D. Roberto, qual è la tua analisi della fase internazionale e del governo gialloverde?
R. La fase internazionale mi sembra complessa e preoccupante, con spinte reazionarie che si affacciano in molti paesi del mondo. L’indebolimento progressivo dell’Alba in sudamerica ed ultimamente l’ascesa di un personaggio come Bolsonaro in Brasile sono un segnale chiaro in questo senso, ma anche in Europa, dall’Ungheria all’Austria, dall’Ucraina alla Polonia, sono molti gli esempi di questo preoccupante fenomeno. La storia del resto insegna che nei periodi di crisi del sistema capitalista due sono le strade che possono venir intraprese: quella rivoluzionaria di trasformazione in senso progressista della società o quella reazionaria.
Ed oggi, in una fase di debolezza della sinistra e delle sue prospettive, in molti paesi del mondo, ma in Europa in particolare, l’ascesa delle destre diventa un fenomeno difficile da arginare. Tanto più in paesi come il nostro dove in assenza di una credibile sinistra di classe, per molto tempo i governi di “centrosinistra” borghese hanno duramente attaccato i lavoratori attraverso politiche di destra liberista caldeggiate dalla troika, ed oggi sono visti come veri nemici del popolo. Dopo anni di governi PD, partiti reazionari come la lega e interclassisti-populisti come M5S, sono stati visti dal proletariato come punti di riferimento antisistema, ed oggi, nonostante mille bugie, incapacità gestionali e politiche para-razziste governano indisturbati con consensi in costante crescita.
D. Perché il movimento dei lavoratori è così debole in Italia e di che cosa c'è bisogno per rafforzarlo?
R. Ancor più che in altri paesi, in Italia la sinistra di classe, politica e sindacale, ha fatto grande fatica a rinnovare la sua azione mantenendo inalterati i principi fondanti della teoria socialista. La trasformazione genetica del vecchio PCI, progressivamente trasformatosi in un partito di centro liberista come il PD, ha lasciato macerie sul campo prettamente politico. E lo stesso è avvenuto sul piano sindacale con la CGIL, ad oggi il più grande sindacato nel paese, che mantenendo un rapporto stretto col PD ha troppe volte abdicato al suo ruolo di difesa della classe lavoratrice, per non mettere in difficoltà il partito di riferimento. Con sindacati di base sempre piuttosto deboli e divisi ed in assenza di un riferimento politico forte della sinistra di classe, a causa della parcellizzazione delle organizzazioni comuniste, il movimento dei lavoratori non è mai riuscito in questi anni ad emergere in modo tale da rovesciare i rapporti di forza. Le lotte non sono mancate, ma è stato impossibile unirle e portarle avanti con la continuità necessaria.
D. Qual è il rapporto tra le lotte sui luoghi di lavoro e quelle sul territorio, tra le battaglie politiche e quelle sindacali?
R. In questi anni la sinistra di classe spesso ha costruito lotte territoriali forti ed interessanti. Movimenti come i NOTAV, i NOTAP, i NOMOUS, o quelli che si sono opposti alle trivelle, agli inceneritori, alla devastazione del territorio, sono spesso assunti agli onori della cronaca come realtà antagoniste in grado di contrastare i governi. Per contro, in questi anni, tolto forse il movimento della scuola nel 2015, ed in parte alcune lotte dei lavoratori della logistica e dei trasporti, poco è stato fatto dal punto di vista della lotta sindacale. Ci sono stati alcuni momenti significativi in diversi ambiti lavorativi, ma nulla ha veramente messo in seria difficoltà la controparte padronale. E questo ovviamente per i comunisti è un serio problema, se come dovremmo in effetti fare, consideriamo come contraddizione principale il conflitto capitale-lavoro. Infine, qualsiasi lotta per quanto forte, senZa riferimenti politici rischia di essere sconfitta. E l’assenza di un credibile partito comunista, anticapitalista, della sinistra di classe, in grado di unire le lotte e dar loro una prospettiva di cambiamento di sistema, in questo senso nel nostro paese si è fatta sentire.
D. Che posizione dovrebbe assumere Pap sull'UE in vista delle elezioni di Maggio
R. Premetto: la mia posizione personale sull’Europa è sostanzialmente “euroscettica”. Sono nella minoranza “euroscettica” del PRC e sono firmatario della piattaforma Eurostop, contro euro, UE e NATO. Giudico l’UE come una vera gabbia, all’interno del quale qualsiasi ipotesi di politica progressiva è sostanzialmente impossibile.
