Il 16 aprile la giudice Antonietta Guerra ha rinviato a giudizio, con prima udienza il 7 ottobre, il filologo classico e storico Luciano Canfora per aver definito Giorgia Meloni “neonazista nell’anima”. All’epoca delle dichiarazioni di Canfora la Meloni era la leader dell’opposizione in parlamento, mentre il Presidente del Consiglio dei ministri era Mario Draghi.
Premesso che l’incontro con gli studenti, avvenuto il 11 aprile 2022, presso il liceo scientifico Enrico Fermi di Bari aveva avuto per tema il conflitto russo-ucraino, la frase pronunciata da Canfora era stata dichiarata in relazione alle posizioni che la Meloni aveva assunto e sostenuto con vigore nei confronti del conflitto russo-ucraino. La Meloni non aveva condannato il rilancio mediatico del nazismo, avvenuto con le immagini del battaglione Azov, che affiancava l’esercito ucraino. Ne nasce un caso formalizzato su un reato che presenta una forte componente di opinione, in quanto la frase di Canfora è stata pronunciata verso le posizioni assunte dalla Meloni.
La giudice − come ha riferito il legale di Canfora, Michele Laforgia, che ha riportato ai cronisti il testo del provvedimento che ne ha disposto il giudizio − ha deciso che è necessario che ci sia il processo perché si deve avere “un'integrazione probatoria approfondita che non è compatibile con la struttura dell'udienza predibattimentale”.
Al di là dei tecnicismi giuridici, è chiaro che per la giudice occorre una documentazione probatoria per dimostrare l’esistenza della diffamazione, che è stata imputata, e, quindi, sarà il giudice monocratico Pasquale Santoro a presiedere il dibattimento. Giorgia Meloni dovrà dimostrare che all’epoca dei fatti non mostrava pubblicamente un’immagine di sé tale da non manifestarsi come una “neonazista nell’anima”, quando la frase è stata pronunciata da Luciano Canfora? L’interrogativo è d’obbligo in quanto non è sicuro che deporrà in tribunale.
La Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto un risarcimento di 20mila euro per il “rilevante danno morale ingiustamente subito”, come è stato diffuso dai media. La Presidente Meloni com’è noto si è costituita parte civile con l’avvocato Luca Libra nell’udienza predibattimentale del 16 aprile 2024, che ha rinviato a giudizio Canfora, ma l’avvocato Michele Laforgia aveva chiesto il proscioglimento dell'imputato in quanto "il fatto non sussiste”, “non costituisce reato”, e “non è punibile per l’esercizio del diritto di critica politica”. Per quanto se ne sa il tutto è centrato sulla frase pronunciata da Canfora “neonazista nell’anima”. Ritengo che per “neonazismo” Canfora intendesse l’orientamento ideologico-politico generale della Meloni. Come dimostrerà la Meloni che nessun sentimento neofascista alberga nella sua anima?. Nella trasmissione “Otto e Mezzo”, puntata del 16 aprile, Canfora, ha chiarito e ben spiegato cosa significava l’appellativo da lui usato.
Il 16 aprile, all'esterno del palazzo di giustizia di Bari in via Dioguardi ci sono state varie manifestazioni con le bandiere dell'Anpi e della Cgil che hanno accolto l'arrivo in tribunale di Canfora con un grande applauso. Le manifestazioni hanno avuto un’ottima visibilità mediatica perché è chiaro che, sebbene sia un caso giudiziario, presenta rilevanza politica. Una prima questione sta nel fatto che la Presidente del Consiglio dei ministri, con il suo potere di autorità, che è come sappiamo è alto, porta in tribunale un privato cittadino, anche se Canfora è un personaggio pubblico per le sue attività di studioso e non per altri titoli politici-istituzionali.
