Marxismo e complottismo

Il complottista non si affatica nella costruzione concreta dell'alternativa possibile, ma si limita a rovesciare il contenuto della comunicazione del potere in una curiosa dialettica che finisce sempre per rafforzare il lato “ufficialista” e mainstream della comunicazione sugli eventi.


Marxismo e complottismo

Il vecchio mondo sta morendo mentre quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro, nascono i mostri”. La citazione di Gramsci coglie pienamente l'attimo storico che si interpone tra il passato con i suoi vecchi rapporti di forza sempre più insostenibili e il futuro che nonostante le sue potenzialità produttive, sociali e culturali tarda ad avverarsi.

Solo che il presente nella sua ricerca a tentoni, cieca, di un avvenire, finisce spesso per ricadere più in basso del punto di partenza della crisi.

Il fenomeno del complottismo sembra essere annoverabile a questa categoria di fenomeni. L'esplosione dei nuovi media digitali, così carichi di promesse ha anche contribuito alla diffusione di un atteggiamento culturale, e ancor prima psicologico, di radicale sospetto per la narrazione ufficiale intorno alla realtà che sia economica, sociale, etica, ecc.

Tuttavia, l'onda d'urto del complottismo non si spiega con la diffusione dei social media, ma è radicata nell'assetto strutturale delle grandi società capitalistiche avanzate, dove la sconfitta del movimento operaio (come in Italia) o la sua incapacità di aprire un percorso di trasformazione rivoluzionaria (come negli Usa e in Europa) ha depositato grandi sacche di passività e di depressione sociale.

 

Note sul complottismo: storia e natura

Il complottismo è sempre esistito. Se ci si limita al Novecento si trovano libri come “I protocolli dei savi di Sion”, celebre falso documento storico a favore delle tesi dell'antisemitismo oppure il meno aggressivo e più confuso “Il mattino dei maghi” di Louis Pauwels e Jacques Bergier del 1960, entrambi citati nel recente “La Q di Quomplotto” di Wu Ming 1, Roma, Edizioni Alegre, 2021.

Il filo comune che lega opere, autori e movimenti diversi è questo atteggiamento di sospetto verso la realtà per come essa appare o per come viene presentata dalle autorità ufficiali in un dato momento storico. In questo senso, il complottismo viene molto spesso visto come una corrente di pensiero di opposizione al potere, anche se a ben vedere spesso non si oppone affatto allo “stato di cose presenti”, ma ne rappresenta invece una radicalizzazione.

Di fatto, nella storia dell'ultimo secolo, questo atteggiamento di sospetto generalizzato è stato un elemento del brodo di coltura dei movimenti politici più reazionari: in Russia i “Cento Neri” e poi i “Bianchi” nella guerra civile; in Germania l'elemento “Völkisch” o populista e poi il nazismo.

Ai giorni nostri, il complottismo si è fatto sentire già in occasione di eventi come gli attentati dell'11 settembre 2001 a New York, ma è poi esploso nella declinazione “no vax” durante la pandemia da Covid 19 e, infine, nel fenomeno della negazione del cambiamento climatico.

 

Marxismo e complottismo

Il fatto di inquadrare il complottismo tra gli elementi che hanno favorito lo sviluppo e l'affermazione di movimenti politici di estrema destra, non può tuttavia far accomunare semplicisticamente questo fenomeno come un allegato del fascismo e i suoi cultori come nostalgici di Mussolini. Nella corrente del complottismo scorre un po' di tutto, anche se questo “universo” ha una sua marcata tendenza a criticare il presente con lo sguardo rivolto al passato, visto come una mitica “età dell'oro”: approccio, quindi, squisitamente reazionario.

D'altra parte il complottismo intuisce confusamente, e ne fa la sua ragion d'essere ,la strutturazione di classe della società odierna e ha un acuto senso della lotta di classe che viene portata avanti dall'alto verso il basso, da parte della classe dominante contro i dominati. Ne è espressione tutta la retorica dei diversi autori “complottisti” contro le élites modernizzatrici, descritte come corrotte dai privilegi e inclini a escogitare truffe contro i comuni cittadini.

