Gli ultimi film prima della quarantena

Brevi recensioni dei film internazionali che siamo riusciti a vedere prima dell’inizio della quarantena


Gli ultimi film prima della quarantena Credits: https://www.mymovies.it/film/2019/cattive-acque/

Cattive acque, di Todd Haynes, Usa 2019, voto: 8,5; ottimo film che garantisce godimento estetico lasciando molto su cui riflettere allo spettatore a proposito della società capitalistica e delle sue contraddizioni di fondo. Al centro del film sono finalmente posti i crimini contro l’umanità compiuti dalle grandi multinazionali, nel caso specifico una delle più grandi aziende monopolistiche della chimica che è riuscita per decenni a intossicare, facendo enormi profitti, il 99% del genere umano e la stragrande maggioranza degli esseri viventi del nostro paese. Il tutto nel modo più sistematico e spietato, dal momento che l’impresa stessa aveva più volte sperimentato che la copertura in materiale chimico antiaderente, che ricopre ad esempio le padelle che abbiamo più o meno tutti utilizzato negli ultimi decenni, ha un contenuto fortemente tossico, che amplia a dismisura la possibilità di contrarre malattie a partire dal cancro.

Ciò nonostante tutte le autorità dello Stato capitalistico, oltre al ceto politico, hanno fatto di tutto per non far emergere lo scandalo e far continuare a fare enormi profitti all’azienda a discapito della salute della stragrande maggioranza del genere umano. È interessante come il protagonista, l’avvocato, precedentemente impegnato con il suo studio proprio nella difesa delle multinazionali della chimica, inizi a occuparsi del caso con il consueto pregiudizio che si tratti di eliminare la mela guasta per salvare un sistema sano. Al contrario, più approfondisce il caso, più emergono le coperture a tutti i livelli dei profitti del colosso della chimica a danno della salute delle persone e più è costretto a riconoscere che avevano pienamente ragione i piccoli allevatori poco scolarizzati e fra le prime vittime dell’avvelenamento di massa che avevano subito intuito che le responsabilità riguardavano l’intero sistema.

Ancora più paradossale è il ruolo dei media che, al di là di questo coraggioso e importante film, non hanno fatto nulla per mettere in evidenza questo gravissimo delitto ai danni del genere umano e dell’intera vita sulla terra, per non mettere in nessun modo in discussione il sistema capitalistico, nel quale l’unica cosa che conta è massimizzare il profitto di sempre meno grandi sfruttatori a danno della stragrande maggioranza dell’umanità e della stessa vita sulla terra. Per altro, a ulteriore conferma che non si tratti di un caso isolato, basti ricordare la vicenda altrettanto terrificante e sconvolgente della grande casa farmaceutica Purdue Pharma che non solo ha creato milioni di tossicodipendenti pur di fare profitti con l’antidolorifico fentanyl ma, grazie alla copertura del sistema, si è spaventosamente arricchita pur essendo divenuta la principale causa di morte fra gli abitanti degli Stati Uniti. Altro che sogno americano, più si conosce la reale storia di questo paese – campione del capitalismo e dell’imperialismo – e più ci si rende conto che si tratta di un incredibile incubo.

Memorie di un assassino - Memories of Murder di Bong Joon-ho, Corea del sud 2003, voto: 7; secondo film, per la prima volta distribuito in Italia, del grande trionfatore dei premi oscar e del Festival di Cannes. Per quanto si tratti di un’opera giovanile, il film è decisamente ben fatto, di impianto sanamente realistico, con una efficace denuncia della demenziale brutalità della polizia del regime dittatoriale sudcoreano. Colpisce che, per quanto assolutamente deprecabile, il comportamento della polizia di uno Stato dittatoriale nella sua fase putrescente è, comunque, meno allucinante dell’attitudine, denunciata da diversi film statunitensi, degli apparati repressivi di questo paese, che dovrebbe essere il campione della esportazione della democrazia e dei diritti umani. Colpisce, inoltre, l’impressionante maschilismo della società della Corea del sud alla fine degli anni ottanta. Il limite del film è la pressoché completa assenza di una prospettiva che si apra dinanzi a questo panorama grigio, violento e inquietante del regime coreano del sud, in quanto le manifestazioni popolari di protesta, allora in atto, rimangono troppo sullo sfondo.

