Edi Rama, il socialista anticomunista amico di Giorgia Meloni

Le elezioni politiche dell’11 maggio 2025 hanno confermato la leadership di Edi Rama e del Partito Socialista, ma hanno anche evidenziato le tensioni interne al Paese, la riluttanza della diaspora e la nascita di nuovi soggetti politici in una fase cruciale per l’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea.


Edi Rama, il socialista anticomunista amico di Giorgia Meloni

Lo scorso 11 maggio, gli albanesi sono tornati alle urne per eleggere i 140 membri del Parlamento nazionale, con un’attenzione internazionale rivolta al risultato di un’elezione che avrebbe potuto consolidare il potere del primo ministro in carica, Edi Rama, e del suo Partito Socialista d’Albania (Partia Socialiste e Shqipërisë, PS), ininterrottamente al governo dal 2013. Il voto si è svolto in un clima di scetticismo crescente, segnato da accuse di corruzione, tensioni sociali e un’evidente polarizzazione politica, ma anche dalla storica possibilità per i cittadini della diaspora di esprimere il proprio voto per corrispondenza. 

In effetti, il Partito Socialista di Edi Rama, al potere da dodici anni, ha ottenuto oltre la metà dei seggi, assicurandosi un quarto mandato inedito nella storia dell’Albania dall’introduzione del multipartitismo. Secondo i dati disponibili, i socialisti hanno conquistato il 53,3% delle preferenze, assicurandosi 83 dei 140 seggi che compongono l’emiciclo di Tirana, con un incremento di nove deputati rispetto alla precedente legislatura. Questo risultato garantisce a Rama una comoda maggioranza parlamentare per formare il governo senza la necessità di alleanze obbligate. 

A fronte del netto successo socialista, il centro‑destra del Partito Democratico (Partia Demokratike e Shqipërisë, PD), guidato dall’ex presidente Sali Berisha, ha fatto segnare un netto calo della propria rappresentanza, passando da 63 a 50 deputati, con un consenso complessivo pari al 32,9%. Un risultato chiaramente insoddisfacente, che tuttavia permette alla formazione di Berisha di restare a capo dell’opposizione, che comprende anche formazioni minori come il Partito Socialdemocratico (Partia Socialdemokrate e Shqipërisë, PSD), che ha mantenuto i suoi tre scranni.

Allo stesso tempo, l’affluenza alle urne, attestatasi al di sotto della soglia del 45%, ha registrato un calo rispetto al passato, evidenziando una crescente sfiducia verso i partiti tradizionali e un senso di stanchezza diffusa. Come detto, per la prima volta la diaspora ha potuto esprimere il proprio voto per corrispondenza, con quasi 200.000 schede giunte soprattutto da Grecia e Italia. L’inclusione di questi voti — contestati dall’opposizione per presunte manipolazioni in circa 53.000 schede — avrebbe influenzato l’assegnazione dei seggi in alcune circoscrizioni, potenzialmente favorendo i socialisti, ma la compagnia postale nazionale ha confermato la regolarità formale delle firme di tutti gli elettori esteri.

Le critiche nei confronti del governo socialista non sono mancate neppure da parte degli osservatori internazionali. La missione dell’OSCE, ad esempio, pur avendo giudicato il voto “competitivo e gestito con professionalità”, ha evidenziato criticità considerevoli: uso improprio delle risorse pubbliche da parte del PS, pressioni su dipendenti statali, copertura mediatica sbilanciata a favore del partito di governo e linguaggio polarizzante durante la campagna elettorale.

Nonostante guidi un partito che - sulla carta - fa del progressismo la propria ragione d’essere, e nonostante il Partito Socialista sia il diretto discendente del Partito del Lavoro d'Albania (Partia e Punës e Shqipërisë) fondato da Enver Hoxha, Edi Rama si è più volte definito, anche in contesti ufficiali, un “anticomunista”, come in occasione della visita svolta negli Stati Uniti lo scorso anno. Tale “marchio” anticomunista è stato utilizzato da Rama come strumento di legittimazione nei confronti dell’elettorato moderato e pro‑UE, sperando di spianare la strada verso l’ingresso di Tirana nell’organizzazione sovrastatale. Il suo governo, inoltre, si è spesso reso protagonista di retoriche e azioni tipiche di un uso patrimoniale del potere statale, spesso criticato per assecondare reti di patronage e clientelismo politico.

