In Bolivia, a La Plaz, la metropoli più alta del mondo, mercoledì 26 giugno c’è stato un golpe, ma è stato subito sventato ed è stato arrestato il generale dell'esercito boliviano Juan José Zúñiga, il quale ora rischia fino a 20 anni di pena perché ne è stato l’autore principale. Insieme a lui sono stati arrestati anche l'ex vice ammiraglio della Marina, Juan Arnez Salvador, ed altri 15 dirigenti; ci sono stati in tutto 12 feriti. Il tentativo di golpe è durato soltanto tre ore, prima che i militari rientrassero nelle caserme. I militari, un centinaio, al comando di Zúñiga, avevano tentato di abbattere con un carro armato le porte della sede del governo e in parte ci erano quasi riusciti, ma hanno poi dovuto fermarsi quando il presidente Luis Arce ha nominato un nuovo comandante delle forze armate, José Wilson Sánchez, che immediatamente ha ordinato il ritiro dei militari dagli edifici del governo, ed ha ricevuto obbedienza. Centinaia di sostenitori di Arce sono accorsi nella piazza fuori dal palazzo sventolando bandiere boliviane, cantando l'inno nazionale e applaudendo mentre i militari ritornavano nelle caserme.
Tutto il governo ha dichiarato apertamente che è stato un tentato golpe; tuttavia, che un centinaio di militari abbiano agito senza alcun tipo di sostegno logistico, sia interno che esterno al Paese, non è molto credibile, ma ad ora non ci sono prove che smentiscono questa ricostruzione. L’interrogativo che si pone però è, quale era l'obiettivo di questo golpe e chi sono stati i mandanti? Al riguardo una cosa è certa: se fosse riuscito, l'obiettivo avrebbe dovuto essere quello di far cadere il governo democraticamente eletto. Questo tentativo di colpo di stato è avvenuto dopo mesi di tensioni e lotte politiche tra il presidente Arce e il suo alleato di un tempo, l'ex presidente di sinistra Evo Morales, per il controllo del partito che governa la Bolivia in un contesto di grave crisi economica e politica, ma non istituzionale. Si tenga conto che, per quanto ci è stato reso noto dai media, i golpisti, e cioè i militari, hanno richiesto immediatamente le dimissioni del governo, che non sono arrivate. È giunta invece una dichiarazione del presidente Luis Alberto Arce, che si è rivolto al popolo al quale ha chiesto sostegno, facendo un invito per il quale ci si sollevasse contro il tentativo di golpe e si schierasse a favore della democrazia in Bolivia.
Un altro obiettivo dei golpisti era quello di far liberare alcuni detenuti politici come l'ex Presidente ad interim Jeanine Anez, un'avvocatessa, politica e conduttrice televisiva boliviana. Anez era stata arrestata il 3 marzo del 2021 a seguito delle indagini sul suo coinvolgimento in quella che era stata allora definita una “forzatura costituzionale” che la portò ad assumere il ruolo di presidente ad interim e a guidare una violenta repressione contro i manifestanti antigovernativi, un’operazione in cui persero la vita 36 persone. Per questi fatti Anez è stata condannata a 10 anni di carcere. Un altro detenuto di cui i golpisti chiedevano la liberazione è il governatore di Santa Cruz Luis Fernando Camacho, leader dell’opposizione, arrestato il 28 dicembre del 2022 perché accusato di terrorismo e cospirazione. Camacho aveva partecipato ai disordini del colpo di stato del 2019 quando le violente proteste di piazza e le violente operazioni di ordine pubblico, gestite dai vertici della polizia e dei militari, costrinsero il presidente rieletto Evo Morales a fuggire in Messico.
Com’è noto, il partito al governo della Bolivia è il Movimento verso il Socialismo (Mas), che è diviso tra Arce e Morales, un tempo alleati ma ora avversari per le elezioni presidenziali che ci terranno nel 2025. Morales è stato il primo presidente indigeno della Bolivia ed è stato molto popolare finché non ha tentato di aggirare la Costituzione, chiedendo un quarto mandato nel 2019. L'ex leader del sindacato di sinistra ha vinto le elezioni ma è stato costretto a dimettersi in mezzo alle proteste per presunte frodi elettorali ed ha lasciato il Paese. Arce ha vinto le elezioni per la presidenza nell'ottobre 2020; da allora è scoppiata una lotta per il potere tra i due e Morales ha sempre criticato il governo, accusandolo di corruzione e di tolleranza del traffico di droga. Arce ha cercato di isolare politicamente Morales, non facendo passare le sue scelte nel partito.
Questi squilibri sono stati denunciati dalla maggior parte dei Paesi sudamericani e il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Luis Almagro, ha dichiarato che "nessuna forma di violazione dell'ordine costituzionale sarà tollerata". È chiaro che c’è solidarietà al presidente Luis Arce; tanto che la presidente dell'Honduras Xiomara Castro, attuale presidente della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac), ha invitato i Paesi membri del gruppo a "condannare il fascismo che oggi attacca la democrazia in Bolivia e ad esigere il pieno rispetto del potere civile che è la presidenza di Arce e la costituzione”. In Europa, il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha chiesto per la Bolivia “il rispetto della democrazia e dello stato di diritto”. Anche il governo cubano ha condannato il tentativo di colpo di stato, il presidente, Miguel Díaz-Canel, ha dichiarato che Cuba “respinge con forza questi atti” ed esprime la sua solidarietà al presidente Arce. La solidarietà della comunità internazionale c’è stata.