Alice e il sindaco di Nicolas Pariser, Francia 2019, voto: 7-; film godibile dal punto di vista estetico, raffinato, con un bel protagonista femminile di intellettuale, insegnante, di formazione letteraria e con buone letture filosofiche che riesce a ridare un po’ di vita al mondo sempre più stantio del Partito socialista francese e, più in generale, della politica politicante. Interessante anche la critica all’attuale concezione della formazione che mira a sfornare sempre più manager e sempre meno intellettuali con una salda formazione umanistica. Il limite del film è che anche un valido intellettuale, un libero pensatore slegato dagli schemi dell’arrivismo individualista, che cerca una comprensione più ampia della realtà, mantenendo uno sguardo straniato sui diabolici meccanismi dell’attuale società dominata dal pensiero unico neoliberista, può in realtà fare poco più che un’opera di testimonianza, se privo di una connessione sentimentale e organica con le masse popolari.

Jojo Rabbit di Taika Waititi, Nuova Zelanda 2019, voto: 6,5; buon film per bambini, divertente e istruttivo. Non male anche per adulti, in particolare per la significativa descrizione della controversa psicologia di un bambino, pesantemente plagiata e deformata dall’ideologia dominante, ma al contempo ingenua e pronta a scoprire e apprendere delle concezioni più ampie del mondo. Meno riuscita la figura della madre resistente, anche perché male interpretata dall’insopportabile Scarlett Johansson. Il film scade nel rovescismo nel finale, finendo per presentare come quasi eroi i residui nazisti nell’ultima disperata fase della sconfitta, mentre come dei mostri insensibili i liberatori dell’Armata rossa

Judy di Rupert Goold, Gran Bretagna 2019, voto: 6+; per quanto apparentemente piuttosto scontato, il film fa emergere degli aspetti inaspettati della società capitalistica, ovvero come tenda a sfruttare senza pietà, dalla più tenera alla più veneranda età, persino le stelle dell’industria culturale, che sono considerate a tutti gli effetti come delle merci, per quanto di lusso. Anche tutti i difetti tipici della star sono in qualche modo riconducibili e, quindi, se non giustificabili, comprensibili proprio a partire dall’industria culturale e dalla società dello spettacolo, dove l’unica cosa che davvero conta è la produttività, che genera una costante ansia da prestazione che impedisce, anche ai protagonisti dello star system,di potersi godere la vita, la propria celebrità e i propri guadagni. 

Klaus, I segreti del Natale di Sergio Pablos, animazione, Spagna 2019, voto: 6; candidato oscar come miglior film di animazione, il film è ben fatto, divertente, autoironico ed esprime anche un messaggio positivo sulla necessità degli uomini di stabilire rapporti solidali e non conflittuali. Resta la struttura conservatrice della commedia che mira, in ultima analisi, a consolidare l’ordine costituito, occultandone di fatto idealisticamente le contraddizioni reali e la condizione subalterna delle masse di dominati.

Il mio capolavoro di Gastón Duprat, Spagna e Argentina 2018, voto: 6-; commedia a tratti divertente con qualche spunto significativo di critica alla mercificazione delle opere d’arte nel mondo contemporaneo.

Due amici di Louis Garrel, Francia 2015, voto: 4,5; l’ormai consueta commediola francese che presenta la solita visione del mondo utopistico-ideologica dell’industria culturale in cui, per magia, è scomparsa la lotta di classe, il conflitto sociale. Tutto si riduce a un arbitrario rapporto fra individui singoli, che non rappresentano un bel nulla e che sono interessati unicamente a questioni di cuore.

Tesnota di Kantemir Balagov, Francia 2017, voto: 4; film davvero fastidioso, imbevuto di ideologia postmoderna, girato a esclusivo interesse dei cinefili festivalieri, dimostra la completa assenza in questi intellettuali tradizionali di una qualsiasi comunanza sentimentale con il proprio popolo. Per quanto documenti in modo naturalistico molte delle sciagure che si sono abbattute sull’ex Unione sovietica, dopo il trionfo della controrivoluzione, compiacendosi unicamente nel rimestare nel torbido, negli aspetti più squallidi e grotteschi del reale – senza presentare una sola contraddizione interna foriera di una qualche possibile prospettiva di sviluppo – il film finisce con il naturalizzare la spaventosa epoca di restaurazione e di regresso verso la barbarie vissuta dal paese.

