Un pensiero divergente per non addormentarsi. Nel nostro attuale sistema monetario abbiamo sette diversi tagli di banconote, forse più di quanti ne avesse la Lira, ma non è questo il punto da cui nasce la mia riflessione.
di Laura Nanni
Ricordate cos’era raffigurato sulla cartamoneta, nei diversi tagli? Personaggi rappresentativi della cultura e del progresso della nostra storia: Alessandro Volta, Niccolò Machiavelli, Antonello da Messina, Giuseppe Verdi, Marco Polo, Gian Lorenzo Bernini e addirittura due donne, Maria Montessori sulle mille lire e un volto di donna sulle cinquantamila.
Avete osservato le banconote che utilizziamo ora? Avrete notato che ci sono ponti e finestre, simbolo della comunicazione, e architetture varie. Le architetture varie riassumono l’evoluzione degli stili architettonici nel tempo, ma, di questi stili, non ci sono che cenni generici, non ci sono tratti peculiari di opere o opere reali, rappresentative di un paese o di un artista.
Qual è il criterio che ha portato a questa scelta stilistica? Quello di non voler scontentare nessuno stato, hanno detto, di non voler dare preferenze per non suscitare dispute…un modo per non fare torti, si direbbe.
Però, io ho cominciato a pensare un po’ più a fondo alla questione e ad assumere come piano di ragionamento quello simbolico. Troppo facile sarebbe anche mettersi a guardare agli artisti e al valore artistico delle opere architettoniche nei diversi paesi (ad esempio vedi in Grecia e in Italia…).
Ciò che mi ha colpita come una secchiata d’acqua fredda, è stata l’idea che questa operazione può essere letta come il risultato di una volontà di appiattimento e omogeneizzazione degli stati membri, in questo caso attraverso l’utilizzo di qualcosa che ha una vasta area di circolazione e di presenza; qualcosa, la banconota, che con la sua trasformazione, non è più riconoscibile in quanto espressione della storia di una nazione-paese. Non porta più con sé le sue origini, non ha più segni di appartenenze socio-culturali, è qualcosa di anonimo. Infatti non ci sono più neppure volti di personaggi, sintomo anche questo di disumanizzazione.
Pensavo ai collezionisti…che gusto ci può essere a collezionare le banconote dell’euro?
Insomma, il punto di passaggio a cui sono giunta è stato il seguente.
Abbiamo un euro anonimo in un Europa in cui si vogliono cancellare le differenze tra i popoli, in cui si vuole un asservimento sempre più acritico ad un dominio economico capitalistico lontano dalla vita reale delle persone.
Qualcuno penserà: è nella sua natura, il capitale è interessato solamente al valore di scambio e al conseguente accumulo, di che stupirsi allora.
E’ che la dimensione simbolica, io credo, abbia un grande valore per i passaggi successivi.
Sì perché, quanto denaro materiale in effetti maneggiamo quotidianamente? Molto poco (almeno noi comuni mortali…). In realtà anche perché, con tutti i processi di dematerializzazione, anche il denaro si è smaterializzato, non lo vediamo quasi più.
Allora è del tutto inutile quello di cui sto trattando, la forma della cartamoneta, di cui cerco di capire il senso.
Io penso di no. Perché anche qui, l’annullamento della materialità segue l’annullamento delle differenze, un pericolo per l’umano.
Tutto ciò che cancella differenze e concretezza è un pericolo per l’umanità.
In questo caso si tratta della dimensione concreta dell’economia, quella che riguarda il valore del lavoro umano, quello di cui ci vogliono privare. Il valore del lavoro, il denaro che prende valore dal lavoro umano e quindi quantifica il valore d’uso di ciò che si fa e si produce in funzione della vita e dei reali bisogni umani.
Ecco che la realtà concreta sembra stia svanendo nelle ‘mani invisibili’ di un’economia surreale che ha preso il posto di quella reale.