I vincoli di bilancio, i trattati, il controllo del debito o di parametri fittizi come lo spread, diventano un’arma per impedire, non solo il riscatto della classe lavoratrice, ma anche lo stesso rispetto dei principi della nostra Costituzione del ‘48. In questo senso credo che presto o tardi, un piano di uscita dall’UE dovrà essere programmato, per poter dare speranza ai lavoratori del nostro paese. Certo, è evidente che per un’uscita dall’UE “da sinistra” sarebbe necessaria un’azione realmente rivoluzionaria. Per uscire senza far pagare pesantemente gli esiti della manovra ai lavoratori, occorrerebbe infatti nazionalizzare le banche a partire dalla banca d’Italia, attuare un piano per impedire la fuga di capitali all’estero, ed avviare la nazionalizzazione delle imprese strategiche e dei servizi principali, così come occorrerebbe indicizzare immediatamente i salari ed avviare accordi economici bilaterali con i paesi “non allineati”.
Insomma tutte cose che hanno certamente a che fare con un piano di trasformazione in senso socialista della società… e che oggi non mi sembrano nella nostra agenda a breve periodo. Per questo occorre anche capire, cosa conviene fare per accumulare forze e rendere possibile un avanzamento immediato della sinistra di classe. E da questo punto di vista, la posizione di Mélenchon in Francia mi sembra quella maggiormente in grado di creare i rapporti di forza necessari per la lotta dei comunisti e degli anticapitalisti in Europa nel prossimo periodo…
Unire la possibilità di lottare contro l’UE dall’interno, accumulando progressivamente forze nell’ambito del GUE e più precisamente dei paesi legati all’appello di Lisbona, agitando contemporaneamente il piano B di uscita da euro/UE (piano che nel citato testo di Lisbona, a mio avviso, non viene messo sufficientemente in evidenza) mi sembra oggi la strategia più efficace per affrontare la troika, arginando contemporaneamente le forze reazionarie che al capitale fanno finta di opporsi.
Penso infine che è a partire da questi contenuti che si possono immaginare possibili alleanze europee. Ad esempio, si è parlato molto ed in diversi modi di DeMagistris. Abbiamo avuto compagni entusiasti del suo impegno, mentre altri sono stati fortemente critici. Credo però che la domanda da fare in casi come questo sia semplice: DeMagistris è disposto ad impegnarsi nel GUE sul versante definito dall’appello di Lisbona e del “piano B” di Mélenchon? Oppure intende abbracciare la proposta compatibilista e indefinita (anche a livello di gruppo d’appartenenza in Europa) di Varoufakis o della Boldrini/SI? Perché è chiaro che, per quanto mi riguarda, in questo secondo caso nessun alleanza sarebbe possibile...
D. Di quale linea sindacale dovrebbe dotarsi Pap?
R. I lavoratori di questo paese hanno un problema grande per quanto riguarda il sindacato. Da una parte i sindacati confederali, spesso poco combattivi, orientati prevalentemente all’auto-mantenimento ed asserviti ai governi. E tra questi la CGIL, davvero poco incisiva negli anni della gestione Camusso e con una minoranza “combattiva” interna sempre più debole, che ha visto anche la storica FIOM perdere terreno sul piano del conflitto. Sull’altro versante, i sindacati di base, USB, Cobas, CUB, SlaiCobas, SGB, USI etc. etc. spesso in lite tra loro, frastagliati, settari e neanche in grado di unirsi in appuntamenti di lotta unitari.
Pur ritenendo ancora interessante ed utile l’assunto di Lenin che invitava i comunisti a entrare nei sindacati più grandi per poter parlare col maggior numero di lavoratori e modificarne l’azione, è chiaro che oggi la parcellizzazione sindacale esistente, non può che far orientare i comunisti nell’ambiente sindacale in modo complesso. Se l’obiettivo è quello di costruire lotte sempre più grandi ed avanzate, la costruzione dell’unità dei lavoratori è essenziale e la necessità di organizzare lotte trasversali alle diverse realtà sindacali evidente. Per questo motivo ritengo che PaP, come soggetto comunista e anticapitalista che ha nella classe lavoratrice il suo riferimento più importante, oggi non può dotarsi di un solo sindacato di riferimento, ma deve valorizzare il lavoro fatto da tutti i compagni nelle differenti realtà sindacali e lavorative, al fine di indirizzare le lotte di tutti verso un unico obiettivo. E in questo senso, la creazione di strutture consiliari trasversali autoconvocate, sulla scorta dei consigli di fabbrica di Gramsci o degli anni ‘70, mi sembra oggi un modo intelligente per contrastare la parcellizzazione sindacale, favorire l’unità programmatica e di lotta dei lavoratori e portare nei posti di lavoro la linea politica di PaP.
