20 dicembre: la Spagna oltre il bipartitismo

Le elezioni politiche spagnole mettono fine al bipartitismo. Ma le notizie veramente buone finiscono qui.


20 dicembre: la Spagna oltre il bipartitismo

Spagna, 20 dicembre 2015, le elezioni politiche mettono fine al bipartitismo tra popolari (PP) e socialdemocratici (PSOE). Ma le notizie veramente buone finiscono qui. La via per arrivare a un nuovo governo in Spagna è piena di ostacoli, il primo da affrontare sarà la Catalogna. E, proprio come in Catalogna, non è detto che tutto non si risolva con un ritorno alle urne.

di Paolo Rizzi

Il PP ha perso milioni di voti, ma con il 28,6% dei voti (-16% rispetto al 2011) è comunque il primo partito. Secondo partito il PSOE col 22% (-6,8%). I due partiti che hanno sempre ottenuto la stragrande maggioranza dei consensi hanno a questo giro raccolto poco più del 50% e, soprattutto, non sono in grado di formare un governo autonomo e sono costretti a cercare l’accordo con le nuove forze politiche emergenti: Ciudadanos e Podemos.

Per Ciudadanos queste sono state le prime elezioni da partito nazionale, il risultato finale del 13,9% è notevole ma è lontano dai sondaggi che davano la nuova formazione di destra liberale verso il 20%. Durante la campagna elettorale, l’appoggio dei grandi mezzi di comunicazione a Ciudadanos è stato più che evidente, un tentativo di spostare il malcontento per la corruzione verso una proposta politica totalmente compatibile col sistema esistente.

Le forze indipendentiste catalane, che nelle elezioni regionali si sono presentate unite nella lista Uniti Per Il Si, hanno affrontato le elezioni politiche con liste separate. In questa maniera la Sinistra Repubblicana di Catalogna (ECR) ha ottenuto 9 seggi, mentre l’ala liberale dell’indipendentismo catalano s’è riunita nella lista Democrazia e Libertà (DiL) che ha guadagnato 8 parlamentari.

Podemos e Izquierda Unida

Il risultato elettorale a sinistra è stato presentato da molti osservatori, sia della stampa borghese che da quella alternativa, come un trionfo di Podemos, terza forza politica del paesi, e una sconfitta epocale per Izquierda Unida che, con il suo sistema di alleanze, avrebbe dimezzato i voti.

Il buon risultato elettorale di Podemos e l’arretramento di Izquierda Unida sono innegabili, la situazione è però più complessa. Le forze della sinistra si sono presentate con diverse configurazioni nelle diverse regioni. Il totale delle liste di Podemos è del 20,66% che ne fa la terza politica dietro popolari e socialisti, con 69 seggi. In Catalogna, in Galizia e nella Comunità di Valencia però, sono state presentate liste di sinistra collegate a Podemos ma di cui Podemos non è l’unica componente.

Sinistra Unita (Izquierda Unida, IU), la storica alleanza di sinistra imperniata sul Partito Comunista Spagnolo, si è presentata sotto il nome di Sinistra Unita-Unità Popolare (IU-UP), insieme a varie forze regionaliste di sinistra. In Catalogna e in Galizia, invece, si è presentata nelle liste unitarie di sinistra. Il risultato delle liste di IU-UP è di arretramento, nelle regioni in cui si è presentata ha perso circa un quarto dei voti ed è scesa da essere la terza forza politica del paese con 11 parlamentari a soli due parlamentari eletti nelle sue liste. IU quindi dovrà partecipare al gruppo misto insieme alla sinistra dei Paesi Baschi.

Bisogna però esaminare i risultati delle liste “unitarie” nelle regioni. La più importante è la lista In Comune Possiamo presentata in Catalogna, che comprende Podemos, la storica alleanza tra la sezione locale di IU e Iniziativa dei Verdi per la Catalogna (ICV), e la coalizione di movimenti Barcellona In Comune. La lista quindi riprende l’alleanza che ha vinto le elezioni comunali a Barcellona ed è riuscita a essere prima forza politica della Catalogna a queste politiche. In Comune Possiamo ha eletto 11 deputati tra cui 1 membro di Podemos, 2 membri di IU e due membri di ICV.

In Galizia è stata presentata la lista In Marea, con Podemos, IU, i nazionalisti galiziani di ANOVA e i movimenti sociali detti maree. Dei 6 deputati eletti, 2 sono di Podemos mentre 1 è di IU. IU non ha invece partecipato alla lista è il Momento presentata nella Comunità di Valencia, di fatto composta da Podemos e dalla coalizione regionalista Compromesso.

