Una delle pagine più nere della storia del comunismo è rappresentata dal così detto eurocomunismo. L’idea che una Europa unita avrebbe potuto superare la guerra fredda e garantire un futuro di pace e prosperità, abbandonando la deriva neoliberista e guerrafondaia degli Stati Uniti si è rivelata un completo abbaglio. D’altronde tale ultra utopistica prospettiva immaginava una unità che ricomprendesse al proprio interno anche i paesi “socialisti” dell’Europa orientale. Dopo che in tutti questi paesi, con la parziale eccezione della Bielorussia, ha trionfato la controrivoluzione tale chimerico obiettivo avrebbe dovuto essere abbandonato. Anche perché l’Unione europea, sorta sulle spoglie del “socialismo reale”, è fondata su trattati, di fatto immodificabili, che impongono a tutti i paesi che ne sono parte una politica economica liberista. Inoltre, più che fermare la politica guerrafondaia dell’imperialismo statunitense, quasi sempre l’imperialismo europeo, con la parziale eccezione della Seconda guerra del Golfo, è stato quantomeno complice delle aggressioni imperialiste a stelle e strisce. Del resto, quasi tutti i paesi dell’Unione europea hanno aderito alla Nato e hanno contribuito in pieno alla costante provocazione della Russia, che ha prodotto una nuova guerra calda, che vede l’Ue schierata a fianco dell’Ucraina.
Nonostante questi tragici eventi, che confermano in pieno la “vocazione” e la deriva imperialista dell’Unione europea, peraltro già prevista da Lenin, la scellerata prospettiva eurocomunista non è stata affatto abbandonata e, tanto meno, rinnegata. Se tale prospettiva è forse ancora, nonostante tutto, addirittura maggioritaria fra i comunisti o sedicenti tali europei, è assolutamente predominante nella sinistra non comunista. Al punto che forze della sinistra anche sedicente radicale nel nord Europa se la mettono in discussione, lo fanno addirittura da destra, sostenendo di fatto la prospettiva in fine dei conti razzista dei paesi frugali, contro le presunte cicale dell’Europa meridionale o dei Pigs.
Il perdurante eurocomunismo ha prodotto risultati catastrofici in particolare nei tre paesi i cui partiti comunisti ne sono stati protagonisti. In Francia ha portato alla sostanziale eutanasia del Pcf, in Spagna ha fatto sì che il partito comunista potesse appoggiare, senza problemi, il governo Sanchez che non solo ha mantenuto le posizioni filoimperialiste dei precedenti governi, anche di destra, ma le ha addirittura aggravate con la rottura della storica alleanza con il popolo saharawi, per appoggiare la monarchia reazionaria marocchina, con lo scopo di rendere ancora più disperata la situazione dei lavoratori che tentano di emigrare dall’Africa. In Italia la prospettiva eurocomunista ha favorito la spaventosa metamorfosi del più grande partito comunista all’interno di un paese a capitalismo avanzato, in un partito liberista e atlantista come il Pd.
Persino fra i residuali comunisti una componente forse ancora maggioritaria è di fatto europeista, con la giustificazione che l’Europa unita avrebbe garantito e ancora garantirebbe la pace, quanto meno nel territorio europeo. Inoltre, costituirebbe un passo in avanti nella prospettiva del superamento degli Stati nazionali in una prospettiva internazionalista.
Naturalmente si tratta di pie e sciocche illusioni prive di qualsiasi fondamento reale. Se la Comunità economica europea era stata al fianco degli Stati Uniti in prima fila nella guerra fredda, l’Unione europea ha quasi sempre sostenuto le politiche guerrafondaie e imperialiste degli Stati Uniti. Senza contare che tale spudorata menzogna, secondo la quale l’Unione europea sarebbe una forza sovranazionale che si batte per la pace nel mondo, ha consentito in Italia di stravolgere in senso addirittura rovescista lo spirito indubbiamente contrario alla guerra della nostra Costituzione. Peraltro quest’ultima, alla quale non solo la grande maggioranza della sinistra si richiama, ma anche una componente maggioritaria dei comunisti, è stata in modo sostanziale resa ininfluente proprio dall’adesione alla strutturalmente liberista Unione europea. Tale stravolgimento è stato reso possibile proprio dal ritenere l’Unione europea una forza di pace, tanto da considerarla fra le organizzazioni internazionali alle quali fa riferimento l’articolo 11, alle quali si dovrebbe cedere progressivamente sovranità. Naturalmente si tratta di un completo rovesciamento dello spirito dell’articolo 11 che si riferiva chiaramente all’Onu come forza che avrebbe potuto limitare o impedire la soluzione violenta delle controversie internazionali.
Peraltro la grande maggioranza della sinistra italiana e una parte non trascurabile degli stessi comunisti sono stati in prima fila nell’accreditare la presunta rilevanza e il ruolo progressista del parlamento europeo, in realtà nato proprio per occultare il dato di fatto inoppugnabile che le decisioni importanti dell’Unione europea sono sempre state prese in modo decisamente antidemocratico.
D’altra parte la sinistra europeista, dinanzi al dato di fatto che il parlamento europeo è privo di poteri reali, ha sempre sostenuto che proprio per questo occorrerebbe battersi affinché tutte le decisioni fossero centralizzate in tale organismo, anzi il fatto che l’Unione europea reale non avrebbe sempre svolto un ruolo progressista dipenderebbe proprio dal fatto che gli Stati continuano a decidere usurpando quelle che dovrebbero essere le prerogative del parlamento.
