Tra la fine di luglio e i primi di agosto si è tenuta un’ampia conferenza virtuale [1], inizialmente programmata per maggio, ma poi rimandata per la pandemia, apparentemente ignorata anche da chi si richiama alla sinistra radicale; conferenza che ha visto la partecipazione di 39 organizzazioni legate al Frente de Izquierda de los Trabajadores (Argentina)di matrice trotskista, oltre ad altri dieci gruppi invitati, non sempre consistenti e in molti casi presenti unicamente su Facebook (in totale di 15 paesi). Questi ultimi, legati ad altre tradizioni marxiste, sono rappresentati per la Bolivia dal Partito socialista rivoluzionario e dal Partito dei lavoratori, per il Brasile da Lotta per il socialismo e Piattaforma Contropotere, per il Perù dal Collettivo uniti per Tacna, per l’Ecuador dal collettivo Eloy Alfaro, per il Messico dalla Lega di Unità socialista, per gli Stati Uniti dai Comitati contro la guerra in solidarietà con le lotte, da Parla ora (Speak out now) e dal Collettivo Tempesta. Queste organizzazioni provengono da differenti tradizioni della sinistra, hanno partecipato attivamente al dibattito, mostrando un’ampia condivisione dei temi proposti nell’appello alla conferenza, pur essendosi palesate delle differenze [2].
Naturalmente, particolare interesse hanno suscitato la presenza dei protagonisti delle lotte che si stanno sviluppando nella più grande potenza imperialista, e dell’economista Plinio Sampaio Junior, prima militante del PT di Lula e poi passato a Contropotere e alla sinistra del Partito socialista e libertà, critico verso la politica giudicata troppo timida dei dirigenti del Partito dei lavoratori, di cui uno dei fondatori fu proprio suo padre. Invece, non ha partecipato la LIT-CI (Lega internazionale dei lavoratori, Quarta Internazionale) per un mancato accordo sui temi da trattare.
L’appello alla partecipazione, lanciato dal Frente de Izquierda y de Unidad de Argentina (formato dal Partido de los Trabajadores socialistas e dal Partido obrero), che ha oggi due deputati nel Congresso argentino, si fonda sull’assunto che ormai siamo entrati in un nuovo scenario mondiale segnato da sollevazioni operaie e popolari. Il crollo dei prezzi del petrolio e le conseguenze della pandemia hanno generato una caduta generalizzata delle borse il 9 di marzo passato, disvelando la grave crisi della quale si erano già date molte avvisaglie. Gli effetti di questo aggravamento sono in pieno sviluppo, ma è assai probabile che acuiranno la tendenza allo scontro di classe (dal basso), che preoccupano – come si è visto – i decisori mondiali.
Secondo i partecipanti, le regioni più calde di questo processo si trovano in Medio Oriente, in America Latina, oltre che negli Stati Uniti e in Francia con il fenomeno dei gilets gialli. In America Latina la lotta è condotta dal popolo lavoratore cileno contro la finta democrazia post Pinochet, in Ecuador, in Bolivia contro il colpo di Stato, a Porto Rico per l’indipendenza, a Costa Rica, in il Brasile contro il fascista Bolsonaro etc. e in tutti i casi il denominatore comune sta nell’opposizione alle politiche neoliberali, che intendono imporre ulteriori misure di austerità e di conseguente impoverimento delle masse popolari.
Antecedenti di queste lotte sono stati rintracciati nelle cosiddette primavere arabe, la dura resistenza dei palestinesi, la ribellione del popolo libanese e ad altre lotte, come quella di Hong Kong, che però potrebbe non essere tout court accomunata alle altre qui menzionate (questo è un caso in cui sarebbero necessari ulteriori approfondimenti). Segnali importanti giungono anche dal movimento delle donne e della gioventù che nei vari paesi si trovano nelle condizioni di supersfruttamento per le condizioni precarie di lavoro (si calcola che in America Latina e negli Stati Uniti i lavoratori informali oscillino tra il 60% e l’80% della popolazione attiva).
