Perù, il popolo non accetta il golpe

In un caso del genere occorrerebbe invece procedere a nuove elezioni, in modo tale da verificare la possibilità di una nuova maggioranza parlamentare consona all’indirizzo politico del Presidente che non gode più dell’appoggio parlamentare.


Perù, il popolo non accetta il golpe

Paradossalmente, nelle realtà istituzionali latinoamericane, i presidenti eletti dal popolo finiscono spesso per svolgere un ruolo più progressista ed avanzato di Parlamenti che vedono il predominio di cricche partitiche a volte prive di un’identità programmatica e politica precisa, o di magistrature che. in assenza di una consolidata cultura di indipendenza e imparzialità finiscono per assoggettarsi a disegni politici contingenti.

Di entrambi i fenomeni abbiamo avuto manifestazioni a bizzeffe nel corso della storia e soprattutto negli ultimi anni, caratterizzati da una spinta crescente delle classi subalterne dell’America Latina verso la realizzazione dei loro diritti, superando una storia fatta di crimini sanguinosi nei loro confronti e di esclusione.

Basti pensare a quanto sia costata al popolo brasiliano la vicenda scandalosa del Lava Jato, che ha consentito a un giudice manovrato dall’esterno di eliminare dalla competizione presidenziale Lula, consentendo in tal modo la disastrosa presidenza di Bolsonaro, una vicenda da incubo dalla quale il popolo brasiliano è riuscito ad uscire solo col secondo turno delle elezioni presidenziali a fine ottobre di quest’anno.

O, sempre per quanto riguarda il Brasile, a quanto debole sia ancora la rappresentanza politica e parlamentare delle classi oppresse, nonostante la presenza di un partito come il PT che pure ha oltre quarant’anni di storia, essendo stato fondato il 10 febbraio del 1980.

Si tratta di difetti di fondo che impediscono l’affermazione e lo sviluppo di politiche progressiste che pure rispondono ai desideri più profondi del popolo, stanco degli osceni privilegi delle oligarchie che rappresentano gli interessi del potere economico del capitalismo internazionale, sempre interessato a saccheggiare nel modo più selvaggio e incontrastato le risorse naturali, senza la minima preoccupazione di carattere sociale o ambientale.

Tali difetti purtroppo hanno menomato anche l’esperienza di Pedro Castillo in Perù, determinando alla fine la crisi istituzionale che ha portato all’arresto del presidente legittimamente eletto e all’effettuazione di un vero e proprio colpo di Stato antidemocratico e violento.

Si è trattato di una violazione della Costituzione peruviana, il cui art. 134 attribuisce al Presidente della Repubblica il potere di scioglimento delle Camere qualora esse neghino per due volte la propria fiducia al governo.

In tal caso, il Presidente della Repubblica deve convocare nuove elezioni, cosa che Castillo si accingeva a fare, mentre la stessa Costituzione peruviana, d’altronde, attribuisce, all’art. 137, al Presidente della Repubblica il potere di decretare lo stato d’eccezione, d’emergenza e di assedio.

Il Congresso, dal canto suo, ha destituito Castillo per “incapacità morale permanente”, fattispecie prevista dall’art. 113, punto 2, della Costituzione peruviana vigente. Disposizione, come si vede, estremamente vaga e suscettibile di abusi.

Qualora in effetti si verifichi, com’è avvenuto in Perù in questi giorni, un contrasto insanabile tra Presidente della Repubblica e maggioranza parlamentare, la scappatoia dell’“incapacità morale permanente” consente al Parlamento di sbarazzarsi del Presidente sgradito e di sbatterlo, se del caso, in galera.

In un caso del genere occorrerebbe invece procedere a nuove elezioni, in modo tale da verificare la possibilità di una nuova maggioranza parlamentare consona all’indirizzo politico del Presidente che non gode più dell’appoggio parlamentare. Appoggio del resto, nel caso in esame, estremamente labile e incerto fin dal principio, anche tenendo conto del fatto che la stessa maggioranza del suffragio popolare che ha eletto Castillo risultava alquanto risicata.

Dietro, tuttavia, le alchimie formali e i meccanismi istituzionali un po’ da “realismo magico” vanno colte le fratture di classe, vivissime in un Paese fortemente diseguale e diviso anche geograficamente in varie aree territoriali, fra le quali quella andina, dove vive la maggioranza del popolo lavoratore di origine indigena, è quella più fedele a Castillo e alla sua formazione politica “Perù Libre”.

A dimostrazione di questo forte radicamento del progetto politico rappresentato da Castillo stanno le grandi manifestazioni di questi giorni, represse nel sangue, di decine e decine di giovani, dalle Forze armate e dalla Polizia.

Occorre augurarsi che il popolo peruviano sappia uscire da questi difficili frangenti, liberandosi definitivamente delle oligarchie che, nonostante le enormi ricchezze naturali del Paese, lo tengono da secoli in condizioni di miseria ed indigenza.

A tale fine sarà necessario seguire l’esempio venezolano, dando vita a un Partito, come il PSUV venezolano che sappia essere il punto di riferimento del Paese nel suo insieme, sconfiggendo le tentazioni reazionarie presenti in settori ampi di classe media, come dimostrato dal buon risultato ottenuto, in contrapposizione a Castillo, dalla figlia dell’ex dittatore e criminale contro l’umanità Fujimori.

Al momento l’obiettivo principale deve essere costituito dalla fine della repressione sanguinaria che ha già fatto troppe vittime, e dalla convocazione di nuove elezioni parlamentari per dare al Paese un quadro politico più congruo e confacente ai suoi desideri profondi.

23/12/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Fabio Marcelli

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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