L’Unione europea con l’Alto rappresentante, Josep Borrell, ha dichiarato: “qualsiasi tentativo di sconvolgere l’ordine costituzionale e di rovesciare i governi democraticamente eletti è da condannare”; il ministero degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha fatto sapere che “con l’Unità di Crisi e l’Ambasciata d’Italia in Bolivia si sta monitorando la situazione a La Paz” e “ne sta seguendo l’evoluzione”. Un appello alla calma è stato lanciato dagli Stati Uniti con una dichiarazione della Casa Bianca che ha precisato di seguire gli sviluppi in Bolivia.
La Chiesa boliviana ha dichiarato che è stata un’operazione sovversiva, sulla quale ha espresso la sua posizione anche la Conferenza Episcopale Boliviana che ha dichiarato: “Di fronte agli eventi accaduti oggi, alla presenza militare nelle vicinanze del Palazzo del Governo, ripudiamo qualsiasi azione che vada contro il disturbo della stabilità democratica del nostro Paese”. I vescovi locali sono vicini al governo ed hanno dichiarato che “la coesistenza pacifica deve essere garantita da ogni istituzione pubblica. Chiediamo che venga rispettato l'ordine costituzionale e che si trovino spazi di dialogo per risolvere i conflitti. La nostra Madre Vergine Maria, Regina della Pace, interceda per tutti, in particolare per la situazione sociale che vive il nostro Paese”. Non è da sottovalutare la posizione della Chiesa cattolica, che denota anche l’isolamento dei militari.
Le ragioni di questo tentato golpe non sono chiare, i militari non erano proprio pochi ed erano equipaggiati, ma in Rete non ci sono dichiarazioni di politici internazionali che abbiano dato delle spiegazioni di questo tentativo di golpe. È, tuttavia, bene segnalare che è stata ipotizzata una possibile spiegazione per questo tentativo di golpe, nella quale Zúñiga ha solo fatto “uno show” per favorire Arce nel confronto politico con Morales. Morales accusa l’ex-alleato di voler intraprendere la via di Lenin Moreno, tradendo gli interessi delle classi subalterne a favore dell’imperialismo nordamericano.
Ci sono, invece, studiosi che hanno interpretato in modo mirato il contesto di questo mancato golpe come Raphael Machado, esperto brasiliano di questioni geopolitiche che ha dichiarato: “Il tentativo di colpo di Stato in Bolivia, pochi giorni dopo che il presidente boliviano Luis Arce ha dichiarato ufficialmente di voler far parte dei Paesi dei Brics, non è casuale. È chiaramente un attacco preventivo contro i tentativi di includere il Sud America nel progetto di costruzione di un mondo multipolare. Questo è particolarmente importante ora che la Russia sta iniziando a militarizzare le sue partnership, a partire dalla Bielorussia, dall’Iran e dalla Corea del Nord, con le indicazioni che la Russia potrebbe armare anche il Venezuela”.
Il presidente boliviano Luis Arce, il 7 giugno di quest’anno, ha partecipato alla sessione plenaria del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF-2024) ed ha manifestato ufficialmente di voler integrare la Bolivia nel gruppo dei paesi dei Brics dichiarando: “Le economie riunite in questo riuscito blocco hanno distrutto l’egemonia degli Stati Uniti e si alzano come una speranza per lo sviluppo, la cooperazione e la complementarità tra i paesi”.
È stata una dichiarazione importante che non è passata inosservata. Si consideri che aveva già dichiarato alla stampa, in un incontro a La Plaz (31 agosto 2023), che nei paesi del gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) vedeva un partner strategico per orientare lo sviluppo, la crescita economica e integrazione commerciale della Bolivia. In quell’occasione aveva anche dichiarato: “La Bolivia ha molto da offrire ai paesi Brics, siamo la prima riserva di litio al mondo, una risorsa molto richiesta per cambiare la matrice energetica”. Si ricorda che Il litio è il metallo più leggero che c’è sulla Terra e viene usato nelle batterie ricaricabili per accumulare l'energia per il funzionamento dei dispositivi elettrici ed elettronici senza fili come smartphone e auto elettriche.
La Bolivia è una Repubblica Presidenziale ma democratica in cui il presidente è anche il Capo di Stato e capo del governo. Il potere esecutivo è esercitato dal governo mentre il potere legislativo è esercitato sia dal governo e sia dalle due camere del parlamento. La magistratura e il ramo elettorale sono indipendenti dal potere esecutivo e legislativo. la Costituzione è stata approvata nel 1967 ed è stata emendata due volte, nel 1994 e nel febbraio 2004. La Bolivia è uno Stato Plurinazionale dell'America meridionale ed è situato nel centro del subcontinente con una sua superficie di 1 098 581 km², per il secondo censimento del 2012 ha 10 027 254 abitanti. Negli ultimi dieci anni ha registrato una crescita dell'economia e del reddito grazie alle esportazioni di gas naturale, petrolio e altri prodotti minerari, ma nella fase in corso sta attraversando una crisi economica e questo spiega in parte la scelta di avvicinarsi al gruppo dei paesi del Brics, le cui procedure di ingresso pare siano iniziate. Il suo territorio è senza sbocco a mare e questo è un grosso limite, nel 2010 però è stato fatto un accordo con il vicino Perù, grazie al quale ha ottenuto per 99 anni l'uso del porto di Ilo. Si tenga conto che la Bolivia è un grande esportatore di metalli, tra cui argento, stagno e zinco, e attualmente esporta la maggior parte dei minerali attraverso il Cile, al quale ha chiesto di darle un corridoio verso il Pacifico.
La Bolivia, anche se ha problemi economici, possiede risorse di materie prime; quindi se entrasse nel sistema dei Brics le sue condizioni economiche potrebbero cambiare, ed è forse questa scelta che ha ispirato questo golpe, durato tre ore, ma che ha avuto un ruolo da non ignorare.