Lunedì 8 gennaio primo giorno di scuola dell’anno 2018, diverse scuole primarie hanno chiuso i battenti per l’elevata adesione delle maestre e dei maestri allo sciopero indetto da diverse sigle sindacali [1]. Delle manifestazioni si sono tenute in diverse città del paese: Roma, Torino, Milano, Bologna, Palermo, Cagliari, Bari e Lucca. A Roma qualche migliaio di manifestanti ha presidiato il MIUR bloccando viale Trastevere dalla mattina fino al pomeriggio, un numero significativo considerando i numeri di adesione allo sciopero. Il presidio di mattina è stato indetto dai sindacati che avevano proclamato lo sciopero, quello pomeridiano dalle organizzazioni dei precari. Le due manifestazioni, tenute in continuità come se fossero una unica manifestazione, hanno visto oltre alla presenza di diverse sigle sindacali, anche quella di diverse componenti autorganizzate di maestre e precari della scuola.
La componente autorganizzata ha cercato di avviare un corteo per arrivare a Montecitorio, ma non è stata appoggiata dai sindacati e prontamente chiusa dalle forze dell’ordine dispiegate in numero abbastanza cospicuo. La giornata si è quindi conclusa sotto il MIUR con il presidio pomeridiano indetto dalle organizzazioni dei precari che, sebbene non era stato proclamato, come lo sciopero, per la questione dei diplomati magistrale, ha ampiamente raccolto e dato spazio a questa questione. D’altronde anche il comunicato del MIDA e dell’ADIDA, le due associazioni dei precari che avevano indetto la mobilitazione, pur ribadendo le proprie ragioni, ha accolto le parole d’ordine dei diplomati magistrale, con cui sono schierati da tempo.
I diplomati magistrale hanno avuto la massima visibilità della giornata, per il merito di essersi ampiamente mobilitati in questo sciopero e hanno costretto il MIUR a fare un primo dietrofront, convocando le parti sindacali, per il prossimo 16 gennaio, per discutere la questione. Tuttavia, se da una parte tale specificità è stata la molla della mobilitazione, dall’altra è risultata troppo corporativa per coinvolgere i lavoratori della scuola, in particolare quelli della primaria. L’adesione allo sciopero è risultata essere pari a poco meno del 3% del personale in servizio e di circa 25.000 persone. Un numero di lavoratori insufficiente, che non comprende neanche tutti i diplomati magistrale potenzialmente coinvolti nella sentenza.
Giova ricordare che il Consiglio di Stato ha pubblicato a dicembre dell’anno scorso la propria sentenza definitiva dell’udienza tenutasi il 15 novembre del 2017. Con questa sentenza ha ribaltato le cinque emesse nel corso del 2015 che avevano dato ragione ai diplomati magistrale che riconoscevano il diploma magistrale come titolo abilitante. Questa vittoria aveva aperto le porte delle Graduatorie ad Esaurimento (GaE), con riserva, a circa 50.000 lavoratori. Liste da cui è possibile essere assunti a tempo indeterminato, che contano oggi oltre 125.000 iscritti tra lavoratori dell’infanzia e della primaria non assunti con l’emanazione della legge 107 che doveva eliminare il precariato nella scuola pubblica italiana. Obiettivo non raggiunto. Infatti, se si prende in considerazione coloro che affollano le graduatorie di circolo o d’istituto il numero dei precari sale ulteriormente [2], perché sempre di precari si tratta anche se il nome della graduatoria è differente.
Infatti, nonostante i proclami del PD e delle forze politiche che hanno sostenuto la riforma della “Buona Scuola”, il precariato nella scuola pubblica non è stato assolutamente debellato. I precari svolgono lo stesso lavoro degli insegnanti di ruolo, partecipando a tutte le attività dentro e fuori la classe, svolgendo esami ed altre funzioni tipiche dei docenti, pagati spesso due mensilità in meno, non recepiscono scatti di anzianità e hanno qualche diritto in meno, come ad esempio per i permessi. In pratica i lavoratori a tempo determinato svolgono lo stesso lavoro su posti vacanti, da anni, ma non sono riconosciuti docenti di ruolo a tutti gli effetti, perché nel ruolo si entra solo tramite concorso o tramite le GaE, se si ha la fortuna di aver preso l’abilitazione prima di una certa data. Come se un titolo cambiasse valore di anno in anno e la professionalità acquisita con anni di lavoro non avesse alcun valore.
