Diavoli, serie tv Sky in 10 episodi, Italia, Francia e Gran Bretagna, regia: Nick Hurran e Jan Maria Michelini; serie che vorrebbe essere una denuncia del mondo della finanza e delle sue responsabilità nelle crisi sociali, a partire da quella patita dal popolo greco. Inoltre la serie denuncia, a ragione, che si tratta di un mondo dove conta unicamente il profitto e i colpi bassi per affermarsi sono la regola e non l’eccezione. La serie ha un buon ritmo, è intrigante e nei primi episodi sin troppo convincente. In tal modo, non utilizzando l’effetto di straniamento, si finisce con l’immedesimarsi acriticamente nei lupi di borsa, scoprendo che hanno anche lati umani e, persino, autocritici. In tal modo, si finisce, irrazionalmente, per sperare che vadano in porto il loro loschi intrighi. Tanto più che il protagonista incarna in pieno il presunto sogno americano, del povero immigrato italiano, che si è riuscito a fare largo, superando i pregiudizi, per le sue miopi e ultra individualiste piccole ambizioni e la sua spietatezza. Tanto è vero che deve il suo successo al fatto di aver speculato, contribuendo in modo significativo alla tragedia del popolo greco.
La serie cerca, quantomeno, di mettere in relazione i lupi di borsa con chi subisce le crisi da loro provocate, anche se per mezzo di semplici servizi televisivi, e con chi li vorrebbe contrastare. E qui, come al solito per i prodotti dell’industria culturale, casca l’asino, in quanto si tratta di anarchici, hackers individualisti, che non a caso finiscono per subire il fascino ed essere egemonizzati dai loro antagonisti. Allo stesso modo, il rappresentante dei ceti subalterni per eccellenza, un giovane di origine africana, finisce per subire il fascino del lusso e per cedere la propria forza lavoro ai loschi intrighi del lupo di borsa. La serie cerca, inoltre, di far apparire le contraddizioni inter-imperialiste in seno al capitale monetario, mostrando come la più aggressiva finanza anglo-statunitense sia in grado di egemonizzare, con le cattive, la finanza europea, ovvero in primo luogo tedesca. Tanto che Strauss-Kahn appare vittima di un complotto statunitense, in quanto troppo “radicale”. Con la tipica concezione social imperialista per cui ci sarebbe una finanza dal volto umano, quella dell’Unione Europea, e una invece assolutamente spietata, ovvero la concorrente finanza statunitense.
Nel quarto episodio la serie assume connotati molto avanzati nella critica del modo di produzione capitalistico e dell’imperialismo. Abbiamo, in primo luogo, la tragedia della bancarotta dell’Argentina che è costata lutti a questo Paese e miliardi alla banca Morgan, in cui lavora il controverso protagonista della serie, che vi ha speculato sopra. Emerge poi che i servizi segreti hanno fatto girare immagini di fosse comuni di dieci anni prima, per giustificare davanti all’opinione pubblica l’aggressione imperialista alla Libia, che ha devastato il paese, creando una situazione di anarchia, di guerra fra bande e di enorme diffusione sia in Medio Oriente che in Africa del terrorismo islamico. Anche dietro a questa operazione c’è lo zampino della grande banca Morgan, che ha costruito il casus belli, corrompendo il banchiere che controlla i fondi libici, per assicurarsi il blocco degli investimenti libici all’estero e mettere un’ipoteca sulla ricostruzione del paese. Nel frattempo la crisi è stata scaricata sull’Irlanda e una delle sue banche fondamentali è a un passo dalla bancarotta. Senonché nella banca si sono colpevolmente esposti, sebbene si trattasse di acquisire titoli ad altissimo rischio, le banche tedesche, olandesi e francesi che, come nel caso greco, per non subire pesanti perdite, costringono il popolo greco e ora quello irlandese ad addossarsi in termini di debito pubblico e di taglio alle specie sociali i debiti speculativi prodotti dai privati. Dietro questa gravissima ingerenza negli affari irlandesi, oltre al corrotto e venduto governo irlandese ci sono la Bce e la grande banca Morgan anglo-americana, che non intende perdere il proprio accordo con le banche tedesche, necessario a tenere in piedi il signoraggio del dollaro, che consente agli Stati uniti, al contrario dell’Italia, di importare molto di più di quanto esportano. Anche il presunto cinese alla testa di un fondo avvoltoio si rivela essere, molto più verosimilmente, un cittadino di Hong Kong.
