Note da un Paese in lutto

In Inghilterra vince la grettezza, quel misto di incurabile insularità e anacronistica nostalgia per chissà quali passati fasti che nonostante tutto riesce a rassicurare gli inglesi.


Note da un Paese in lutto

Era solo ieri sera (giovedì 12 dicembre) quando ero quasi tentata di rinviare il mio ritorno da Londra, per via dei tanti pub-parties che sui social davano per scontata la vittoria, e come mancare un simile momento, dopo gli ultimi giorni passati a osservare il Cambiamento che ai miei occhi era già successo comunque, in termini di ‘risveglio’ politico, attivismo giovanile, entusiasmo e partecipazione come mai oltre-Manica si era visto prima. E persino la prima pagina del Financial Time, che in mattinata segnalava forti preoccupazioni in casa-Tory. E fin dalle prime ore del giorno era stato un susseguirsi di foto di lunghe file in attesa di votare ai vari seggi, con post tipo ‘appena incrociata mia vicina/collega, ha votato Labour...’, ‘convinto mia madre: vota Labour...’, ‘ultime ore di porta/porta, vinciamo sicuro...’ eccetera eccetera. 

E invece: non poteva andare peggio. I numeri, fin dalle primissime proiezioni, hanno fotografato la massiccia vittoria per i Tory e la clamorosa disfatta per il Labour Party. Anzi, peggio: clamorosa affermazione personale di Boris Johnson, e fucilazione sul campo di Corbyn. Perché se prima di queste elezioni Boris Johnson poteva ritenersi un Primo Ministro minoritariamente posizionato all’interno del suo stesso partito, eccolo ora maggioritariamente eletto da un’abbondante scacchiera territoriale nel Regno Unito, persino in regioni tradizionalmente pro-Labour. E nonostante le chiarissime intenzioni di svendita del sistema sanitario a Big Pharma, nonostante la data per scontata scivolata nella padella di Donald Trump, nonostante l’illegalità sfoggiata con la sospensione del Parlamento inglese in settembre per evitare la complicazione di un dibattito circa l’approvazione del ‘suo’ Brexit Deal. Acqua passata. Tutto archiviato. Con questa maggioranza Boris potrà fare d’ora in poi quello che vuole, pieni poteri senza neanche la noia di consultare The Queen - poveri inglesi!

Ma il danno più irreparabile, non solo in termini elettorali, non solo per gli inglesi, il danno anche per tutti noi che in Corbyn avevamo sperato, è in casa Labour: le inevitabili dimissioni  di Jeremy Corbyn, la resa dei conti, la fine di quella ‘cosa' che per un lungo attimo aveva segnalato il possibile inizio di tutt’altra Storia, la fine del thatcherismo, lo smantellamento delle privatizzazioni, la nozione di impresa condivisa innanzitutto tra chi ci lavora, il green new deal come leva di  crescita e non solo profitto, in una parola, il socialismo finalmente riproposto in tutta la sua potenzialità trasformativa, in chiave di Bene Comune e quindi crescita sì, perché nell’interesse di tutti…  Così non è stato, tutto rimandato a chissà quale altro giro, e però senza neppure più un Jeremy Corbyn in grado di galvanizzare un elettorato giovanile tradizionalmente ritenuto indifferente alla politica.

Posso immaginare i commenti sulla stampa italiana anche senza leggere nessun giornale: personaggio ineleggibile, messaggio vetero-comunista, programma inattuabile… In effetti a vincere è stata l’esigenza di uscire dall’incertezza anche a costo di ficcarsi in un Brexit-tunnel che (ormai è chiaro anche ai sovranisti) di sovrano non avrà proprio nulla, servirà solo a perfezionare il lato off-shore della quinta potenza economica mondiale: ancor meno regole, finanza speculativa a tutta birra, turbo capitalismo con il valore aggiunto (particolare non da poco) della Monarchia, perché qual è il sogno di qualunque tycoon emergente dalle varie new economies dell’ex impero? L’invito a Corte, con la neanche tanto remota possibilità di diventare Baronetto - come nel caso del ‘nostro’ Lakshmi Mittal.

E hai voglia a dire che è stata una campagna bellissima, letteralmente entusiasmante per chi l’ha vissuta da protagonista fin dal primo giorno e per tutti quelli successivi ha macinato strade e bussato porte, e con lo stesso spirito ha contribuito al formidabile canvassing on line ... Hai voglia a dire, citando Tony Benn “che non ci sono battaglie vinte né perse, ma solo battaglie che si ripresentano, sempre le stesse, e non ci si deve arrendere…” Hai voglia a raccontare quel che anch’io ho sperimentato ieri mattina, imbucandomi un po’ di straforo in un tipico campaigning in un quartiere periferico a nord di Londra: via vai di attivisti di ogni età e colore nella casa di un'anziana signora, per l’occasione trasformata in quartier generale - palpabile aspettativa, il ‘sogno di una cosa’ finalmente visibile e vissuto nel semplice sentirsi compagni in una fredda giornata di pioggia, in un 12 dicembre che più perfetto non avrebbe potuto essere anche astrologicamente, con l’ultima luna piena dell’anno a garantirne la fertilità…

Oggi tutto questo sembra tremendamente Ieri. Socialismo riproposto in chiave Millennials? Macché. Pur di non crederci neppure questa volta, la Gran Bretagna ha virato sul clownesco Boris Johnson anche a costo di accettare un accordo sulla Brexit che (lo hanno spiegato persino 160 illustri economisti sulle pagine di FT) non si potrebbe immaginare peggiore. Più che la volontà di liberarsi dalle pastoie europee, ha vinto la grettezza, quel misto di incurabile insularità e anacronistica nostalgia per chissà quali passati fasti che nonostante tutto riesce a rassicurare gli inglesi. 

Il guaio è che a pensarla così non sono pochi. E tra i tanti anche parecchi ex-Labour, transfughi in quota BoJo per le stesse ragioni che videro fenomenalmente popolare la Thatcher: attaccamento alle certezze del già-noto (anche se sono nove anni di durissima austerity, con la macelleria sociale che ne è conseguita) piuttosto di qualsiasi proposta di cambiamento. 

Vero è che quello proposto da Corbyn era un cambiamento radicale. Il che mitiga almeno in parte la sconfitta: per cui ok, non ce l’ha fatta, ma l’integrità (almeno quella) è salva; ha perso sì ma senza svendita né sconti. Il che non attenua il lutto. La sinistra internazionale ha perso un uomo di grande valore in una zona del pianeta particolarmente cruciale. Bernie sarà meno forte contro Donald fra qualche mese negli USA. Modi sarà più che mai indecente in India. Qualsiasi fronte anti-Nato o anche vagamente pacifista, avrà perso una sponda importante. Per non dire del dòmino israeliano, che ha alimentato tutte le possibili accuse di antisemitismo ai danni di Corbyn negli ultimi mesi: Bingo alla grande, con tutto quel che continuerà a succedere in area medio-orientale e mediterranea. Da paura.

15/12/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Daniela Bezzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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