Queste e altre storture dell’accesso all’insegnamento nella scuola pubblica italiana sono l’effetto di anni di malgoverno da parte della destra e della sinistra, che per anni non hanno fatto altro che incentivare rivalità e posizioni corporative all’interno della categoria sempre più vasta dei precari della scuola. Vincitori di concorso contro GaE, TFA contro PAS [3], GaE contro neo-immessi in GaE, e tanti altri conflitti più o meno grandi derivanti dalla particolarità della propria posizione. Una guerra tra poveri del tutto funzionale a tenere la classe divisa e in perenne conflitto, l’uno contro l’altro. Quando invece l’unità della lotta è l’unica che può permettere di vincere e di essere riconosciuti, anche formalmente, per il ruolo già nei fatti svolto. Divisi invece si è più deboli, e non si riuscirà a mantenere rendite di posizione più o meno convenienti anche perché il piano di attacco ai diritti dei lavoratori e al loro salario è sempre più generale. Non cogliere questo livello dello scontro, e fare delle lotte finalizzate solo al proprio orticello ristretto, darà un assist ai padroni e ai loro governi per far tornare indietro l’orologio della storia e i rapporti di lavoro a condizioni ottocentesche. Per questo si siamo sempre battuti come Lavoratori Autoconvocati della Scuola, e prima come Coordinamento Precari Scuola, per l’unità dei lavoratori e delle lotte.
La sentenza dei diplomati magistrali è anche un indice del cambiamento di clima. Infatti come categoria, i diplomati magistrale, non è che si siano particolarmente mobilitati, ponendo a mio avviso, come altre categorie di precari, troppa fiducia nei ricorsi e nelle aule di tribunale. La giustizia dello stato italiano non può non essere suscettibile ai reali rapporti di forza, e tenerne conto anche nelle proprie sentenze. L’aver privilegiato l’aspetto legale a discapito della mobilitazione ha avuto il suo peso anche nella sentenza finale. Se poi questa è in contrasto con altre sentenze, è anche vero che sono passati due anni; se il 2015 era l’anno delle grandi mobilitazioni contro la 107, il 2017 è stato un anno di riflusso e assenza di un piano di conflitto adeguato. Gli organi giudiziari, usualmente strumento del dominio di classe, non possono ignorare i rapporti di forza. Il diritto del lavoro è una cristallizzazione di questi rapporti, ed essendo questi dinamici, lo sono altrettanto le sentenze di tribunale.
Se un fatto positivo si può trovare in questi ultimi eventi senz’altro potrebbe essere la rinascita di un movimento della scuola ormai un po’ asfittico, che potrebbe ripartire da questa lotta appena avviata. Bene hanno fatto i COBAS a lanciare dei percorsi locali finalizzati ad un’assemblea nazionale. Perché il conflitto possa svilupparsi in tutta la sua forza però devono essere i lavoratori a farlo proprio, ad uscire dalla passività e dalla logica del ricorso, della delega alle strutture sindacali, per avviare un proprio protagonismo. Inoltre è fondamentale che la questione non rimanga vincolata solo ai diplomati magistrali, settore per quanto numeroso abbastanza piccolo nel mondo complessivo della scuola, ma che veda uniti, a partire dai precari, tutti i lavoratori del settore per rilanciare un’altra idea di scuola e della propria funzione di lavoratori. Perché il movimento possa crescere è necessario che le avanguardie organizzate non abbiano una visione ristretta finalizzata alla crescita della propria parrocchietta, ma che riescano a fare un lavoro di sintesi collettiva e a muoversi in un’unica direzione per lo sviluppo del movimento di classe. Se Potere al Popolo andrà in questo senso, allora potrà assolvere ad un fondamentale compito storico, di ricomposizione delle avanguardie e della classe, mediante la crescita del conflitto sociale.
Note
[1] SAESE, organizzazione sindacale sconosciuta ai più, che aveva indetto lo sciopero per permettere la manifestazione nazionale delle associazioni dei precari MIDA e ADIDA, a cui hanno aderito CUB, COBAS e ANIEF.
[2] Nell’ultimo aggiornamento delle graduatorie di circolo e di istituto dell’estate scorsa si sono iscritti circa 700.000 persone nelle graduatorie di seconda e terza fascia. E altri precari, che non hanno rispettato i termini per iscriversi alle graduatorie, hanno inviato ai dirigenti dei diversi istituti la domanda di messa a disposizione.
[3] TFA e PAS sono le sigle di alcuni percorsi abilitanti, rispettivamente Tirocinio Formativo Attivo e Percorsi Abilitanti Speciali.