Lunedì 19 maggio il Consiglio europeo ha approvato il SAFE (Security Action for Europe), strumento di Azione per la Sicurezza dell'Europa, con un primo fondo di 150 miliardi di euro, voluto con determinazione dalla Commissione europea per rafforzare gli investimenti nella difesa. Investimenti dei quali non c’è alcun bisogno, nessuno vuole invadere l’Europa, tanto che la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato in modo generico e molto strumentale: “Più investiamo nel equipaggiare i nostri eserciti, meglio saremo in grado di scoraggiare quelli che vogliono danneggiarci" [1]. Ok Presidente, l’Europa non è un’area di stupidi che si nutrono di bugie conclamate. Ma chi sono quelli che vogliono danneggiarci? Lo spieghi! Metta per iscritto dicendo chi sono e presenti le prove.
Manca solo il via libera formale del Consiglio Affari generali del prossimo 27 maggio e sarà pienamente operativo. Entrerà immediatamente in vigore. Nessuna attenzione alle 8 associazioni pacifiste che hanno lanciato l’appello “Stop ReArm Europe”, denunciando che il piano di riarmo europeo andrà solo a beneficio dei produttori di armi in Europa, negli Stati Uniti e altrove. La Commissione Ue e il Consiglio europeo non investendo il Parlamento Europeo hanno reso il riarmo operativo in tempo reale. La libertà degli Stati e la difesa comune, che tanto hanno agitato, è soltanto un ricordo: gli Stati Ue che si armeranno detteranno la politica della difesa che sarà a vantaggio soltanto dei loro guadagni. Il piano SAFE si articola in due categorie principali di spese ammissibili: la prima riguarda munizioni, missili, sistemi di artiglieria e capacità di combattimento terrestre, inclusi droni e sistemi anti-drone; la seconda comprende difesa aerea e missilistica, capacità navali, trasporto aereo strategico, sistemi spaziali e tecnologie basate sull’intelligenza artificiale.
Il riarmo Ue, voluto con determinazione da Ursula von der Layern, diventa operativo. Questa è una tappa del rilancio dell’economia di guerra, per la quale è stata eletta.
Al riguardo è stato significativo durante la sua elezione che tanto Giorgia Meloni quanto il Pd, che accettò la nomina di Raffaele Fitto a Commissario europeo, hanno operato insieme per una svolta senza ritorno. Era tutta una partita. Con il rilancio dell’economia di guerra avremo, progressivamente, un ulteriore impoverimento dei cittadini. La Banca Centrale Europea ha pubblicato il documento dal titolo Financial Stability Review, un report, che a detta dello stesso vicepresidente della BCE Luis de Guindos, “ha lo scopo di promuovere la consapevolezza dei rischi sistemici tra i decisori politici, il settore finanziario e il pubblico in generale, promuovendo in ultima analisi la stabilità finanziaria” [2]. Stabilità che ora è legata soltanto agli investimenti nella produzione di armi. Il vicepresidente della BCE Luis de Guindos forse non ha capito che a Ursula for der Leyen e ad António Costa, presidente del consiglio europeo, non gli interessano le sue analisi a nome della BCE, loro lavorano per affermare in Europa vari conflitti bellici dai quali fare guadagni leciti o illeciti, ma che producono sempre profitti. Comunque, il documento della BCE consente di capire quale tipo di impatto sull’economia degli Stati, quindi sulle casse degli Stati e sulle tasche dei contribuenti, si potrà avere grazie al piano di riarmo, voluto da Ursula von der Leyen. Bruxelles non ascolta nessuno. È noto che l’Unione europea è nata esclusivamente per essere uno strumento attivo delle multinazionali. Fino a quando le privatizzazioni sono state attive di armi non si parlava, ma poiché le privatizzazioni tendono a non essere più redditizie ecco che s’investe nel settore delle produzioni degli armamenti in assenza di pericoli certi, registrati e certificati. Il parlamento si è fatto emarginare e non potrà in futuro dir nulla sulle aziende che producono armi. In pratica il parlamento europeo si è azzerato, non c’è stato nessun gruppo parlamentare che si sia, per davvero, opposto a voleri dittatoriali dell’economia di guerra di Ursula von der Leyen: il riarmo è passato liscio come l’olio. Il consiglio europeo non ha minimamente obiettato e si è comportato come un perfetto strumento delle aziende multinazionali della produzione di armi.
