Intervento e riflessioni del congresso di Rifondazione Comunista

Tale articolo contiene sia l’intervento che l’autore ha tenuto al congresso federale di Rifondazione Comunista sia spunti di riflessione derivati dalle osservazioni di altri compagni.


Intervento e riflessioni del congresso di Rifondazione Comunista Credits: https://www.rifondazionesavona.it/

Premessa fondamentale.

I governi borghesi hanno operato negli ultimi anni per tagliare tutte le forme di finanziamento democratico ai partiti. Questo ovviamente fa sì che i partiti della borghesia i quali dispongono di ingenti somme rubate ai lavoratori continuino a sostenersi mentre i partiti proletari subiscono un pesante ingessamento delle loro attività. Il Partito della Rifondazione Comunista va dunque sostenuto e per questo invitiamo tutti i compagni e le compagne a fare una donazione affinché i tagli borghesi non provochino il parziale blocco delle attività.

Sarebbe stato auspicabile aprire il congresso con una relazione approfondita sulla nuova composizione delle classi sociali, con particolare attenzione alla classe proletaria, alla situazione contrattuale degli impiegati e alla configurazione del nemico di classe, sia in ambito nazionale che internazionale. Ad esempio, è emblematica la presenza di figure imprenditoriali del settore high-tech alla nomina di Trump, che evidenzia i nuovi volti del potere economico. 

Inoltre, sarebbe stato altrettanto importante affrontare il tema delle modalità di comunicazione e dell’egemonia culturale, un meccanismo che spesso ci porta ad amare il nostro nemico e odiare il nostro amico. Una chiara fotografia della composizione delle classi sociali e del livello di egemonia culturali a cui siamo sottoposti è cruciale per il nostro partito: serve a comprendere meglio chi siamo, chi è il nostro avversario e quali sono i livelli di egemonia culturale a cui siamo soggetti. Solo così il partito potrà aprire una nuova stagione di dibattito e di rivendicazioni sociali.

Il congresso di Rifondazione Comunista si è recentemente concluso nei circoli e ha rappresentato un’occasione di confronto basata su documenti alternativi, a differenza dei congressi a tesi emendabili. Questo metodo di lavoro ha messo in luce una discussione ampia e articolata, evidenziando le differenze tra le varie aree di pensiero che convivono all’interno di Rifondazione Comunista, un’organizzazione ancora viva e animata dal dibattito politico.

Tuttavia, questa modalità ha suscitato preoccupazioni in alcuni compagni, che percepiscono il rischio di frammentazione o di eccessive rigidità nelle posizioni. D’altro canto, altri compagni hanno trovato aspetti positivi in entrambi i documenti, pur riconoscendone i limiti, ritenendo che un congresso a tesi emendabili sarebbe stato più adatto: un formato che avrebbe permesso ai militanti di confrontarsi più liberamente e di sostenere in modo più diretto un’idea piuttosto che un’altra. Questo congresso mette in evidenza, in modo significativo, la pluralità di vedute all’interno dell’organizzazione. Tuttavia, è evidente che, negli organi superiori del partito, sia la maggioranza che la minoranza debbano essere disposte a cedere qualcosa delle proprie posizioni per raggiungere una sintesi politica efficace e evitare di ingessare il partito.

Non bisogna dimenticare l’importanza del pluralismo e della sintesi politica all’interno del partito. I congressi di Rifondazione Comunista di qualche anno fa sono un esempio di questo pluralismo: in quegli anni, nei congressi federali e nazionali si potevano trovare tre diversi banchetti, rappresentativi di altrettante aree congressuali, e si discuteva su cinque documenti alternativi. All’epoca, il partito era vivo, le discussioni erano accese e contavamo qualcosa. Poi, purtroppo, sono prevalsi settarismo, opportunismo e una visione distorta della gestione interna, che ha portato all’adozione di un centralismo burocratico. Questo approccio ha soffocato il pluralismo e ha ostacolato quella sintesi politica che dovrebbe sempre emergere da un congresso.

In una concezione democratica, infatti, più sono i documenti, più il partito dimostra vitalità e capacità di rappresentare le diverse istanze presenti nella società. La storia recente ha dimostrato che molte delle organizzazioni che si sono staccate da Rifondazione per fondare piccoli partiti, incapaci di incidere sulla realtà politica, hanno di fatto indebolito il movimento nel suo insieme. È fondamentale non commettere gli stessi errori. 

Molti compagni, soprattutto dalla base di Rifondazione, hanno notato che entrambi i documenti presentati siano validi e opportuni, pur riconoscendone i limiti in alcuni punti. Tuttavia, ritengono che sarebbe stato preferibile organizzare un congresso a tesi emendabili, poiché questo avrebbe facilitato ogni compagno nel sostenere un’idea piuttosto che un’altra in modo più libero e diretto.