D. Che idea ti sei fatto dello scontro sullo statuto e che cosa ne pensi dell'abbandono del Prc
R. Ho provato a contrastare in tutti i modi lo scontro sullo statuto e credo che questo passaggio sia stato il peggiore in assoluto da quando è nato PaP. Non si può avviare un processo costituente con una spaccatura lacerante, ne ci si può dividere sulle regole di funzionamento, che in quanto tali dovrebbero essere condivise da tutti i componenti di un’organizzazione o perlomeno dalla larghissima maggioranza. Avrei preferito se lo scontro fosse avvenuto su discriminanti politiche come la questione delle alleanze, o la collocazione in Europa, non su regole di funzionamento che, in quanto tali dovevano essere interpretate. Col mio coordinamento territoriale di Roma - III municipio, abbiamo costruito due documenti contro la “conta” (qui e qui), ponendo come alternativa la possibilità di uno statuto unico a tesi emendabili, che sarebbe stato certamente meno dilaniante per il percorso di Potere al Popolo. Un altro appello lo abbiamo fatto con la “minoranza” del PRC, e diversi articoli con La città futura. Purtroppo nulla di questo ha avuto esito nonostante sia convinto che questo brutto passaggio avremmo davvero potuto evitarlo.
A mio avviso, nonostante gli errori legati alla vicenda dello statuto, il PRC ha comunque sbagliato a dichiarare l’uscita da Potere al Popolo, il cui percorso deve essere certamente migliorato, ma che rimane una possibilità importante di aggregazione della sinistra di classe. E questa critica all’uscita l’abbiamo espressa anche come minoranza nel documento presentato nell’ultimo CPN del PRC.
E’ però evidente che con l’allontanamento di tante formazioni comuniste, PaP rischia oggi di diventare qualcosa di molto meno interessante che agli inizi, per cui nel prossimo periodo occorrerà davvero ragionare sui motivi di questa progressiva disgregazione e correre ai ripari, riaprendo un dialogo con le forze che si sono allontanate e con quelle che mai si sono avvicinate.
D. Parlaci di te e delle tue battaglie politiche e sindacali
R. Ho iniziato a far politica nei collettivi studenteschi a scuola, ma per anni non ho fatto parte di strutture organizzate, partecipando comunque agli appuntamenti di movimento. La prima organizzazione in cui ho militato attivamente sono stati i Cobas. Da precario sono stato attivo per anni nel Coordinamento Precari Scuola di Roma (CPS).
Con molti colleghi e compagni conosciuti in quegli anni abbiamo dato vita al "coordinamento scuole Roma" e successivamente al coordinamento dei "Lavoratori autoconvocati della scuola" in cui milito tutt'oggi. In tanti anni di lotte ci siamo opposti alla riforma dell'autonomia, alla Moratti, alla Gelmini, al decreto Aprea-Ghizzoni ed alla riforma della "buona scuola". Assieme agli autoconvocati siamo stati protagonisti della grande stagione di lotta del 2014-15, culminata col più grande sciopero della scuola della Repubblica.
In questa fase stiamo cercando di rilanciare la lotta alla 107, stiamo lottando contro la regionalizzazione scuola ed abbiamo dato vita al coordinamento di PaP-scuola a Roma. Siamo stati i principali organizzatori della riunione di PaP-scuola al campeggio di Grosseto, da cui è stata lanciata una riunione nazionale di PaP-scuola, che si svolgerà l’11 novembre a Torino.
Oltre che sul piano del movimento, coi compagni degli "autoconvocati" siamo impegnati anche sul fronte sindacale. Personalmente sono RSU della mia scuola, attualmente al terzo mandato (con USB ed FLC). Sono attualmente iscritto FLC/CGIL nella componente di minoranza "il sindacato è un'altra cosa". In questi giorni, nell’ambito del congresso CGIL, coi compagni della minoranza sono stato rappresentante del documento “riconquistiamo tutto” e sono stato eletto alla camera del lavoro di Roma est.
Dal 2008 al 2011 ho fatto parte del percorso denominato "Comunisti Uniti, per la Costituente Comunista" ed al tema dell'unità dei comunisti ovunque collocati sono tuttora fortemente legato. In “Potere al Popolo” ho visto le potenzialità per raggiungere, in forma inedita, questo obiettivo. Faccio parte del comitato romano della LIP legge di iniziativa popolare per la scuola della Repubblica e sono uno dei firmatari della nuova versione per la quale, purtroppo, non siamo riusciti a raccogliere il numero di firme necessarie (ma il progetto va comunque avanti).
Ho fatto parte del “CLU - coordinamento lotte unite”, nato per unire le lotte di diversi settori del lavoro privato e pubblico a Roma. Assieme a noi della scuola partecipano ex lavoratori Almaviva, GSE, Alitalia, ACI informatica, ATAC, CLAT ed altri.