Questo abbozzo di critica sociale sembrerebbe avvicinare il complottismo al marxismo ma nel primo manca totalmente la sensibilità (e ancor più la prospettiva) per il conflitto di classe esercitato dal basso verso l'alto, ovvero dai dominati contro le classi dominatrici. La riprova di questo atteggiamento generale del complottismo è la sua mancanza di coscienza dei confini della propria classe: la parte antagonista delle élites corrotte non è il movimento operaio, bensì un generico “noi” che identifica i normali cittadini, cioé, grattando un poco la superficie, il popolo delle classi medie in via di declassamento.

Anche la critica nei confronti dei dominatori non è fondata sull'analisi dei concreti rapporti di produzione, bensì su una denucia etica di comportamenti immorali da parte di queste élites che vengono accusate di ogni perversità: nel caso americano di Qanon, dalla pedofilia al vampirismo.

Il complottismo si fonda, pertanto, sullo stato d'animo determinato dallo shock del piccolo-borghese che si rende conto che il suo mondo economico e quindi culturale vacilla sotto i colpi della concorrenza globale. Il rimprovero che muove all'assetto sociale imposto dal grande capitale non si fonda sulla falsità dei valori della concorrenza e dell'individualismo, ma sul rimprovero di averli traditi e quindi sulla loro perdurante bontà.

L'indignazione dei complottisti da tastiera è di un'ingenuità per molti versi sconcertante, se si pensa che oltre 180 anni fa gli autori del “Manifesto” già scrivevano che: “La borghesia spogliò della loro aureola, con paura, tutte le professioni considerate sino allora venerabili e venerate. Essa fece del medico, del giurista, del prete, del poeta, dello scienziato, altrettanti operai salariati. La borghesia strappò il velo della poesia soave, che ricopriva le relazioni di famiglia e le ha ridotte a non essere che dei semplici rapporti di denaro”.

Inoltre, questa continua attenzione per ciò che verrebbe occultato fa trascurare il fatto essenziale che, invece, ciò che di grave e allucinante viene propinato dal potere, è stato nella maggior parte dei casi  teorizzato e professato alla luce del sole; anche grazie all'egemonia culturale del capitalismo nella sua forma neoliberista che ha impiegato almeno quattro decenni per plasmare la sua egemonia, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle famiglie, ovunque: sono così passate pratiche e concetti aberranti come il merito quale griglia di selezione dei diritti essenziali alla cultura e al lavoro oppure la privatizzazione di diritti sociali essenziali come la sanità.

Insomma, per svelare il “complotto” basta leggersi i documenti ufficiali del World Economic Forum di Davos, per esempio.

Mentre l'attenzione del marxismo per i rapporti tra le classi, la sensibilità per le lotte dei subordinati, per la loro emancipazione rappresentano tuttora una porta aperta sul futuro, l'atteggiamento del sospetto complottista è esattamente il contrario: una porta blindata chiusa alle proprie spalle.

 

La funzione “sedativa” del complottismo

Il complottista non si affatica nella costruzione concreta dell'alternativa possibile, ma si limita a rovesciare il contenuto della comunicazione del potere in una curiosa dialettica che finisce sempre per rafforzare il lato “ufficialista” e mainstream della comunicazione sugli eventi.

Il risultato è che nella congerie di teorie da opporre alla versione ufficiale dei fatti si finisce per stabilizzare nella coscienza delle masse proprio la versione delle autorità che se non altro ai loro occhi si presenta con il crisma dell'unicità.

Nel caso del cambiamento climatico, ad esempio, la giusta critica rispetto all'impostazione fideisticamente elettrica dell'Unione europea e alla tendenza a scaricarne i costi sui più deboli, non si può spingere demagogicamente a negare il fenomeno per ritornare nella stessa situazione di trent'anni fa, ma dovrebbe spingere alla lotta e alla rivendicazione di maggiori e migliori trasporti pubblici.

Quindi, più che un mattino, il complottismo sembra rappresentare un crepuscolo dei maghi.

06/10/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefano Paterna

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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