L'amica geniale 2, di Saverio Costanzo con la collaborazione di Alice Rohrwacher, serie tv 2x8, Rai Italia 2020, voto: 6,5; il primo episodio, Il nuovo cognome, come già la prima serie, oscilla fra realismo e naturalismo. Significativa la denuncia dell’oppressione della donna. Valida anche la contrapposizione fra i rappresentanti delle classi sociali dominanti e i rappresentanti delle classi subalterne, anche se questi ultimi sono presentati con un certo paternalismo. Interessanti anche le due protagoniste, che rappresentano il tipico oscillare delle classi medie. Resta un po’ debole una delle protagoniste, che fa da narratrice, in quanto, anche se è l’unica che gode del privilegio di poter studiare, è generalmente succube degli altri personaggi che non hanno avuto questa opportunità. Le vicende, per quanto attraversate dal conflitto sociale, restano troppo estranee alla storia universale.
2x02 - Il corpo – Nella seconda puntata si ripresentano i problemi generali della serie. Il personaggio narratore, per quanto l’intellettuale tra i protagonisti, si limita a essere un testimone quasi estraneo alle vicende che vive. Non riesce mai a fare egemonia e a dare la direzione agli altri. Il film sottolinea, a ragione, la centralità dell’acquisizione della cultura per l’emancipazione della donna, ma d’altra parte il personaggio femminile più acculturato è costantemente succube e mantiene un complesso di inferiorità verso l’amica geniale che non ha avuto la sua fortuna. Se tale situazione poteva ancora avere un senso quando i personaggi erano piccoli, diventa sempre più inverosimile via via che i personaggi crescono.
2x03 – Scancellare: le analisi di classe di Pietro, personaggio secondario comunista, sono le più acute per indicare i rapporti di forza fra le classi sociali e per svelare le sporche basi dell’accumulazione originaria del capitale su cui si fonda il dominio economico. Ciò nonostante questo personaggio, come un po’ tutti i proletari, restano sullo sfondo. Mentre tende a emergere un giovane intellettuale borghese di sinistra, con ideali decisamente astratti e sostanzialmente moderati, che tende a imporsi in quanto appare un mito al personaggio narratore che si è innamorato di lui e di cui sembra condividere gli stessi vaghi ideali da sinistra borghese. Mentre l’amica geniale resta imprevedibile e contraddittoria, passando da momenti in cui, consapevole dell’importanza dello studio per l’emancipazione della donna, spinge l’amica a impegnarsi nella scuola, dall’altra parte, però, resta invidiosa delle opportunità che ha di emanciparsi e che a lei sono state negate, per il contesto di fatto sottoproletario da cui proviene, che la portano a essere invidiosa dell’amica e, persino, a colpirla con il suo velenoso sarcasmo.
2x04, Il bacio: puntata interlocutoria, tutta incentrata sul confronto-scontro fra le due amiche che tentano di conquistare il giovane intellettuale. Al di là dell’analisi psicologica di questo complesso rapporto di amicizia e rivalità si tratta della puntata più debole, quella che lascia meno su cui riflettere allo spettatore, in quanto povera di contenuto sostanziale.
2x05 - Il tradimento: prosegue il lungo excursus estivo sull’amore, in cui si distingue quasi esclusivamente lo spirito di rivalsa della giovane proletaria che riesce a conquistare il figlio degli intellettuali.
2x06 - La rabbia: la serie stenta a ridecollare. L’amore bello e impossibile fra la proletaria e il giovane intellettuale in formazione finisce male, perché le differenze sociali e culturali portano il maschio a chiudere la storia nel momento in cui viene meno il fascino dell’avventura e la nuova compagna rischia di divenire un ostacolo alla sua carriera. Nell’affare si inserisce anche la camorra, che riesce a reclutare un proletario precipitato nel sottoproletariato, che finisce con il divenire uno strumento nelle mani della reazione. Al solito la figura della narratrice resta alquanto sbiadita. Mentre la figura in grado di comprendere realmente la situazione, resta a ragione quella del proletario comunista, il quale rimane però, purtroppo, un personaggio di contorno. Anche la brevissima parentesi sul mondo storico, si chiude immediatamente, per riportare il focus principalmente all’interno dell’orizzonte sostanzialmente asfittico della famiglia.
2x07 - I fantasmi – Come era prevedibile il passaggio della regia a Alice Rohrwacher segna una ulteriore caduta di tono della serie. L’incontro, non più rinviabile, con la grande storia del 1968 è risolto nel modo peggiore, con un attacco durissimo in particolare alla sinistra studentesca passata su posizioni rivoluzionarie. Per altro la sedicente amica geniale sceglie proprio questo grande momento di mobilitazione politica per rinchiudersi completamente nel privato nel suo ruolo di madre. Creando per l’ennesima volta un senso di invidia, sempre più assurdo e irrazionale, da parte della decisamente più fortunata amica che ha la possibilità di proseguire gli studi alla Normale, in anni in cui l’università di Pisa esprimeva un livello molto elevato di politicizzazione.