Presupposto di tutti questi sofismi sarebbe che il parlamento europeo sarebbe più democratico e progressista rispetto al Consiglio dei diversi Stati dell’Ue. Anche in questo caso persino le più recenti risoluzioni del parlamento europeo hanno completamente falsificato tutte le pie illusioni su una sua natura progressista se non, addirittura, pacifista.
Tanto è vero che le ultime importanti prese di posizione a stragrande maggioranza del Parlamento europeo hanno in realtà scavalcato ampiamente a destra in senso guerrafondaio non solo il Consiglio che governa l’Ue, composto dai presidenti degli Stati dell’Unione, ma sono riusciti ad assumere una posizione ancora più imperialista degli stessi Stati Uniti d’America.
Come abbiamo già messo in evidenza il Parlamento europeo, quando non solo i governi degli Stati dell’Unione e lo stesso Consiglio, ma persino gli Stati Uniti erano contrari all’escalation della guerra in Ucraina, che avrebbe prodotto l’invio di aerei da combattimento a Kiev, ha votato in modo “bulgaro” a favore dell’invio di tali micidiali armi. A scanso d’equivoci, a falsificare le ingenue speranze di chi poteva illudersi che si fosse trattato di un incidente di percorso, poco dopo, in modo altrettanto “bulgaro” il parlamento europeo ha votato a favore dell’ingresso dell’Ucraina, nel bel mezzo della guerra contro la Russia, non solo nell’Unione europea, ma persino nell’alleanza militare della Nato, il cui statuto, come è noto, prevede che un paese attaccato debba essere sostenuto con l’entrata in guerra di tutti gli altri. Si tratta di una netta presa di posizione, ancora a stragrande maggioranza, a favore della Terza guerra mondiale e, ancora peggio, dell’apocalisse atomica, dal momento che la guerra della Nato contro la Russia, le due massime potenze nucleari del mondo, certamente degenererebbe ben presto in un conflitto atomico. Al punto che, a oggi, non solo il Consiglio europeo, ma gli stessi Stati Uniti si sono dimostrati contrari all’adesione a guerra in corso dell’Ucraina nella Nato.
Per non smentirsi mai, il Parlamento europeo, in modo altrettanto massiccio, si è recentemente schierato non solo per la prima volta per il finanziamento comunitario dell’apparato militare, proprio in funzione della guerra in Ucraina, ma si è espresso in modo “bulgaro” affinché le stesse risorse del Pnrr, anche quelle destinate esclusivamente a obiettivi sociali, possano essere utilizzate dall’industria militare affinché riarmi in modo più rapido ed efficace l’esercito ucraino.
Tale connessione fra il finanziamento del complesso militare-industriale con risorse comunitarie, tratte persino dai fondi destinati a scopi sociali del Piano di ripresa e resilienza, con l’esalation militare nell’attuale guerra in Ucraina è a tal punto esplicita, che diversi parlamentari europei italiani che erano contrari all’utilizzo bellico di tali finanziamenti, hanno votato a loro favore nel parlamento europeo per dimostrare la propria inossidabile volontà di sostenere lo sforzo bellico ucraino. Per cui si è arrivati al paradosso che i partiti dei parlamentari italiani che nel parlamento europeo avevano, per ben due volte, votato massicciamente a favore di questo cambio di destinazione d’uso dei fondi comunitari per rilanciare su grande scala il complesso militare-industriale, poi nel parlamento italiano hanno votato all’unanimità un emendamento che impegna il governo italiano a non utilizzare a scopo militare le risorse del Pnrr. Questo, altrimenti ingiustificabile rovesciamento, praticamente immediato, della posizione della grande maggioranza dei partiti italiani è stata giustificata proprio con l’esigenza di dare come Parlamento europeo il proprio completo sostegno alla guerra condotta dall’Ucraina.
Il voto del parlamento europeo resta estremamente significativo perché dimostra, nel modo più evidente, che l’interpretazione rovescista dell’articolo 11 della Costituzione italiana, che ha portato il nostro paese a partecipare a ogni genere di guerre, anche di aggressione, non ha alcun fondamento, dal momento che l’Unione europea non solo non opera per la pace, ma nel modo più spudorato agisce per rilanciare la guerra e il complesso militare-industriale. In tal modo anche la giustificazione, sempre in base a una interpretazione rovescista dell’articolo 11, della cessione di sovranità, con la conseguente negazione della Costituzione, all’Unione europea, in quanto forza internazionale volta ad assicurare la soluzione pacifica dei dissidi fra le nazioni, è stata palesemente sconfessata.
Infine, occorre ricordare che non solo sul piano europeo, ma anche in Italia, le posizioni euro scettiche che ultimamente si era diffuse, vista in particolare la terribile sorte del popolo greco che aveva provato a resistere alle politiche lacrime e sangue imposta dalla Ue, sono entrate in crisi proprio grazia alle “magnifiche sorti e progressive” che sembrava promettere il Pnrr. Senza contare, in conclusione, che quando il governo più a destra della Repubblica italiana ha dovuto prendere una misura per arginare le spaventose speculazioni delle compagnie aeree, prontissime ad alzare i prezzi sfruttando persino i disastri naturali, ha visto subito l’intervento a favore degli speculatori da parte dei rappresentanti della Ue.