In Francia la lotta dei lavoratori, in particolare contro la Riforma delle pensioni, ha mostrato tutto il suo potenziale strategico, paralizzando le città principali, in primis la barricadera Parigi, benché la burocrazia sindacale non abbia colto l’occasione per dar vita a uno sciopero generale, che mettesse insieme tutti gli sfruttati per assestare una sonora sconfitta al governo Macron. Purtroppo tutti questi movimenti mancano ancora di una direzione coordinata e centralizzata che ostacola la formazione di un movimento diffuso, organizzato ed omogeneo nelle sue finalità.
Sullo sfondo di queste sollevazioni sta la crisi del capitalismo che ha generato un profondo malcontento tra i lavoratori, ma che potrebbe avere esiti contraddittori, ossia soluzioni di destra, nazionaliste, xenofobe, imperialistiche. Esempi di queste uscite reazionarie della crisi sono, sempre secondo i partecipanti, la Brexit, con la quale Trump ha indebolito la Unione europea, la stessa fallimentare presidenza Trump, che ha avviato una guerra commerciale con la Cina per mantenere il vacillante predominio globale degli Stati Uniti ed insiste con la sua politica di destabilizzazione del Medio Oriente. In America Latina la svolta a destra è rappresentata dai presidenti Piñera, Bolsonaro, Duque, oltre che dalla signora Añez e dall’impresentabile Juan Guaidó, e si è concretata nel colpo di Stato reazionario in Bolivia, mollemente contrastato dal MAS ma non dalle classi popolari lasciate a se stesse, oltre dai continui attacchi al Venezuela e allo sterminio degli oppositori in Colombia.
Inoltre, l’economia mondiale sta andando sempre più precipitosamente verso la recessione momentaneamente bloccata grazie ai giganteschi finanziamenti alle banche da parte degli Stati dopo la crisi del 2007-2008.
La diffusione a livello planetario del COVID 19 ha paralizzato la produzione, il commercio, il turismo, ha accelerato la caduta delle borse acuendo la tendenza recessiva già rilevante. I tagli alla spesa sociale, le misure di austerità continueranno a danneggiare sempre più i sistemi sanitari pubblici sia nei paesi periferici che in quelli centrali, come è avvenuto in Italia e ancora di più in America Latina.
La capacità di affrontare una nuova recessione internazionale è assai inferiore a quella di circa dieci anni fa, dato che le risorse degli Stati per sostenere il capitale si sono pressoché esaurite. D’altra parte, questa ennesima crisi capitalistica ha generato l’intensificazione delle guerre commerciali, dalle quali potrebbero scaturire ulteriori tensioni internazionali e veri e propri conflitti bellici dagli esiti disastrosi per tutta l’umanità.
Gli altri punti salienti dell’appello alla partecipazione alla conferenza virtuale sono il complicato tema dell’indipendenza di classe delle organizzazioni rivoluzionarie. Secondo gli estensori dell’appello la politica di collaborazione di classe ha costituito in particolare in America Latina il principale ostacolo ad un esito vittorioso della lotta dei lavoratori; ciò è stato dimostrato dalla politica del PT brasiliano e del PSOL boliviano, che hanno sostenuto alleanze politiche con sfumature nazionalistiche senza delimitare precisi confini di classe.
Su questo punto si sono registrate importanti divergenze: il PO si è mostrato più rigido, mentre il FIT-U più possibilista, prefigurando a seconda della situazione politica dei paesi latinoamericani la collaborazione con quelle correnti, interne ai partiti, per sviluppare la lotta di classe, portando avanti il programma di azione votato nella Conferenza. È stata respinta dal MST-LIS la proposta di proseguire la discussione con un Bollettino di discussione comune.
Altri punti importanti dibattuti nella Conferenza sono stati l’appoggio a livello internazionale alla lotta antimperialista, contro le misure antipopolari (licenziamenti, precarizzazione etc.), il ripudio del debito, l’uscita dal FMI, l’opposizione alle privatizzazioni, il rifiuto della criminalizzazione della protesta sociale (come si è visto in particolare in Cile e negli Stati Uniti), l’espulsione delle basi militari statunitensi dal subcontinente, il forte sostegno all’emancipazione femminile, l’ipotesi della creazione di un’Unione socialista dell’America Latina e del Caribe che appoggi con forza le rivendicazioni dei lavoratori e dei giovani statunitensi concretatesi nel movimento Black lives matter. E last but not least la costruzione di partiti rivoluzionari ovunque e il rilancio di una società socialista internazionale, dato che è oggi assolutamente necessario che la sinistra radicale esca dalla marginalità, cui è stata condannata dalla dissoluzione dell’Unione sovietica e dalla politica opportunistica dei grandi partiti comunisti occidentali.