2x08 - La fata blu: la serie, come di solito avviene, si rianima nell’ultima puntata, essenziale per ridestare interesse e far crescere l’attesa per la serie successiva. D’altra parte restano tutte le carenze della protagonista-narratrice, che rimane un personaggio del tutto insipido, che punta esclusivamente al riscatto sociale attraverso lo studio, tanto che finisce con il fidanzarsi con un reazionario, moralista benpensante, principalmente perché rampollo di una famiglia potente nell’ambito accademico e dell’editoria. In tal modo riesce a pubblicare il suo primo romanzo, per il quale avverte il debito che la lega alla più geniale, ma meno fortunata, amica, i cui natali ancora più miseri gli hanno impedito di far conoscere il suo talento. Tornata a Napoli ricostruisce le tragiche vicende dell’amica, costretta ad abbandonare il marito maschilista e camorrista fallito, per andare a vivere in un quartiere proletario, con un proletario che la ama. Qui è costretta alla dura vita da operaia, ma mantiene il suo sguardo critico e tagliante sulla realtà che le consente di individuare nel padrone il principale nemico e a trovare una forma, per quanto primitiva, di solidarietà di classe con altri umiliati e offesi dal modo capitalistico di produzione.
18 Regali di Francesco Amato, Italia 2020, voto: 6+; film ben orchestrato che affronta in maniera brillante i rapporti interfamiliari dinanzi a una problematica sostanziale come la dialettica fra la morte e la nascita di una nuova vita. Il film è privo di cadute nel postmoderno e nel volgare, né scade nel minimal-qualunquista.
Figli di Giuseppe Bonito, Italia 2020, voto: 6; film godibile, bravi i protagonisti; per quanto sempre incentrato quasi completamente nella sfera etica immediata della famiglia, indaga in maniera intelligente e divertente le problematiche delle giovani coppie delle classi subalterne, per le quali già un secondo figlio rischia di divenire una vera e propria tragedia.
Tolo Tolo di Checco Zalone, Italia 2020; voto: 6-; Zalone ha la brillante idea di farsi aiutare nella sceneggiatura del film da Virzì e il film ne risente in modo decisamente positivo, marcando una netta discontinuità con l’insostenibile film precedente. Il film mette da parte quasi completamente i luoghi comuni di destra, le volgarità e la mancanza di un plot degno di questo nome di Quo vado?, che era ancora il prodotto di una serie di gag che insieme annoiavano, più che divertire. Certo anche in Tolo Tolo rimangono le cadute di stile, qualche luogo comune alquanto becero, ma il film è decisamente migliore sotto tutti i punti di vista. Particolarmente efficace è lo scarto fra il trailer, che sembra preannunciare un film pesantemente razzista, e il film vero e proprio che cerca di fare una sana satira sui luoghi comuni del razzismo. Particolarmente riuscite sono la scena in cui si spiegano i rigurgiti di fascismo di Zalone e la scena dell’incontro con il contingente militare italiano in missione all’estero.
Gli anni più belli di Gabriele Muccino, commedia, Italia 2020, voto: 5,5; ripresa da epigoni del grande film C’eravamo tanto amati. Certo, evidentemente, la condizione storica di cui si tratta non ha nulla dei grandi eventi del film da cui prende spunto. I sedicenti anni più belli sono i terrificanti anni ottanta, gli anni in cui le classi dominanti riprendono il controllo della situazione e con il neoliberismo intraprendono l’opera di restaurazione, azzerando progressivamente le grandi conquiste storiche del movimento dei lavoratori. Il problema è che di tutto ciò nel film non c’è praticamente traccia. C’è solo l’infantile e romantico rimpianto per i perduti anni giovanili, per altro privi di ideali e di grandi ambizioni. Nonostante tutto il film, richiamandosi a un grande modello come C’eravamo tanto amati, non fa concessioni al formalismo postmoderno, alla distruzione della ragione e al gusto insano per il grottesco. Il film in qualche modo cerca, almeno dal punto di vista formalistico di essere realista. Prova a stabilire legami fra il grande mondo della storia e le vicende particolari dei suoi personaggi, che però restano scarsamente tipici.
Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores, Italia 2019; voto: 5+; film mediocre, senza acuti né stecche, non assicura né un sufficiente godimento estetico, né lascia più di tanto su cui riflettere allo spettatore, anche per la vicenda sostanzialmente inverosimile e particolaristica che narra.
In viaggio con Adele di Alessandro Capitani, Italia 2018, voto: 5; film piuttosto mediocre, con una trama quasi identica al precedente film di Salvatores, essendo tutto costruito sulla riscoperta di una figlia diversamente abile da parte di un padre artista che non l’aveva mai conosciuta prima.
Il ladro di giorni di Guido Lombardi, drammatico, Italia 2019, voto: 3; film che, pur non cedendo all’ideologia dominante dal punto di vista formale, risulta del tutto intollerabile dal punto di vista contenutistico, con l’apologia di un criminale assassino ignorante e la criminalizzazione del professore. Si potrebbe considerare un classico film dell’era Salvini.
Luna nera, di Francesca Comencini, Susanna Nicchiarelli e Paola Randi, serie televisiva italiana 2020 netflix in 6 episodi, voto: 2-; dovrebbe essere una denuncia della barbara pratica di oppressione delle donne sole e indipendenti, nota come caccia alle streghe. In modo del tutto inaccettabile le registe sostengono la tesi antiscientifica e rovescista che in realtà le streghe esistevano, anche se non erano malvagie. Si tratterebbe, dunque, secondo le concezioni più reazionarie di certo femminismo, di contrapporre alla ragione, alla scienza, al potere e alle istituzioni maschili, dei poteri irrazionali femminili. La serie degenera rapidamente già nel secondo episodio, dimostrando di essere una ripresa in forma di farsa involontaria delle serie di successo statunitensi. Quindi, dopo aver rivendicato una presunta differenza occulta e sostanzialmente irrazionale delle donne, le registe si dimostrano delle tarde epigone dei registi di successo degli Stati uniti, con una direzione e delle performance degli attori quasi ridicole. Dunque la serie, già nel secondo episodio, diviene assolutamente inguardabile.