Le prospettive dei Brics - L'ufficio India

Un excursus nell’economia e nella società dei cinque paesi in via di sviluppo per ragionare sulle loro prospettive.


Le prospettive dei Brics - L'ufficio India Credits: Shri Narendra Modi Ignites Hope & Optimism on Independence Day by Narendra Modi on www.flickr.com CC

Un excursus nell’economia e nella società dei cinque paesi in via di sviluppo per ragionare sulle loro prospettive.

“Se la Cina è la fabbrica del mondo, l’India è il suo ufficio, la Russia la stazione di rifornimento e il Brasile la fattoria”
(Paul Krugman, premio Nobel per l’economia)

di Ascanio Bernardeschi

Parte VI – L'ufficio India

L'India è un colosso asiatico fortemente proteso verso il superamento del passato coloniale e verso l'occidentalizzazione. Dopo il crollo dell'URSS, a cui era strettamente legata sia per il modello di economia pianificata che per fattori strategici internazionali, si sono gradualmente ricostruiti i legami con l'Occidente, che erano giunti a un minimo storico. Per esempio, l'interscambio commerciale con gli USA è quasi decuplicato dal 1990 al 2010.

Nello scacchiere internazionale il tema principale è rappresentato dal contenzioso con il Pakistan sul Kashmir ma anche da tensioni e interessi contrapposti con la Cina, che in passato hanno prodotto anche scontri armati, mentre oggi i rapporti tra queste due grandi potenze asiatiche tendono ad approfondirsi. Il tentativo è quello di incrementare la propria sicurezza creando alternative al solo legame con gli Stati Uniti, con cui comunque continuano ad intensificarsi i rapporti. Specularmente, il ritrovato rapporto con gli USA – questi ultimi hanno interessi contrapposti a quelli della Cina – costituisce anche uno strumento per meglio fronteggiare i vicini e potrebbe costituire uno degli elementi di debolezza del sodalizio dei Brics.

L'India – che possiede anche armamenti nucleari – aspira a diventare una nazione ricca e una potenza mondiale entro il 2020, ad esercitare notevole influenza in ambito internazionale, particolarmente tra i paesi in via di sviluppo, e, come il Brasile, a conquistare un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Anche per questa via, con India e Cina non disposte ad accettare limitazioni al loro ruolo internazionale, viene messa in discussione la supremazia e l'ordine sovranazionale di impronta americana.

L'apparato produttivo è fatto  di attività sia a bassa che ad alta tecnologia, all'interno delle quali assume notevole rilievo il comparto delle tecnologie informatiche. Più della metà del PIL proviene dal settore dei servizi, cosa abbastanza singolare per un paese in via di sviluppo, il che gli ha fatto guadagnare l'appellativo di ufficio del mondo. In ciò l'India è agevolata dalla circostanza che la dominazione inglese ha lasciato tra la popolazione una diffusa conoscenza della lingua degli ex colonizzatori. Però le rappresentazioni di routine di questa nazione sono alquanto fuorvianti perché si riferiscono a un suo aspetto parziale: quello dell'India più ricca e potente, che rassomiglia sempre di più all'Occidente, che è riuscita a inserirsi nella globalizzazione e nella divisione internazionale del lavoro, accogliendo le delocalizzazioni dei servizi e acquisendo pezzi di apparati produttivi di paesi a industrializzazione matura.

Scavando un po' di più si constata che nel settore terziario lavora circa il 25 per cento della popolazione e in quelli a medio-alto contenuto di conoscenza operano poco più di due milioni di persone, contro circa mezzo miliardo che vivono miseramente di agricoltura, da cui proviene solo il 30 per cento del PIL. Anche il settore industriale non cresce abbastanza. Dal 1991 è pressoché raddoppiato, superando il 20%: non molto rispetto alle necessità, tenendo anche conto che una fetta rilevante è costituita dall'edilizia. C'è da domandarsi come potranno essere creati i quasi 500 milioni di posti di lavoro per sostituire l'inevitabile abbandono dell'agricoltura, oltre ai 10-12 milioni di giovani che ogni anno si affacciano sul mercato del lavoro a seguito del poderoso incremento demografico.

Infine dai resoconti giornalistici quasi scompaiono la povertà (un terzo della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno e quasi l'80% con meno di due dollari), l'analfabetismo, che interessa circa un terzo della popolazione, la diffusione dell'AIDS, la corruzione, la profonda divisione della società in caste, le violenze interreligiose, le catastrofi ambientali, i problemi della rapida urbanizzazione.

Più del 90% dell’economia indiana è di tipo informale, il che significa che le imprese evadono il fisco, non rispettano le norme per il controllo della qualità del prodotto, non adempiono agli obblighi in materia ambientale. Le condizioni di lavoro sono quindi quasi sempre prive di protezione in materia di sicurezza, stabilità, retribuzioni, orari, età dei lavoratori – spesso minorenni –, copertura previdenziale.

L'india è anche un grande consumatore di energia, il quarto al mondo dopo USA, Cina e Russia. Circa 3 quarti del suo fabbisogno energetico viene importato. Dato che esiste una stretta correlazione tra andamento del Pil e consumi energetici, questa dipendenza potrebbe accrescersi in relazione ai forti tassi di sviluppo della produzione. A titolo esemplificativo, dal 1999 al 2009, secondo i dati della British Petroleum, la produzione si è mantenuta stabile intorno ai 255 miliardi di barili all'anno, mentre il consumo è cresciuto dai 765 miliardi ai 1165, con un aumento di oltre il 50 per cento. Ma anche i prezzi dei prodotti energetici tendono a crescere insieme alla loro domanda, cioè nelle fasi di boom internazionale. Qui potrebbe risiedere un elemento di debolezza del modello di sviluppo indiano.