Alla luce del congresso a documenti alternativi che si è svolto nei circoli, e con l’obiettivo di ricompattare i comunisti, è utile ricordare l’insegnamento di Gramsci, che nel 1926 lottò per l’unità del partito leninista. Egli invitò la maggioranza a non stravincere nella lotta interna, per evitare di distruggere il gruppo dirigente bolscevico, che allora rappresentava una guida internazionale. Gli esiti di quella rottura, infatti, continuano a influenzarci ancora oggi. L’unità del partito e dei comunisti in generale, pur rispettando la pluralità delle posizioni, deve restare la bussola per il nostro cammino. Solo così potremo costruire una forza politica capace di incidere realmente sulla realtà sociale e culturale.

È positivo osservare che, in entrambi i documenti, emergono prospettive che potrebbero concretizzarsi rapidamente, soprattutto in relazione alla nuova rivoluzione informatica e all’avvento dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, ci sono anche molti punti di convergenza riguardo alla situazione internazionale, in particolare sul primo genocidio della storia trasmesso in diretta e sulla nostra incapacità di fermare il governo italiano, che continua a contribuire a questo massacro. Sostenendo un criminale come Netanyahu, ci ritroviamo divisi su cosa i palestinesi dovrebbero fare o pensare, invece di concentrare le energie sulla costruzione di una posizione unitaria e incisiva.

È condivisibile la proposta avanzata nel secondo documento di prefigurare un partito più radicato nel conflitto di classe. Tuttavia, un simile obiettivo richiede l’esistenza di un partito di quadri: compagni formati, presenti nei conflitti come dirigenti sindacali e territoriali, e capaci di incarnare una linea unitaria. Il partito sociale, per quanto importante, non può essere sufficiente a colmare queste necessità. Parallelamente, il primo documento individua correttamente l’importanza della duttilità tattica nelle alleanze, ma non chiarisce con sufficiente forza che tali alleanze, pur necessarie, non devono mai diventare l’unica essenza della politica, e devono basarsi sui programmi e non sui posti. È fondamentale ricordare che anche gli alleati, quando necessario, devono poter essere criticati.

Le uniche differenze sostanziali tra i due documenti si concentrano sulla questione delle alleanze elettorali:

  • Il primo documento non esclude, alla luce delle attuali condizioni politiche, la possibilità di allearsi con forze situate a destra del partito.
  • Il secondo documento, al contrario, considera opportuno stringere alleanze con forze politiche collocate a sinistra del partito.

L’unica mediazione possibile consiste nel non precludere, nei prossimi anni, alcuna interlocuzione politica, purché basata su un programma condiviso. Qualora si presentassero condizioni oggettive e soggettive favorevoli, sarà necessario che il partito stabilisca rapporti, anche elettorali, sia a livello territoriale sia a livello nazionale con qualsiasi schieramento politico al fine di far cadere l’attuale esecutivo. 

In ogni caso, è prioritario che il partito riprenda un dialogo costruttivo con tutte le forze comuniste o di sinistra di classe, indipendentemente dai progetti di unità che abbiamo tentato di realizzare come “Unione Popolare” al fine di promuovere:

  • L’unità d’azione della sinistra radicale.
  • Una possibile convergenza verso un’unità comunista.

Tenendo conto del nuovo posizionamento politico del Movimento Cinque Stelle e AVS, è necessario affrontare anche con loro una interlocuzione costruttiva. 

Entrambi i documenti sottolineano la necessità di aprire spazi informativi alternativi per contrastare l’egemonia culturale della classe dominante. L’unità con altre redazioni della diaspora comunista rappresenta un passaggio essenziale per creare un fronte comune e rendere più incisiva la controinformazione.

Infine i nuovi strumenti informatici offrono una valida opportunità per favorire una partecipazione diretta degli iscritti e rafforzare il dibattito interno al partito. L’adozione di tali mezzi deve essere prioritaria per ampliare e rendere più inclusivo il processo decisionale.

Tuttavia, in alcuni interventi, si è dedicato troppo spazio a critiche al Partito Democratico, trascurando la necessità di individuare le leve più efficaci per mettere in difficoltà il governo Meloni. Allo stesso modo, è stato rilevato che alcuni compagni, anche con ruoli rilevanti nella direzione del partito, hanno commesso l’errore grave di dare maggior peso (in termini di tempo di intervento) a osservazioni sulla Repubblica Islamica dell’Iran, piuttosto che concentrarsi sulle contraddizioni dell’imperialismo nostrano o su quello egemonico a guida statunitense.