Secondo i regolamenti del Parlamento Spagnolo, le tre “liste unitarie” dovranno andare a formare gruppi parlamentari autonomi e gli eletti appartenenti ai partiti, IU e Podemos, non potranno andare a raggiungere i compagni eletti nelle altre regioni. Il risultato di IU è quindi migliore di quanto possa sembrare a prima vista mentre quello di Podemos è quantomeno da condividere insieme a tutte le altre forze che hanno contribuito alle liste unitarie.

Nelle mani del re

La formazione del governo è ora nelle mani di re Filippo VI. La tradizione politica spagnola vuole che il re si limiti a prendere atto dei risultati elettorali e affidare l’incarico di governo al capo del primo partito. In questo caso, però, la situazione non è così lineare. Mariano Rajoy, capo del governo uscente e capo del PP, avrebbe il diritto di formare il governo. Il leader di Ciudadanos, Alberto Rivera, ha già annunciato di essere disposto ad astenersi per permettere la formazione di un governo dei popolari. Servirebbe però anche l’astensione dei socialdemocratici, cosa che il leader del PSOE Pedro Sanchez non è disposto a concedere nei confronti di Rajoy.

Questa volta per il re decidere chi proporre al Parlamento come capo del governo non è una pura questione tecnica. Se le posizioni dei partiti rimanessero queste, affidare l’incarico a Rajoy potrebbe portare a una lunga crisi istituzionale. Esiste la possibilità tecnica di un governo di sinistra guidato dai socialdemocratici, che potrebbe passare con la partecipazione o almeno l’astensione di Podemos, IU e degli altri regionalisti di sinistra. La realizzazione di quest’opzione è difficile. Per poter anche solo astenersi e permettere la nascita del governo, IU chiede l’abolizione delle riforme del lavoro approvate insieme dal PP e dal PSOE. Podemos invece chiede l’accettazione da parte dei socialdemocratici dei referendum “per il diritto a decidere”, ovvero per l’autonomia o l’indipendenza delle regioni con forti identità nazionali. I socialdemocratici però non hanno mai fatto la minima apertura su questo fronte, anzi, hanno al loro interno un’ala ferocemente contraria a qualunque concessione agli indipendentismi. E lo stesso re Filippo VI si è schierato esplicitamente contro qualunque ipotesi politica che possa condurre al distacco della Catalogna o di altre regioni.

Catalogna

L’entrata in carica del nuovo Parlamento e la formazione del governo avverranno probabilmente a fine gennaio. Un intervallo abbastanza lungo durante il quale potrebbe arrivare a una svolta proprio la vicenda della Catalogna. Le trattative tra il listone indipendentista Uniti per il Si (JpS) e gli anticapitalisti libertari indipendentisti della Candidatura di Unità Popolare (CUP) sono arrivate al momento topico. A livello programmatico è stato raggiunto un accordo minimo di governo ma rimane la divergenza sul nome del presidente uscente e leader di JpS, Artur Mas. La CUP prenderà una decisione definitiva sull’appoggiare o meno Mas il 27 dicembre, con la riunione della sua Assemblea Nazionale, dopo che già le consultazioni della base avevano bocciato l’ipotesi di sostenere Mas preferendo invece sostenere un altro nome di JpS. In caso non si trovasse un accordo, le consultazioni della base hanno stabilito che sarebbe preferibile tornare al voto.

La vicenda catalana è una delle principali questioni politiche aperte in Spagna e sta ridefinendo rapidamente le posizioni dei partiti. Da una parte Ciudadanos, PSOE e PP si schierano sempre di più per l’intransigenza contro ogni forma di indipendentismo. A cercare di sfruttare quest’avvicinamento è in particolare Ciudadanos, lista nata proprio come lista anti indipendentista in Catalogna, che propone un accordo di governo al PP e al PSOE.

A dover correggere bruscamente la rotta sulla Catalogna è stata Podemos. Mentre alle elezioni regionali Iglesias ha fatto sfoggia di retorica da nazionalismo spagnolo, tagliando così le gambe alla lista unitaria di sinistra, a queste elezioni ha accettato di far parte di una lista in cui convivono esplicitamente posizioni autonomiste e indipendentiste. Si è trattato di una svolta plateale, fino all’ultimo minuto Podemos non ha inserito nel proprio programma la possibilità di attuare referendum “per il diritto a decidere”, salvo poi inserirlo dando la colpa a una “semplice svista”.

La via per arrivare a un nuovo governo spagnolo è piena di ostacoli, il primo da affrontare sarà la Catalogna. E, proprio come in Catalogna, non è detto che tutto non si risolva con un ritorno alle urne.

26/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Paolo Rizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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