Dal 2011 sono iscritto al Partito della Rifondazione Comunista (circolo Valmelaina-Tufello). Ho deciso di iscrivermi quando il PRC ha archiviato definitivamente le stagioni del centrosinistra, sempre con l’intento di lavorare per l’unità comunista. Faccio attualmente parte del CPN (comitato politico nazionale) e del CPF (comitato politico della fed. di Roma) e nell'ultimo congresso, come in quelli precedenti, ho sostenuto il documento di minoranza. Nell’ultimo CPN ho firmato ed ho contribuito ad elaborare il documento di minoranza, in cui pur criticando le dinamiche che hanno portato alle recenti divisioni, si chiede al PRC di continuare a lavorare in PAP per portarne avanti lo spirito originale di unità anticapitalista.
Ho partecipato attivamente al percorso "No Debito". Sono firmatario della piattaforma "Eurostop". Faccio parte del comitato di redazione della rivista comunista on-line La città futura per la quale ho scritto diversi pezzi.
Dal 2009 sono iscritto all'ANPI, faccio parte del comitato provinciale romano e sono il presidente della sez. territoriale di Montesacro. L'antifascismo fa parte della storia della mia famiglia; sono il nipote di Ezio Villani, un Partigiano socialista, direttore dell'Avanti e del giornale clandestino "la scintilla", impegnato per tutto il ventennio contro il fascismo, più volte arrestato a Regina Coeli e a via Tasso. Mio nonno è stato un Padre Costituente. A livello territoriale oltre ad occuparmi del coordinamento delle scuole del III municipio, mi coordino da anni con diversi compagni per tentare di costruire reti trasversali della sinistra di classe, da quelle per affrontare il referendum sull'art.18 a quelle del referendum sull'acqua del 2011.
Sono stato attivo nella rete antirazzista (con la quale abbiamo dato il via alla tradizione delle "feste del 1° maggio al tufello") diventata poi "rete sociale terzo municipio", che si riunisce nel mio circolo PRC e nel quale faccio tutt'ora attività. Con questa rete territoriale abbiamo affrontato la raccolta firme e la campagna per i referendum sociali (inceneritori, scuola, beni comuni) e quelli costituzionali, abbiamo dato sostegno, in collaborazione con Asia-USB, al comitato case popolari tufello, ed abbiamo ragionato sull’audit municipale. È dalla rete sociale che naturalmente si è sviluppato il coordinamento territoriale di Potere al Popolo nel III municipio, uno dei più attivi di Roma. Col coordinamento PaP III municipio abbiamo affrontato la campagna elettorale nazionale e regionale e successivamente quella municipale, dove sono stato candidato consigliere. Attualmente lottiamo contro le esalazioni del TMB salario, ci coordiniamo per evitare la penetrazione fascista nel nostro territorio, ci stiamo occupando di trasporto pubblico, contro la privatizzazione di ATAC, sostenendo il NO al referendum voluto da radicali e PD.
D. Quali sono i motivi che ti hanno spinto a candidarti?
R. Dopo anni di progetti fallimentari basati sulla riaggregazione indistinta della sinistra e culminati col “Brancaccio” ho vissuto Potere al Popolo come un progetto finalmente entusiasmante, in grado di riaggregare i comunisti e la sinistra di classe anticapitalista in un unico soggetto politico finalmente autonomo e contrapposto alla sinistra liberal (LeU, sinistra italiana, Possibile) ed al PD, partito di riferimento della classe padronale europea. Un progetto finalmente unitario, ma collocato in uno spazio politico chiaramente anticapitalista, con una linea chiara di contrapposizione all’Europa dei trattati (l’appello di Lisbona) svincolata dai recenti fallimenti della linea “eurocompatibile”.
Gli errori, le tensioni e le uscite progressive di tanti compagni dal progetto hanno certamente dato un duro colpo a questo sogno. La speranza di veder realizzata in tempi brevi l’unità comunista ed anticapitalista nel nostro paese… Ma come si sa i comunisti sono tenaci e prima di darsi per vinti occorre veramente lottare fino all’ultimo sforzo. Con questo spirito mi candido per il CN di PaP, nella speranza di dare un contributo alla riaffermazione del progetto come costituente dei comunisti e degli anticapitalisti ovunque collocati.
D. Come hai intenzione di interpretare il tuo mandato se venissi eletto
R. L’interpretazione è quella della riaffermazione dello spirito unitario originale di PaP, evitando ovviamente di cadere nella logica dell’intergruppi, ma favorendo in ogni modo la riaggregazione delle organizzazioni e dei compagni fuoriusciti dal progetto, nel rispetto della collocazione politica anticapitalista, nell’ambito europeo dell’appello di Lisbona. Mi piacerebbe dare un contributo per la riapertura di canali di comunicazione col PRC, con SA, col PCI, ma anche con altre organizzazioni che non hanno ancora partecipato a PaP (PC, PCL etc.), se non per un’auspicabile riunificazione programmatica ed organizzativa, perlomeno in una logica di Fronte comune di lotta politica. Staremo a vedere ovviamente, la fase non è semplice, ma al pessimismo della ragione ho sempre preferito l’ottimismo della volontà!