Il 23 aprile si è tenuta un presidio, indetto dal Comitato No Camp Darby, a cui ha aderito anche il nostro collettivo politico, davanti all’ingresso della omonima base militare statunitense che occupa una vastissima area di pregio compresa fra Pisa e Livorno e nella quale si stanno realizzando progetti di potenziamento infrastrutturale (altri progetti prevedono un nuovo insediamento militare in un’altra area di pregio, a Coltano, che sta già riscuotendo una vasta l’opposizione locale). La base, insieme al porto di Livorno, al Canale Navicelli e all’aeroporto militare di Pisa, costituisce un formidabile hub logistico da cui partono gli armamenti per le varie aree di guerra cui la Nato di volta in volta partecipa.
La manifestazione, questa volta, assumeva particolare importanza, sia per il necessario contrasto al progetto di Coltano, sia in relazione alla guerra in Ucraina e all’atteggiamento degli Usa e della Nato volti a estendere il conflitto fino al rischio di una guerra mondiale.
La riuscita della manifestazione era tutt’altro che scontata. Dopo due mesi di informazione mainstream le mobilitazioni contro la guerra si contano sulle dita di poche mani. L’opinione pubblica è contraria alla guerra, ma la stragrande maggioranza delle organizzazioni sindacali e politiche va in altra direzione. In particolare, per quanto ci riguarda, i comunisti, frammentati in mille sigle, non sono in grado di mettere in piedi un movimento di massa contro la guerra e infatti anche in questa occasione solo alcune sigle hanno aderito all’iniziativa, mentre altre ne organizzano una per oggi (29 aprile). È una storia di incomunicabilità che, purtroppo, si ripete da anni e nemmeno il serio pericolo di un coinvolgimento del nostro paese in una macelleria mondiale è stato sufficiente a superare gli assurdi distinguo e la sconsiderata concorrenza fra movimenti e partiti di ispirazione comunista.
Abbiamo chiesto al Comitato No Camp Darby una valutazione sul presidio partecipato da circa 250 persone provenienti da varie città della Toscana.
1. Vi aspettavate un’affluenza maggiore al presidio?
No, perché intere aree politiche hanno boicottato questo appuntamento che ad oggi è il solo ad avere preso una posizione chiara contro la Nato. A Pisa è partita una mobilitazione da alcune settimane contro la decisione del governo Draghi di collocare una nuova base a Coltano in mezzo alla macchia mediterranea. Noi siamo convinti che l’area scelta, inclusa nel parco storico nazionale di San Rossore, sia inadeguata perché è sottoposta a vari vincoli inconciliabili con una base militare. Ma anche i partiti della maggioranza governativa, Pd e Lega, si dicono contrari a questa base che scontenta cittadini, ambientalisti e imprenditori della filiera agro alimentare. Qualcuno dovrebbe spiegare come sia possibile sostenere una scelta a Roma e sul territorio pisano esprimere contrarietà alla stessa. Il vero problema è che la base di Coltano nella macchia mediterranea e nel parco rappresenta una scelta invisa al territorio e agli elettori di centro-sinistra e di centro-destra.
2. Come pensate di collocarvi rispetto alle forze che si oppongono al progetto Coltano?
Noi saremo a tutte le iniziative contro quella base pur sapendo che il governo da poco ha ribadito la legittimità della sua decisione, negando anche l’impatto ambientale di questa cittadella militare. Al contempo siamo convinti che la soluzione non sia quella di trasferire la base altrove, magari a Ospedaletto dove i soldi servirebbero invece per abbattere le decine di mostri in cemento armato mai finiti di costruire o per bonificare l’area attorno all’ex inceneritore. Se invece parliamo delle responsabilità Usa e Nato nelle guerre, quella Ucraina inclusa, se puntiamo il dito contro la Bussola europea, un piano strategico volto al potenziamento militare dell’Unione europea, o il neokeynesismo di guerra, se denunciamo la militarizzazione del territorio tra presenza di imprese produttrici di armi e, negli atenei, la ricerca a fini di guerra, andiamo a toccare dei tasti dolenti sui quali non si avrà mai un consenso diffuso. Non siamo per condurre battaglie elitarie ma anche la sinistra che si dice radicale ha rinunciato a criticare il ruolo della Nato o prende a pretesto l’atavica paura verso i no green pass per sottrarsi dalla manifestazione ai cancelli di Camp Darby. Oggi, sulla guerra, parte del movimento No Green Pass ha posizioni radicali rispetto a tanta parte delle realtà di sinistra o pacifiste. L’autentico rimosso è il ruolo della Nato e la militarizzazione dei territori che va ben oltre la base di Coltano. Per questo essere in 250 ai cancelli della base era tutt’altro che facile e men che mai scontato.
3. Avete in mente prossime mobilitazioni? Con quali obiettivi e parole d’ordine?
Noi parteciperemo a tutte le iniziative contro la guerra e contro la base di Coltano ma urge fare i conti con la Bussola europea, il ruolo della Nato e il neokeynesismo di guerra, collegare l’economia di guerra all’impoverimento delle classi lavoratrici, alla perdita del potere di acquisto dei salari e delle pensioni e ai tagli al welfare, a scuola e sanità che saranno l’altra faccia dell’aumento delle spese militari. Poi ci sarà da costruire un nuovo movimento contro la guerra ma crediamo che la prospettiva debba essere quella di mettere insieme il no alla Nato, all’impoverimento delle classi popolari, il no al governo Draghi e all’Unione Europea che prepara una svolta per i prossimi anni con la nascita dell’esercito europeo.