L’edilizia scolastica è parte delle pari opportunità: deve essere, quindi, anch’essa compresa negli stanziamenti strutturali in bilancio e non affrontata da un ricorso casuale a quote versate da privati cittadini in riferimento ad una legge che ha altre finalità. Quote che, peraltro, possono variare di anno in anno essendo soggette agli umori dei contribuenti ed alla potenziale variabilità delle loro scelte.
di Antonia Sani
Il dissenso espresso dal Comitato Nazionale Scuola e Costituzione , di cui faccio parte, nei confronti della recente proposta dell’UAAR di destinare i fondi statali dell’8 per mille anche all’edilizia scolastica ha sollevato non poche obiezioni e risentimenti, su diversi fronti.
I laici, dalle colonne di Italialaica hanno tenuto a difendere la posizione dell’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (nel comunicato "colpevolizzata" di aver voluto partecipare al banchetto dell’8 per mille), mettendo in evidenza il diritto a contributi pubblici riconosciuto dall’UE sia a confessioni religiose che ad associazioni filosofiche. Il comunicato si riferiva peraltro, secondo alcuni, a notizie arretrate, poiché in tempi recenti l’UAAR aveva scelto di rinunciare al banchetto . Di questo “ravvedimento”, come laici, non possiamo che rallegrarci, vista la natura truffaldina degli artt .47 e 48 della legge 222/1985 attuativa del Nuovo Concordato nella parte che si riferisce ai beni ecclesiastici e al sostentamento del clero. Disposizioni che non possono essere tollerate, e tanto meno sfruttate per fini economici, da associazioni che si dichiarano laiche
E’ opportuno a questo proposito richiamare il meccanismo previsto nella L.222/85, dagli artt. 47 e 48. La quota dell’8 per mille del gettito IRPEF, liberamente versata dai contribuenti ai due soggetti secondo quanto stabilito nel Nuovo Concordato, doveva servire a garantire alla Chiesa cattolica introiti per far fronte a interventi di natura ecclesiastica che nel precedente Concordato fascista (1929) venivano direttamente sostenuti dallo Stato. L’operazione da parte dello Stato per rendere effettivi i vantaggi della Santa Sede, pur nel mutato regime concordatario, sarebbe avvenuta su due versanti: l’uno, non annunciato ma di fatto praticato(!) : consentire tutti gli spazi comunicativi alla Chiesa cattolica per assicurarle la quota maggioritaria del gettito, evitando di pubblicizzare i vantaggi derivati dall’assegnazione dello stesso allo Stato, l’altro, previsto addirittura nella legge: far sì che le quote senza indicazione, anziché essere incamerate dallo Stato, fossero suddivise tra i soggetti in campo ( altre confessioni religiose furono in seguito ammesse) “in proporzione alle scelte espresse”. La forzatura sulla libertà di coscienza di cittadini che, senza avere espresso alcuna scelta, vedono il loro 8 per mille donato alla Chiesa cattolica, di gran lunga “scelta maggioritaria”, non ha bisogno di commenti. E’ noto che la Tavola Valdese rinunciò a far parte del meccanismo truffaldino dichiarando di accettare soltanto le quote direttamente attribuite.
Per l’abrogazione degli artt.47 e 48 di questa iniqua legge ci siamo battuti subito come Comitato Nazionale Scuola e Costituzione; la raccolta delle firme avvenne assai rapidamente, ma per vizi procedurali il referendum non fu ammesso.
A completamento della ricognizione sulla normativa descritta, è indispensabile richiamare le destinazioni dell’8 per mille “a diretta gestione statale”. Si tratta di “scopi di interesse sociale e di carattere umanitario” ben precisati all’art.48: fame nel mondo, calamità naturali, assistenza rifugiati, conservazione beni culturali. (L’ impiego di questi fondi, proprio in conformità della loro destinazione, sarebbe oggi più che mai necessario!). Per la Chiesa cattolica la quota è destinata al sostentamento del clero, al culto, a interventi caritativi di carattere umanitario, come avviene per le altre Confessioni entrate nella suddivisione dell’8 per mille. Ambiti, che danno un’immagine della particolare natura di questa legge, e che dovrebbero essere resi noti ai cittadini, che nella stragrande maggioranza dei casi li ignorano.
Ora, come è noto, l’art.33 della Costituzione OBBLIGA la Repubblica a garantire pari opportunità su tutto il territorio nazionale nell’accesso al diritto all’istruzione in scuole pubbliche di ogni ordine e grado. L’istruzione non è un servizio sociale né un intervento umanitario, ma una funzione prioritaria dello Stato volta alla formazione civile dei cittadini.