Naturalmente i partecipanti alla Conferenza hanno espresso la volontà di dare il sostegno al popolo boliviano, a quello venezuelano e a quello cubano contro le ingerenze imperialistiche, anche se esprimono una serie di critiche nei confronti dei governi che hanno retto (Evo Morales) e reggono questi paesi. Qui più dettagli sulle risoluzioni della Conferenza.
Oltre alla differenza già segnalata sull’indipendenza di classe un'altra divergenza rilevante riguarda la valutazione della natura dello scontro Stati Uniti / Cina. Scartando l’ipotesi della fine degli Stati nazionali e dello sviluppo di una cooperazione tra gli Stati capitalisti, interessati tutti allo sfruttamento profittevole della forza-lavoro, Cristian Castillo del PTS sostiene che gli Stati Uniti combattono la Cina per impedirle di avanzare a livello economico e politico internazionale. Ma ciò non significa guerra guerreggiata nell’immediato, senza escludere forme di guerra ibride e per procura; cosa invece di cui sembrano essere convinti gli esponenti del PO; convincimento che li spinge a classificare come progressivi lo Stato russo e quello cinese, mantenendo per esempio buone relazioni con il Partito dei Comunisti unificati della Russia che intrattiene buone relazioni con Putin.
Come il XX secolo per il PTS la nostra epoca costituisce ancora una fase di crisi, guerre e rivoluzioni, di conseguenza bisogna agire tenendo conto di questo carattere della fase e operando per far finalmente pagare gli straordinari costi della crisi ai capitalisti, i quali si sono beneficiati di tutti gli aumenti di produttività degli ultimi decenni e del restringimento dei diritti dei lavoratori.
Non tutte le organizzazioni politiche latinoamericane valutano positivamente l’esito della conferenza. Per esempio, la Tendencia del Partido obrero, distaccatosi dal PO che fa parte del FIT-U, la considera fallita, avendo raggiunto l’unico risultato di programmare una giornata di lotta (il 27 agosto) presso tutte le ambasciate statunitensi a sostegno alle rivendicazioni antirazziste e anticlassiste.
Concludendo, ci asteniamo da qualsiasi commento, dato che bisognerebbe conoscere a fondo le ragioni delle dispute che lacerano questi gruppi pur sempre minoritari, rammaricandoci del fatto che, dinanzi alla feroce ristrutturazione capitalistica che ci aspetta, dobbiamo ancora confrontarci con queste divisioni ed attribuire la palma della vittoria a chi pretende di aver previsto tutto.
Per quello che capisco dovrebbe essere abbandonata ogni forma di litigiosità e di animosità e guardare ai disaccordi come problemi da risolvere con pacatezza e con un ragionamento equilibrato, tenendo sempre conto delle diverse condizioni oggettive. Invece, questa conferenza, che a mio parere costituisce un tentativo importante, ci mostra che il fronte dei lavoratori è ancora estremamente frammentato e non all’altezza dei gravi problemi generati dalla congiuntura internazionale.
Note
[1] L’11 di luglio passato era stata organizzato un collegamento internazionale contro il razzismo e la violenza poliziesca. Si tenga presente che queste organizzazioni trotskiste fanno parte della Red Internacional La Izquierda Diario, presente in 17 paesi e che si esprime in 7 lingue diverse, un canale multimediale che ha raggiunto circa un totale di visite mensili di 13 milioni di interessati, anche se ciò ovviamente non significa che i visitatori siano dei militanti veri e propri.
[2] La conferenza era organizzata in vari gruppi e dibattiti, come La crisi mondiale e la ribellione nell’impero, Il movimento operaio latino-americano, e comprendeva una sessione plenaria durata parecchie ore.