Non dimentichiamo, poi, che, negli ultimi anni, Edi Rama ha stretto un rapporto spregiudicato con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, basato principalmente sul sostegno alle politiche repressive e antimigratorie del governo italiano. In più occasioni, i due leader hanno evidenziato una comune volontà di “gestire” i flussi provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente, sostenendo l’idea di centri di detenzione in Albania o l’espulsione diretta in territorio balcanico. Nel febbraio di quest’anno, Meloni ha ribadito la determinazione di Roma a proseguire nel piano di espulsioni verso strutture albanesi, superando ostacoli giudiziari interni e contando sul “mandato popolare” per inasprire le misure di contrasto all’immigrazione irregolare.

Dal punto di vista interno, il quarto mandato di Rama arriva dopo una terza legislatura segnata da scandali che hanno coinvolto membri dell’amministrazione socialista: dall’arresto del sindaco di Tirana Erion Veliaj, suo stretto alleato, alle vicende giudiziarie sul grave caso di frode ribattezzato “5D Affair” e sul fallimento dell’inceneritore di Elbasan. Questi eventi hanno alimentato un clima di sfiducia e richiamato l’attenzione sui rischi dell’uso delle istituzioni per fini di favoritismo e per rafforzare il potere del partito al potere.

Questa deriva del Partito Socialista è una delle ragioni che hanno portato alla nascita di Lëvizja BASHKË (“Movimento INSIEME”), una formazione politica di sinistra fondata nel 2022 a partire dal movimento Organizata Politike. Il nuovo partito ha preso parte per la prima volta alle elezioni legislative, ottenendo l’1,55% dei voti nazionali e un seggio parlamentare, due anni dopo aver conquistato uno scranno nel consiglio municipale della capitale Tirana, dove ha ottenuto un incoraggiante 4,77% delle preferenze. Con questi risultati, la formazione guidata da Arlind Qori ha acceso i riflettori su una visione progressista alternativa a quella del PS, strappando ai socialisti il monopolio della sinistra dello spettro politico albanese.

In particolare, il programma di Lëvizja BASHKË si articola su quattro pilastri: sviluppo economico con forte intervento statale nei settori strategici, lotta ai monopoli e creazione di un Fondo Sovrano; ampliamento delle politiche sociali: aumento delle pensioni minime, estensione della spesa per istruzione (dal 2,5% al 4% del PIL) e sanità (al 6%), assistenza alle minoranze rom ed egiziana; riforma della Giustizia: indipendenza degli organi giudiziari, revoca delle leggi sui partenariati pubblico‑privati e creazione di un’Agenzia anti‑corruzione; partecipazione democratica: misure per l’uguaglianza di genere, riduzione delle firme per l’indizione dei referendum e semplificazione della costituzione dei sindacati.

La conquista di un seggio da parte dell’unico partito che critica il Partito Socialista da sinistra, seppur modesta dal punto di vista aritmetico, rappresenta un segnale di insofferenza crescente verso l’establishment politico e propone un’idea di sinistra radicale che sfida il primato mediatico e organizzativo dei socialisti. Il suo programma, improntato a un forte intervento statale nell’economia, politiche sociali ambiziose e riforme della giustizia, rappresenta un’alternativa reale alle politiche del governo Rama.

Tirando le somme, la conferma di Rama per un quarto mandato rafforza la continuità del suo progetto politico, ma l’emergere di nuove forze, l’insoddisfazione della diaspora e le critiche alla trasparenza amministrativa lasciano aperti numerosi interrogativi sul futuro della politica albanese, in bilico tra aspirazioni europee e pressioni interne. La sfida più grande per il nuovo esecutivo rimane la trattativa con l’Unione Europea: l’obiettivo dell’adesione entro il 2030, caro a Rama, si scontra con le condizioni poste da Bruxelles in materia di giustizia, lotta alla corruzione e rispetto dei diritti umani. Allo stesso tempo, la convergenza sulle politiche migratorie con l’Italia di Meloni potrebbe offrire a Tirana un’arma di scambio nei negoziati, ma rischia di acuire le critiche interne sul compromesso dei principi democratici.

30/05/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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