Alcuni Comuni, tra mille difficoltà e risultati alterni, hanno istituito il Registro Comunale delle Unioni Civili che apre la speranza dell’accesso a uguali diritti per tutte le coppie, eterosessuali o omosessuali. Le pressioni contrarie del Vaticano sono fortissime. Una battaglia non solo di “civiltà” ma anche di critica a un modello economico-sociale iniquo e superato.
di Giada Galletta*
In questo articolo forniremo, per ragioni di spazio, una breve informativa che speriamo possa dare un’idea, di massima ma chiara a sufficienza, sulla questione spinosa delle unioni civili e dei diritti di tutte le cosiddette “coppie di fatto” nel nostro paese. Spinosa ovviamente perché l’orientamento del Vaticano nella vita culturale, sociale e politica ha notoriamente un fortissimo peso ed è spesso parte integrante della strategia delle classi dominanti nel nostro paese nonostante la “laicità” dello Stato. Il tema è riesploso recentemente per l’iniziativa di diversi Comuni di istituire un apposito Registro. Di cosa si tratta dunque? Il Registro Comunale delle Unioni Civili è un elenco dove iscrivere, secondo la distinzione operata dalla legge, le persone legate da vincoli non “legali” (matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela), ma “solamente” da vincoli affettivi e di reciproca solidarietà.
Con l’espressione “unioni civili”, dunque, si definiscono tutte quelle forme di convivenza fra due persone legate da vincoli affettivi ed economici che possono riguardare sia coppie di diverso sesso, sia coppie dello stesso sesso.
La questione delle unioni civili è entrata spesso a far parte di direttive riguardanti uno dei principi cardine dell’UE: tutti i cittadini dell’Unione hanno gli stessi diritti, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità, condizione sociale, dal loro credo religioso o orientamento sessuale. Già dal 1994 la Comunità Europea, infatti, ha emanato una risoluzione per la parità dei diritti di persone gay e lesbiche.
L’Italia non ha attualmente una legislazione effettiva, organica, per le “unioni civili”. Si parla pertanto di “coppia di fatto”, in quanto non riconosciuta giuridicamente. Ciò non significa, tuttavia, che un’unione stabile, sia pure “di fatto”, non faccia sorgere in capo ai conviventi diritti e doveri.
Il quadro è però frammentario, i diritti e doveri non derivano da una normativa unitaria ed omogenea, come nel quadro del matrimonio ma sono, appunto, frammentari e soltanto quelli previsti da specifiche leggi, oppure da sentenze che costituiscono precedenti (cioè la giurisprudenza) oppure da autonomia contrattuale (contratti fra conviventi, che creano diritti e obblighi solo fra di loro, come un qualunque contratto). Non è pertanto vero che la coppia “di fatto” sia irrilevante per il diritto: a dispetto del nome “di fatto” essa produce in capo ai conviventi, come abbiamo detto, diritti e doveri.
Il 15 marzo 2012 la Corte di Cassazione italiana depositava una sentenza molto importante sul tema, la n. 4184/2012, con cui ha aperto un varco verso un pieno riconoscimento della famiglia omosessuale, affermando che, in alcune specifiche situazioni, le coppie omosessuali hanno il pieno diritto di rivolgersi al giudice per far valere il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata. Nella stessa pronuncia si afferma che i componenti della coppia, a prescindere dall’intervento del legislatore in materia, sono titolari del diritto alla vita familiare, del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni.
La Cassazione ha, inoltre, precisato che la differenza di sesso non è più da considerare quale elemento naturalistico del matrimonio.
Insomma, è pur vero che il matrimonio contratto all’estero non è trascrivibile nei registri dello stato civile italiano, tuttavia, esso può produrre effetti anche in Italia, quali il sorgere del diritto della coppia gay alla vita familiare e all’unità della coppia.
Nella pratica. Empoli fu il primo comune in Italia ad adottare il registro nel 1993 seguito dal comune di Pisa nel 1996 seguiti ad oggi da 156 comuni.
La città di La Spezia nel giugno 2006 è il primo comune italiano ad aprire agli omosessuali il registro delle unioni civili. Questo provvedimento determina l’equiparazione amministrativa delle coppie di fatto a molti fini (ad esempio sui servizi cimiteriali, sui servizi sociali o sull’assegnazione delle case popolari).
Per correttezza di informazione non si può nascondere quello che è stato definito un “flop registri”: nella città di Bologna esiste dal 1999 e pare non vi sia neanche una coppia iscritta; per quanto riguarda Reggio Emilia è stato appena istituito. Invece a Varese è stato bloccato “perché non serve a nulla”; in quello di Napoli si sono iscritte sei coppie, a Firenze sono solo 7 le coppie omosessuali iscritte, mentre a Gubbio l’hanno cancellato per “inutilità”.
Certamente, come dicevamo, non a favore di un intervento legislativo/burocratico per le coppie di fatto, unioni omosessuali in primis, è la Chiesa. Cosa che pesa sulle decisioni dei partiti di governo sia a livello nazionale che locale.
Il Vaticano non prevede alcuna legislazione per la regolamentazione delle unioni civili. Le autorità considerano esplicitamente il matrimonio eterosessuale come l’unica forma di matrimonio accettabile, e il matrimonio religioso cattolico come la forma di matrimonio preferibile. Le autorità hanno preso esplicitamente posizione sia contro il matrimonio gay, sia contro le unioni civili fra persone omosessuali: il recente commento del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, è stato «Il registro delle unioni civili indebolisce l’istituto familiare».
La battaglia per l’emancipazione delle classi subalterne passa anche per l’estensione e universalizzazione dei diritti economici, politici e sociali a tutti i cittadini, quelli delle classi popolari innanzitutto, visto che da molti ne sono esclusi già per appartenenza sociale. Un tema e una riflessione, questi, che non possono non essere all’interno della battaglia che i comunisti e le comuniste sostengono in questo paese contro un sistema economico-sociale iniquo e ormai superato.
*Circolo Makwan Arcigay – Messina e Circolo PRC “P.Impastato” – Messina