Viviamo in una situazione mondiale in cui il capitalismo, in crisi anche di consenso, si vede costretto a stringere alleanze con l’estremismo religioso e politico pur di mantenere una parvenza di egemonia culturale. Questo dovrebbe far riflettere non solo sullo stato di arretratezza soggettiva in cui ci troviamo, ma anche sulla evidente debolezza della borghesia, costretta ad appoggiarsi a forze religiose reazionarie per preservare la propria egemonia È evidente la debolezza del movimento laico italiano, incapace, ad esempio, di reagire alla caduta dello Stato laico siriano. Né il movimento pacifista né quello laico hanno avuto la forza di opporsi agli aiuti imperialisti a favore delle forze reazionarie del peggior fondamentalismo islamico in Siria.

Parallelamente, non possiamo dimenticare la profonda crisi economica del capitalismo, che spinge i governi a comprimere sempre di più i salari, ridurre il potere d’acquisto delle famiglie, reprimere ogni forma di protesta e intensificare le politiche imperialiste per mantenere il controllo economico globale. Il signoraggio del dollaro, ad esempio, continua a essere un elemento chiave per gli Stati Uniti, che si trovano anche in competizione con l’Eurozona (vedi i possibili dazi trumpiani). Tuttavia, ciò dimostra che, accanto all’imperialismo egemonico a guida statunitense (paragonabile a quello inglese ai tempi di Marx), esiste anche un pericoloso imperialismo europeo, altrettanto responsabile di politiche di oppressione economica e sociale. 

I comunisti, nella storia, hanno sempre combattuto la propria borghesia e il proprio imperialismo. Non va dimenticato, ad esempio, come l’URSS abbia stipulato un patto con i nazisti nel tentativo di rinviare il più possibile e scongiurare la Seconda Guerra Mondiale, o come il PCI abbia adottato la politica dei fronti per abbattere il fascismo in Italia abbandonando la politica del socil-fascismo. Pertanto, non è affatto impensabile che io possa stringere un’alleanza con quello che considero un nemico di classe, se questo serve a contrastare la guerra e a combattere il governo italiano più a destra nella storia della Repubblica.

Se in passato il nemico principale era il PD, in quanto partito che governava l’imperialismo italiano, oggi il nemico principale è il governo Meloni. Qualsiasi tipo di alleanza – sia con forze a sinistra che a destra di Rifondazione – può essere utile per far cadere questo governo.

Come possiamo, infatti, escludere qualsiasi tipo di alleanza se non siamo nemmeno in grado di fermare la vendita di armi a Israele? La logica ci impone di riconoscere che, se i comunisti continuano a rimanere divisi in fazioni settarie, non faremo alcun progresso. È quindi fondamentale avviare un dialogo aperto con tutte le realtà comuniste esistenti, anche con quelle più distanti.

Non è utile focalizzarsi sulle piccole contraddizioni presenti in altre organizzazioni comuniste italiane e, allo stesso tempo, lodare Rifondazione, quando ancora non siamo capaci di contrastare adeguatamente questa destra al governo.

La lotta contro la frammentazione del movimento comunista internazionale è cruciale, e ora è il momento di lavorare per ricucire i rapporti, ispirandoci al più grande teorico marxista italiano, Antonio Gramsci. È evidente che la ricostruzione di un’internazionale comunista passa anche attraverso il sostegno all’internazionale antifascista proposta dal Venezuela.

Per questo è essenziale lanciare tutte le forme di unità possibile tra i comunisti, creando coordinamenti, strutture organizzative, informative ed editoriali. Altrimenti, il proletariato non capisce, si confonde delle spaccature che non avrebbe luogo ad esserci data questa situazione nazionale ed internazionale. Ecco perché è condivisibile la posizione dei giovani comunisti romani che non si riconoscono completamente in uno dei due documenti. Al fine di mantenere il partito e rilanciare e aiutare la nuova dirigenza di rifondazione che si è proposto un ordine del giorno che riprenda gli aspetti positivi di ciascun documento, in una nuova forma di sintesi. Questo processo, ovviamente, viene contrastato dagli estremisti di entrambi i documenti che hanno lo scopo di stravincere sulle posizioni.

Il nostro compito è aiutare il partito a fare sintesi. Se a livello nazionale dovesse prevalere un documento, non dobbiamo marginalizzare gli aspetti positivi dell'altro. Dobbiamo supportare il partito nell'integrare le migliori idee e nel lavorare verso un'unione di intenti che sappia sintetizzare per raggiungere un autentico centralismo democratico.

31/01/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Angelo Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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