Kitbull di Rosana Sullivan, by Pixar, animazione, Usa 2019, voto: 3+; assurdamente candidato al premio Oscar come miglior cortometraggio d'animazione, Kitbull non fa altro che dare un’ulteriore dimostrazione di come la Disney abbia acquistato la Pixar essenzialmente per normalizzarla e mettere fuori gioco un pericoloso concorrente che mirava a una qualità superiore e a una maggiore libertà espressiva rispetto alla multinazionale acquirente.

Jesus Rolls Quintana è tornato di John Turturro, Usa 2019, voto: 3-; come quando un comico – autore di eccellenti sketch – nel momento in cui cerca di gonfiarli fino a costruirci intorno un intero film, finisce praticamente sempre per deludere e annoiare, lo stesso accade con il tentativo di Turturro di costruire un film attorno al personaggio di una scena divenuta cult, all’interno di un ottimo film dei fratelli Cohen, come il Grande Lebowski.

The Beach Bum di Harmony Korine, Usa 2019, voto: 2,5; la ripresa della grandiosa tragedia dell’uomo del piacere – rappresentata in modo esemplare dal Faust di Goethe – è qui ridotta a una conservatrice commediola moderna, tutta incentrata sulla sfrenata apologia dell’edonismo più individualistico che solo un collaboratore de “Il manifesto” poteva inserire fra i dieci migliori film dell’anno e solo il sito MYmovies.it poteva dargli addirittura quattro stelle su cinque.

La Llorona - Le lacrime del male di Michael Chaves, Usa 2019, voto: 1,5; film assolutamente inguardabile e per altro in prima linea nella distruzione della ragione, con il fine di contrapporre alla visione filosofico-scientifica del mondo una restaurazione della più arcaiche e irrazionali credenze popolari. Per altro il film è una apologia diretta delle credenze nel paranormale, nel trascendente, tanto che eroe torna a essere un mago stregone, per altro sponsorizzato da un prete che, nell’unico dialogo significativo del film, fa notare come queste assurde credenze e superstizioni nel soprannaturale portano acqua al mulino della chiesa. Infine nel film il terrore pare essere importato, fra i caucasici statunitensi della classe media, dagli immigrati latinos. Anzi, questa maledizione importata dagli immigrati colpisce in primo luogo quelli assistenti sociali che più si spendono per prendersi cura dei latinos bisognosi, opponendosi alle misure di polizia per curare, reprimendo, il disagio sociale. Un film che ben rappresenta la decadenza dell’industria cinematografica a stelle e strisce ai tempi di Trump. Per altro il film rappresenta altrettanto adeguatamente il livello di completo asservimento all’ideologia dominante da parte dei collaboratori dell’unico quotidiano sedicente comunista italiano, dal momento che appariva fra i dieci migliori film del 2019 nella classifica di un (a)-critico cinefilo di questo giornale.

La ragazza d'autunno di Kantemir Balagov, Russia 2019, voto: 1; film assolutamente insostenibile, di un manierismo postmoderno e formalismo intollerabile, che gode nel rimestare nel torbido e nella monotona rappresentazione dei soli aspetti grotteschi dell’esistenza. Non a caso riscuote il successo della ultra ideologica a-critica cinefila che esalta acriticamente questi tardi episodi della distruzione della ragione. Colpisce ancora una volta quanto sono spaventosamente ideologicamente reazionari i cineasti russi, almeno quelli che vengono invitati e premiati nei festival internazionali e fatti circolare in occidente. 

Dolittle di Stephen Gaghan, Usa 2020, voto 1-; film che sembra realizzato appositamente dall’industria culturale per finire di istupidire i bambini, già vittime di questa società la cui ostinata sopravvivenza comporta sempre più apertamente un regresso della civiltà umana.

18/04/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.mymovies.it/film/2019/cattive-acque/

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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