L’edilizia scolastica è parte delle pari opportunità, deve essere quindi anch’essa compresa negli stanziamenti strutturali in bilancio, e non affrontata da un ricorso casuale a quote versate da privati cittadini in riferimento a una legge che ha altre finalità. Quote che peraltro possono variare di anno in anno essendo soggette agli umori dei contribuenti e alla potenziale variabilità delle loro scelte.
Sono queste le ragioni che ci hanno indotto ad opporci alla proposta dell’UAAR che appare dettata da una semplificazione inaccettabile della funzione della Repubblica sul terreno dell’istruzione. Non ci sono fondi sufficienti, tanto che ormai il peso della manutenzione degli edifici scolastici e delle spese correnti è sostenuto in gran parte dai genitori? Bene, allora attingiamoli dal gettito dell’ 8 per mille, a prescindere dalla natura e dalle destinazioni della legge.
E’ evidente che un’opinione pubblica sopraffatta dal disagio quotidiano delle classi pollaio, dei solai cadenti, dei bagni con scarico intasato e senza carta igienica, non può che accogliere con favore una proposta come quella dell’UAAR. Evviva, si sono trovati soldi pubblici, basta col tartassamento delle famiglie.
Ma c’è un ruolo che spetta ai cittadini laici e consapevoli, anche se si tratta di andare controcorrente, ossia di sfidare l’impopolarità. E’ un prezzo da pagare per contribuire a quel "cambiare verso" all’attuale modello di sviluppo che rappresenta la nostra massima aspirazione quotidiana. Si tratta di riportare a galla l’arte del distinguere su cui si fonda l’esercizio della democrazia come regola fondamentale della convivenza civile, arte oggi alquanto oscurata. Un conto è il dovere dello Stato nei confronti del diritto di tutti i cittadini all’istruzione, un conto è il compito dello Stato di provvedere alla salute dei cittadini, altro ancora è l’intervento dello Stato in ambiti socio-umanitari. Ricordo sempre una madre che si batté per rifiutare nella sua scuola l’intervento di privati per risolvere una questione legata all’edilizia continuando a sollecitare l’intervento di competenza del municipio, finché non lo ottenne. Nel frattempo il figlio non era più presente nell’istituto, ma lei era ugualmente soddisfatta di avere ottenuto il rispetto di un principio: la distinzione tra pubblico e privato sul terreno dell’istruzione.
A coloro che accetterebbero interventi economici nelle scuole provenienti dall’8 per mille, statale, sì, ma impropriamente usato, vorremmo dire che per questa via si aprono le porte a interventi, donazioni estemporanee che potrebbero risolvere immediatamente un problema, ma il risultato sarebbe la privatizzazione dell’istituzione scolastica, l’aumento della disuguaglianza tra gli istituti, la confusione di sistemi scolastici che l’art.33 della Costituzione ha voluto tenere separati proprio per la distinzione delle finalità: la scuola pubblica, di tutti e tutte, e le scuole "di tendenza".
Se poi lo Stato, costretto a raschiare attualmente il barile, vuole attingere da questa legge fondi per l’edilizia scolastica, non siamo noi a dovere suggerire un’iniziativa che si configura come illegittima. Nostro compito di cittadini rispettosi della Costituzione è richiamare i principi costituzionali e abituare l’opinione pubblica alla citata arte del distinguere. E continuare a mobilitarci, a lottare perché i caratteri della scuola della Costituzione non vengano affossati.
Non condividiamo il pessimismo di chi ci ha obiettato che “tanto, l’abrogazione del Concordato non sarà mai possibile”. Quanti muri che sembravano impossibili da abbattere sono stati abbattuti nel corso delle epoche storiche grazie alle lotte di popolo nate dalla presa di coscienza di diritti lesi a fronte di privilegi divenuti insopportabili? Questa lotta va condotta con piccoli ma costanti passi affinché l’opinione pubblica percepisca di volta in volta tutta la portata degli inganni cui siamo sottoposti per consentire alla Chiesa cattolica l’esercizio quotidiano di un privilegio.
Per questo, sperando di poter continuare a muoverci in sintonia con l’UAAR nella comune prospettiva anticoncordataria, ribadiamo la nostra contrarietà a sollecitare lo Stato all’utilizzo di fondi determinati da logiche estranee alla laicità dello Stato, per finalità prioritarie per la formazione dei cittadini cui la Repubblica deve sopperire con fondi strutturali