni di sostegno allo sciopero, il classico blocco stradale o il picchettaggio dei cancelli.
Ma è innegabile che con l’atto della Procura piacentina sia stato operato un salto di qualità, per altro non nuovo perché simili accuse erano già state mosse nel passato ai dirigenti del Sicobas, parlando di azioni illegali, di una associazione a delinquere costruita ad arte per “estorcere” da padroni e padroncini condizioni di “miglior favore” non a beneficio dei lavoratori ma solo per il sindacato ricorrendo anche a faide tra sigle per accaparrarsi i proventi di queste azioni illecite e penalmente perseguibili.
Solo pochi giorni fa le associazioni datoriali della logistica avevano ottenuto dal “governo dei migliori” una deroga al codice degli appalti, ossia la deresponsabilizzazione del committente davanti ai mancati pagamenti della forza lavoro negli appalti. Il datore dovrà limitarsi ad accertare la regolarità del Durc [1], una mera formalità, salvo poi disinteressarsi delle condizioni di vita e di lavoro negli appalti. Così facendo saranno favorite delocalizzazioni ed esternalizzazioni senza alcun controllo da parte della committenza. E verranno versate nuove lacrime sui prossimi morti sul lavoro.
Mentre si deroga al codice degli appalti e mentre vengono sottoposti a feroce repressione attivisti sindacati conflittuali, prosegue la luna di miele della Cgil con Draghi. Non una parola è stata spesa dal principale sindacato italiano su questi fatti, salvo una lodevole posizione della sua minoranza interna, presi come sono dagli attestati di stima al presidente del Consiglio di cui sono fieri sostenitori.
Equiparare la lotta di classe a una associazione a delinquere è possibile anche grazie ai pacchetti sicurezza 1 e 2 che hanno previsto pene pesantissime per i reati sociali e di piazza come il blocco stradale e il picchettaggio che poi sono armi storiche del conflitto sindacale.
Ma è proprio il conflitto a essere inviso al “governo dei migliori” e ai sindacati rappresentativi che hanno da tempo scelto la strada degli scioperi virtuali, nel rinnovato consociativismo con le associazioni datoriali, alle quali accordano deroghe ai contratti nazionali. Senza dimenticare i miglioramenti contrattuali al di sotto dell’aumento del del costo della vita, sbandierati da anni come conquiste e ampliamento delle tutele collettive e individuali.
Quanto accade a Piacenza, dopo anni di arresti, denunce, processi e dopo l’uccisione di due attivisti sindacali travolti ai cancelli dei magazzini mentre partecipavano a picchetti, è un monito per tutto il movimento sindacale e un’ipoteca negativa sulla democrazia nei luoghi di lavoro e nella società.
Che poi accada nella logistica non deve stupirci perché da questi magazzini transitano le merci destinate al mercato. Una feroce repressione orchestrata contro i sindacati conflittuali è funzionale a far dormire sonni tranquilli a quel padronato che ha basato tutto sulla riduzione del costo del lavoro e sugli algoritmi che hanno ridotto le maestranze in una sorta di schiavi. Non a caso è proprio nella logistica che si stanno verificando da alcuni anni la maggior parte dei conflitti sindacali.
È evidente la volontà di mettere una pietra tombale sopra queste esperienze di lotta e chiudere ogni prospettiva di riscatto del mondo del lavoro, sulla base di un teorema accusativo che urta violentemente contro i principi costituzionali. Se lottare per avere contratti di secondo livello migliorativi di quello nazionale (che però i datori possono peggiorare) diviene un crimine, è lo stesso diritto di sciopero che viene negato. È un tentativo di intimidazione delle lotte contro i più brutali sistemi di sfruttamento.
È stato importante che vi sia stata una immediata, diffusa reazione contro questi provvedimenti. Sarà altrettanto importante che si giunga a un fronte di lotta unitario contro questa vera e propria regressione democratica e per rilanciare il conflitto sociale, quanto mai necessario nel momento in cui le decisioni dei governi nazionali dipendono dai voleri di Bruxelles e di Washington.
La crisi generale, gli attacchi ai diritti, agevolati dalle delocalizzazioni, dagli appalti e subappalti, e dalla libertà di licenziamento, la falcidia dell’inflazione e la stessa guerra stanno favorendo un’offensiva di carattere repressivo contro i lavoratori e le loro avanguardie che non può rimanere senza risposta.
Note:
[1] Si tratta del Documento Unico di Regolarità Contributiva che serve ad attestare gli avvenuti adempimenti contributivi del datore di lavoro.