Un buon comunista, un uomo buono

Piccolo ritratto di Franco Ammendolia, compagno e educatore di tante generazioni di giovani, militante nelle lotte sociali e ambientali e appassionato animatore culturale.


Un buon comunista, un uomo buono

Cos’è la vità di un comunista, di un compagno? Credo che sia un tessuto colorato di lotte, di passione, di lavoro. Per me che l’ho conosciuto è stata la vita di Francesco Ammendolia, detto Franco. È molto difficile scrivere di lui. È difficile perché il ricordo pubblico del suo profilo di militante comunista e di educatore di molte generazioni di studenti in provincia di Roma, si confonde e si dissolve nei ricordi dell’amico e del compagno di tante lotte, nella mancanza di una presenza fisica che non era pensabile potesse venire meno. Franco, è stato un militante comunista fin dagli anni Sessanta del secolo scorso: prima nel Pci, poi dopo l’auto dissolvimento di quel partito, in Rifondazione Comunista, ancora più tardi, deluso dalla cronaca politica di questi ultimi anni, come comunista libertario, definizione che amava, senza legami organizzativi, ma con moltissimi legami sociali: con i suoi giovani studenti, con le persone (moltissime) che gli volevano bene, con i lavoratori, con i più deboli. Franco ha iniziato la sua parabola politica in Calabria dove ha vissuto in giovinezza, anche se era nato nel 1943 a Roma: in quella regione ha compiuto la fondamentale scelta di classe, schierandosi con i subalterni e arrivando a meritarsi le attenzioni minacciose della criminalità organizzata per le denunce politiche che faceva del lavoro nero e delle condizioni di sfruttamento. In seguito, ha proseguito la sua attività politica all’Università di Messina e infine a Roma dove ha militato come studente-lavoratore: la mattina in fabbrica, la sera sui libri. Poi c’è stato l’incontro con la donna della sua vita, con la sua compagna e moglie Carla e il trasferimento a Genzano, la cosiddetta “piccola Mosca” dei Castelli Romani. Qui Franco è stato un dirigente del Partito Comunista Italiano e di Rifondazione, nonché professore di matematica nelle scuole superiori, riuscendo a far amare questa difficile materia a centinaia di studenti: sempre pronto a spiegare di nuovo, sempre disponibile al sorriso, sempre pronto all’elogio dinanzi al più piccolo barlume di apprendimento. In questo territorio della provincia romana, Franco è stato impegnato in prima fila nel movimento di lotta contro l’inceneritore di Albano; qui è stato promotore di un Gap, un Gruppo di acquisto popolare che distribuiva generi alimentari a prezzo di costo in un quartiere popolare della cittadina, in collaborazione con l’associazione Terra Sociale. È stato anche un lettore de “La Città Futura” e ha sostenuto dall’inizio la nostra rivista abbonandosi più volte. Franco è sempre stato un docente-discente, sempre appassionato del sapere nella sua complessità: si trattasse di fisica, di storia, di filosofia, di letteratura, di teatro. Adorava insegnare, ma anche leggere e imparare. Solo qualche anno fa si era iscritto all’università per cercare di laurearsi anche in medicina e in sociologia, nonostante le sue condizioni di salute fossero tutt’altro che buone. È venuto meno improvvisamente domenica 3 aprile 2022. Franco è stato un uomo profondamente buono, sempre dalla parte dei più deboli, ateo e purtuttavia così rispettoso di ogni forma di spiritualità da apparirmi una sorta di “santo ateo”. Franco è stato uno di noi, la parte migliore di ognuno di noi.

Ciao amico e compagno, ti saluto a pugno chiuso.

 

15/04/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefano Paterna

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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