Il quinto episodio rappresenta un po’ una pausa dopo il ricchissimo e travolgente contenuto del precedente. Ciò nonostante è ben architettato in quanto, con continui flashback, ci permette di ricostruire le esperienze precedenti e le relazioni fra i personaggi principali, intrecciando i grandi avvenimenti della storia mondiale con le vicissitudini particolari di personaggi tipici. Anche la forma della serie resta improntata a un sano realismo critico, in particolare della finanza, ossia del capitale monetario. In questo caso al centro sono le speculazioni borsistiche e il grande inganno bancario dei fondi subprime, con titoli tossici nascosti in pacchetti azionari, basati su prestiti e mutui a individui che, molto difficilmente, avrebbero potuto ripagarli. Come in tutte le grandi bolle speculative vincono i grandi investitori che sono in grado di avere le informazioni necessarie a disinvestire, prima che la bolla esploda e il valore dei subprime, inevitabilmente, crolli. Anche se nella serie questo cogente aspetto è in parte stravolto da una presunta intuizione dello squalo di borsa protagonista della serie. Quest’ultimo, uscito in tempo dal crollo borsistico del 2008, seguendo gli insegnamenti ricevuti mira a colpire il soggetto più debole, che nel caso specifico sono però gli Stati uniti d’America, con un debito pubblico e privato alle stelle. Tuttavia il capitale monetario, per quanto transnazionale possa essere, è legato all’andamento dell’economia reale e al paese in cui ha la propria base e di cui detiene ingenti quantità di valuta. Perciò il boss della banca spinge affinché la Federal Reserve, anche contro il parere del presidente degli Stati uniti, scarichi gli effetti negativi della crisi sugli alleati europei, in caso contrario l’euro potrebbe divenire una valuta di riserva troppo appetibile per i cinesi, che si sono troppo esposti nell’acquisto della valuta statunitense. Ancora una volta il signoraggio del dollaro gioca, dunque, un ruolo decisivo, su cui si regge la capacità di egemonia a livello internazionale che ancora esercitano gli Stati uniti. Questi stretti legami fra finanza e Stato sono essenziali al punto che gli squali di borsa che, seguendo quanto gli è stato insegnato, attaccano gli Stati uniti vengono immediatamente richiamati all’ordine. Qualcosa di simile avviene anche a livello dei rapporti personali, con i due giovani protagonisti parvenu che vengono a loro insaputa completamente strumentalizzati dal direttore della banca e dalla sua consorte. Con la loro abilissima ipocrisia riescono a spezzare i legami fra il giovane arrivista finanziere italiano e la sua amata moglie, che ha il difetto di essere un’artista e di dire la verità quando perde il controllo. Mettendo in grandissimo imbarazzo il marito aspirante squalo quando, perso il controllo, la moglie dice in faccia ai grandi finanzieri quello che realmente sono, ossia degli ipocriti imperialisti che sfruttano la psicosi post 11 settembre per prendere il controllo delle riserve energetiche. A questo punto il vestito nuovo dell’imperatore rischia di non celarne la nudità, tanto che la moglie artista deve essere sacrificata al sogno americano, che sempre più tende a confondersi con un incubo, che travolge tutti i rapporti affettivi, anche quelli più stretti.
