Abbiamo appreso che la Gran Bretagna ha deciso di inviare proiettili all’uranio impoverito all’Ucraina, materiale che costituisce il residuo del processo di arricchimento dell’uranio. Si tratta di un materiale molto resistente usato sia in campo civile che militare, nel cui ambito è impiegato per la produzione di munizioni perforanti e incendiarie, che dopo l’esplosione lasciano nell’ambiente residui radioattivi, i quali entrano negli organismi tramite ingestione e contaminazione delle acque e della terra. Sarebbero responsabili di gravi malattie come il cancro e di malformazioni nei feti.
Su questo tema abbiamo intervistato la Prof.ssa Antonietta M. Gatti, fisica, specializzata in Bioingegneria, consulente dell’ European Science Foundation e membro di tutte e quattro le commissioni parlamentari che si sono occupate dei numerosi casi di militari italiani ammalatisi dopo aver partecipato alle “missioni di pace” nei Balcani o lavorato presso i poligoni di tiro in Italia (Sardegna).
La Prof.ssa Gatti ci comunica che questi proiettili sono stati usati nelle due guerre in Iraq, in Afganistan e nell’attacco del 1999 alla Serbia. Dalle sue ricerche risulta che i residui radioattivi entrano nel corpo umano e si vanno a depositare nei vari organi (fegato, reni etc.), provocando l’insorgenza di tumori e finora non è risultato possibile individuare un metodo per eliminarli.
Secondo l’Associazione delle vittime Uranio impoverito i soldati italiani ammalatisi sarebbero 500 (ma forse di più), di cui 50 sarebbero morti. Tra questi ricordo Paolo Mucelli deceduto nel 2011 a causa di una leucemia fulminante. E’ stato riconosciuto “vittima del dovere” e la sua famiglia è stata risarcita dallo Stato.