Questo caso fa parte di una serie di querele che la Meloni ha attivato contro giornalisti e storici. È stato osservato che la lotta politica per la Meloni è quella di trascinare in tribunale i suoi avversari, mentre come Presidente del Consiglio dei ministri non dovrebbe utilizzare i tribunali per questioni non di rilievo istituzionale. Questo è un aspetto preoccupante per la democrazia nel nostro Paese, in quanto l’articolo 21 della Costituzione, al primo comma, impone: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Ritengo che Canfora con la dichiarazione che Giorgia Meloni sia “neonazista nell'anima” abbia espresso una propria opinione, e per il nostro ordinamento giuridico non è previsto il reato di opinione. Il caso Canfora è, quindi, politico e da leggere contestualmente all’agire politico della Meloni, che all’epoca dei fatti imputati a Canfora non era Presidente del Consiglio dei ministri. Si ricorda che la Meloni non ha mai ha dichiarato pubblicamente di essere antifascista per motivi politici, questo nonostante la nostra Costituzione, su cui ha giurato, sia antifascista; infatti tra le “disposizioni transitorie e finali” la XII impone che: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Quindi, essendo la non ricostruzione del partito fascista sotto qualsiasi forma una disposizione costituzionale, il fascismo non è considerato un’opinione o un orientamento ideologico, ma un reato.
Purtroppo, stiamo assistendo da alcuni anni al rilancio delle re-interpretazioni del fascismo e del nazismo, che non vengono esplicitamente condannate dalla Destra. Anche la Meloni, quando si sono presentate le note vicende del conflitto russo-ucraino, che hanno rilanciato le vicende belliche con le immagini simboliche naziste del battaglione Azov, non ha preso le distanze, neanche successivamente come Presidente del Consiglio dei ministri. Giorgia Meloni non ha assunto una posizione esplicitamente antifascista. Come se non bastasse, le dichiarazioni forti degli esponenti della Destra - come quelle del Presidente del Senato La Russa sull'assenza di antifascismo in Costituzione o sulla statua del Duce nella propria casa -, in assenza di una presa di distanza dal fascismo, mostrano il fianco ad eventuali accuse di essere "nazisti nell’animo". Ecco che, dopo l'accusa ricevuta, allora scatta la denuncia, scambiando opinione con diffamazione. Vedremo come la Presidente del Consiglio dei ministri in tribunale dimostrerà che non è “neonazista nell’animo”.
Queste sono le mie interpretazioni sul rinvio a giudizio di Luciano Canfora. Contemporaneamente il quadro politico in Italia si presenta sbilanciato rispetto alla Costituzione per via della riforma del premierato, che di fatto, oltre a limitare i poteri del Capo dello stato e del Parlamento, rilancerà l’autoritarismo istituzionale e con esso i poteri dello stato non saranno più separati e autonomi tra di loro, poiché l’equilibrio istituzionale sarà gestito dal Premier che verrà eletto. Con il premierato i vari poteri dello stato verranno cogestiti centralmente e il Parlamento avrà minori poteri. Altra tegola che ci cadrà addosso è la legge dell’autonomia differenziata, mediante la quale avremo regioni di serie A e regioni di serie B. La strada che è stata scelta dalla Destra per questa legislatura è quella di cambiare la Costituzione e di fare in modo che in fondo al viale delle riforme non saremo più cittadini ma semi-sudditi e avremo un’Italia ulteriormente liberista, gestita completamente dai poteri finanziari.
Non vorrei che il caso Canfora possa rappresentare un esperimento della Destra per affermare primariamente l’autoritarismo della Presidente Giorgia Meloni e per fare in modo che nessun cittadino comune possa pubblicamente esprimere giudizi contro il governo. L’obiettivo potrebbe essere quello di determinare uno stato di tensione continua tale che le opinioni contro il governo vengano represse. Sappiamo bene che quando c’è tensione c’è anche uno stato di paura strisciante, in quanto è presente un pericolo continuo di poter essere denunciati se si esprimono opinioni contro il governo. Cambiare questo stato di cose non sarà facile e dobbiamo, oltre all’attivismo politico, essere osservatori delle tendenze dialettiche nel quadro governativo.