Con il sesto episodio la serie riprende decisamente quota trovando la perfetta sintesi fra la storia particolare e tipica dei personaggi e la storia universale sulla quale, pur nel loro piccolo, giocano la loro parte. Emerge così la banalità del male delle società a capitalismo avanzato, dove il sogno americano di un povero immigrato italiano o di un giovane di origine africana proveniente dal ghetto sono sfruttati da un sistema infernale, per fare profitti con operazioni speculative ai danni dei più deboli e dei più poveri. Ecco il nostro eroe scoprire di essere il protagonista diretto della tragedia della ragazza con cui ha appena iniziato una relazione. È stato lui che, per farsi strada nel mondo degli squali di borsa, ha speculato sull’Argentina, provocando un disastro umanitario, che fra l’altro ha lasciato la sua futura compagna, quando era una bambina, abbandonata e costretta a prostituirsi per sopravvivere. Per quanto riguarda la storia universale giungiamo al momento, per noi fatidico, in cui il grande capitale finanziario a base anglo-statunitense decide di scaricare la propria crisi sui più deboli paesi europei. Si tratta di colpire, provocando nuove tragedie, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Portogallo e serve uno slogan per convincere la gente a ritirare tutti i propri investimenti, facendo precipitare l’economia di questi paesi. Ed ecco che il giovane d’origine africana – anche lui, come lo speculatore italiano, completamente prigioniero della tenebra del quotidiano – offrire ai mezzi di disinformazione di massa la sigla Piigs, con cui denotare nel modo più negativo i paesi più deboli d’Europa, il tutto per un mero piatto di lenticchie.
Settimo e ottavo episodio sono decisamente sotto tono. Si parla di come il grande capitale transnazionale ha scaricato gli effetti negativi della crisi sull’Italia, sfruttando l’impresentabilità a livello internazionale di Silvio Berlusconi. Riemerge così l’impostazione sciovinista per cui tutti gli attacchi speculativi agli altri paesi erano in qualche modo “naturalizzati” e, anzi, i loro autori erano presentati come dei geni della finanza, mentre ora in modo del tutto inverosimile l’attacco speculativo all’Italia appare un vero e proprio crimine, tutti i lupi di borsa cominciano improvvisamente a farsi scrupoli e il capo di un grande fondo tedesco addirittura si suicida per il rimorso di esser stato costretto a partecipare agli attacchi speculativi contro l’Italia. Il ruolo negativo e colpevole di Berlusconi scompare completamente. Anche i ruoli criminali dei diversi “diavoli” del capitale finanziario vengono giustificati, fino a divenire degli eroi che vengono immolati perché si oppongono a operazioni sporche e non si fanno comprare. Così alla fine sembra restare un solo diavolo, il grande banchiere inglese che, in combutta con gli Stati uniti, attacca vilmente l’Unione europea, che finisce per apparire come il “capitalismo dal volto umano”.
Quanto di valido e progressista poteva esserci nelle puntate precedenti è completamente annullato dagli ultimi due episodi che, sostanzialmente, riallineano la serie al classico prodotto dell’industria culturale volto principalmente alla diffusione dell’ideologia dominante. Tutta la critica al capitale monetario e alle speculazioni è nei fatti cancellata, sostenendo che l’unica alternativa all’attuale capitalismo, pur con tutte le sue ingiustizia e contraddizioni, sarebbe un precipitare della società nella crisi con enormi manifestazioni della rabbia popolare che getterebbero il mondo nel caos e nell’anarchia. Abbiamo, dunque, la ormai consueta apologia indiretta della società a capitalismo avanzato. Per cui gli oppositori vorrebbero soltanto il diluvio, per altro per propri fini personali, mentre gli eroi sarebbero i grandi speculatori, che hanno spinto il nuovo salvatore della patria, Mario Draghi, a salvare l’Italia, l’Eurozona e il mondo intero dal precipitare in una spaventosa crisi di civiltà. Si cerca poi di limitare la critica alle banche e alla speculazione con la solita tesi complottista, per cui vi sarebbe una loggia segreta che controllerebbe i peggiori lupi di borsa, mirando “patriotticamente” a difendere il sistema del dollaro, unico argine al diluvio. Peraltro, da questo punto di vista, non si capisce quale sarebbe la differenza fra i banchieri cattivi che sostengono: “o il sistema del dollaro o il diluvio” e i loro oppositori, i banchieri “buoni” a difesa dell’Eurozona, che sostengono: “o l’euro o il diluvio”. Differentemente dal solito viene rappresentata anche l’opposizione al sistema, che in realtà o mirerebbe al dominio del caos, o punterebbe anch’essa esclusivamente al proprio profitto, o sarebbe pronta a farsi egemonizzare dallo speculatore “buono”, tanto da denunciare alla polizia la propria stessa organizzazione clandestina.