Nell’ambito del piano di riarmo, la Commissione Europea ha proposto agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa dell’1,5% del loro prodotto interno lordo annuo per quattro anni, e non è stato per caso che il Parlamento tedesco ha approvato l’istituzione di un fondo di 500 miliardi di euro per i progetti strategici ed ha cambiato la Costituzione per aumentare le spese militari, tanto che è in corso un’esenzione dai limiti di indebitamento imposti dal Patto di stabilità che le verrà concessa. La Germania però non pensa soltanto a sé stessa, perché ha una vocazione alla guerra che sta rilanciando; infatti la decisione del dispiegamento permanente della quarantacinquesima brigata corazzata tedesca in Lituania, inaugurato il 22 maggio, ha segnato per la prima volta dal 1945 che soldati tedeschi stazioneranno stabilmente oltre confine con l’incarico di sorvegliare la frontiera orientale dell’Alleanza Atlantica [3]. È un atto concreto di una strategia maturata dopo l’attacco russo all’Ucraina del 2022, ignorando, come sistematicamente ha sempre fatto la Germania, le cause dell’intervento russo per la difesa dei russofoni. Al riguardo la ex-cancelliera Angela Merkel, che ha sottoscritto gli accordi di Minsk, mai niente ha detto pubblicamente, da perfetta tedesca, quale fosse il quadro d’intervento russo in Ucraina. Si tratta per la Germania di una svolta militare di alto livello con piani mirati che fa perno sulla deterrenza, la nota teoria astratta che non presenta mai prove verificabili e quindi non ha concretezza. Questa strategia di deterrenza ha come protagoniste l’Estonia, la Lettonia e la Lituania che, per loro dichiarazioni, sarebbero strette fra l’exclave russa di Kaliningrad e la Bielorussia, legata alla Russia. Ma cosa vogliono questi Stati? Non si rendono conto che il quadro territoriale odierno è il risultato delle scelte che l’Occidente, la Ue e gli Stati Uniti hanno fatto prima degli anni Novanta dissolvendo L’Unione Sovietica con lo scioglimento del partito comunista russo. Come è stato dichiarato dai media, la presenza di quattromila e ottocento soldati tedeschi ridurrebbe il tempo di reazione in caso di minaccia e renderebbe tangibile l’impegno di mutua difesa sancito dall’articolo 5 del Trattato Nato nord-atlantico. Ecco come si sta immaginando un conflitto contro la Russia nel nord Europa. Si spera che la Russia non accetti questa provocazione, perché tale è. Quindi ancora richiesta di armi per l’industria europea della difesa. Nonostante i media agitino che la Russia minacci i paesi baltici [4] al momento non esiste la possibilità di un intervento russo né in Lituania né negli altri Stati.
Cosa possiamo fare ci si chiede. Purtroppo il voto in ambito Ue è stato reso inutile ed era già noto. Non era mai successo che il parlamento europeo venisse non solo emarginato ma azzerato e che gli europarlamentari per quieto vivere si auto ombrassero sul tema: nessuno di loro parla al bar ne parleranno. Non possiamo certo accettare che il riarmo diventi traduzione operativa di nuovi conflitti bellici che oggi non ci sono ma sono presenti in astratto e che con le provocazioni continue della Germania, che è molto brava al riguardo, possono diventare reali. L’economia di guerra è imprevedibile ed è legata ai profitti, quelli veri che producono soldi e soldi e sempre di continuo soldi. Che poi la miseria diventi esponenziale ai Signori di Bruxelles non interessa un fico secco, dirigono i mercati finanziari che hanno brindato ad Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea e ad António Costa presidente del Consiglio europeo.
Note:
[1] Ue: accordo sul fondo Safe da 150 miliardi per la difesa, Il Sole 24 ore, 21 maggio 2025.
[2] “Nuove tasse e tagli allo stato sociale per le armi di Ursula”, la conferma della BCE, Byoblu24, 24 maggio 2025.
[3] La Germania fa sul serio sul riarmo, Radionoff, 23 maggio 2025.
[4] La Russia minaccia i Paesi baltici e la Lituania: "Vilnius appartiene a noi, non resisterebbero un giorno", V: Notizie, Gabriele Silvestri, 12 gennaio 2025.