Il 50% della produzione elettrica è a carbone. Forte è quindi la pressione sul territorio per la realizzazione di infrastrutture e per lo sfruttamento minerario, tanto che Human Rights Watch [1] ha lamentato la carenza di tutele per le popolazioni rurali soggette ad espropriazione ed espulse dalle proprie terre.

Secondo l'enciclopedia online Treccani un altro grave problema è il funzionamento della giustizia e degli apparati di sicurezza, che usano “criteri diversi a seconda dell’appartenenza di classe, di casta e di religione dei cittadini”. Sembra insomma di assistere alla proiezione di questo paese non tanto verso il benessere quanto verso il progresso violento e contraddittorio già conosciuto dall'Occidente agli albori del capitalismo.

L'”ufficio” che Krugman ci indica è assai attraente se ci si limita a guardare la sua vetrina scintillante che nasconde i profondi guasti del “back office”, della parte tenuta dietro le quinte dall'informazione embedded. Sempre tali fonti fanno dipendere il poderoso sviluppo indiano dall’avvio delle politiche neoliberiste del 1991. Lo studioso indiano Deepak Nayyar, evidenzia invece, in un lungo arco temporale, due importanti balzi in avanti: uno all’inizio degli anni Cinquanta che ruppe il ristagno dell'epoca coloniale, e uno all’inizio degli anni Ottanta, che è proseguito fino a oggi. Entrambi in presenza di un'economia pianificata, senza un particolare contributo delle politiche liberiste. Queste ultime invece hanno determinato pesanti conseguenze per la società indiana nel suo complesso, determinando dei ben precisi contraccolpi sociali e approfondendo le sperequazioni, con la minoritaria classe media che ha accresciuto sensibilmente il proprio benessere, mentre il tenore di vita della maggior parte della popolazione è peggiorato. Basti fare l'esempio del Public Distribution System, che garantiva l’accesso degli strati più poveri della popolazione ad alimenti basilari venduti a prezzi politici, e che è stato drasticamente ridimensionato. Sempre l'enciclopedia Treccani evidenzia come conseguenze di queste politiche “il diffondersi dei suicidi per debiti” tra i piccoli e medi proprietari terrieri e “il riemergere di un movimento rivoluzionario armato di estrema sinistra, il cosiddetto movimento naxalita” tra i contadini poveri e senza terra.

Venendo agli anni più recenti, il tasso di incremento del Pil ha risentito pochissimo e per poco tempo della crisi, con la punta più bassa nel 2008 (+6%) e una ripresa già nel 2009. Nel 2012 la crescita è stata superiore al 9%, ma nel 2013 è scesa al di sotto del 6%. Il Fmi tuttavia stima un tasso di crescita superiore al 7% nel periodo 2014-16.

Secondo il sito della Camera dei Deputati, la causa della riduzione del tasso di crescita non sta nelle vicende economiche internazionali, ma nell'estremo livello di corruzione e nella frammentazione del potere che provoca difficoltà soprattutto nella realizzazione delle infrastrutture. Il piano quinquennale concluso nel 2012 prevedeva una produzione elettrica quasi doppia rispetto ai 33mila megawatt realizzati, mentre dei 43mila km di strade appaltate ne sono stati costruiti solo 1.800. Tre delle cinque mega-reti elettriche sono collassate a causa dell'eccessivo carico elettrico e due maxi-blackout, avvenuti uno di seguito all’altro, hanno lasciato senza elettricità 700 milioni di persone. Esistono zone della giungla dove vivono popolazioni isolate e prive dei comfort basilari, tra cui l'energia elettrica. Si tratta di circa 300 milioni di Indiani.

Per superare lo scarto tra obiettivi di investimento e loro attuazione è stato istituito un Cabinet Committee on Investments che ha sbloccato progetti per circa il 5% del Pil.

Il livello dell’inflazione è assai elevato a causa dell’andamento dei prezzi agricoli e supera la media del 10 per cento annuo nel periodo 2010-2012. Secondo le previsioni del Fmi l’inflazione sarà intorno al 6% nel periodo 2014-16, mentre le politiche di restrizione monetaria hanno dato scarsi risultati. Le principali agenzie di rating ci hanno messo poi lo zampino, declassando il suo debito: Fitch l’ha portato a BBB, Moody’s a Baa3 per la parte in valuta estera, Standard & Poor’s ha retrocesso le sue prospettive economiche da stabili a negative, rendendo più difficile l’implementazione di programmi sociali e la realizzazione delle priorità nella politica economica: stabilità dei prezzi; solidità dei conti con l’estero; consolidamento fiscale; promozione degli investimenti anche stranieri; urbanizzazione intelligente.

Sul piano politico è da segnalare la vittoria elettorale e la conquista della maggioranza assoluta, nella primavera dell'anno scorso, da parte del partito nazionalista Indù di Modi, ben visto dagli uomini d'affari, che ha scalzato dal potere il Partito del Congresso dei Gandhi, più attento alla tutela dei ceti svantaggiati.

Complessivamente emerge un quadro in chiaroscuro, più scuro che chiaro, che vede la schiacciante maggioranza della popolazione esclusa dal godimento della crescente ricchezza e le cui prospettive di miglioramento non paiono certo dietro l'angolo.

 

Note

[1] Organizzazione non governativa che si occupa di diritti umani, finanziata prevalentemente dallo speculatore George Soros.

Riferimenti

Oltre a quelli già indicati nei precedenti articoli si segnala

- Il capitolo sulle dinamiche politiche dell'Enciclopedia Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/le-dinamiche-politiche-dell-india-contemporanea_%28XXI-Secolo%29/

- Deepak Nayyar, Globalisation, history and development:a tale of two centuries”, Cambridge Journal of Economic, n. 30 2006, scaricabile dal sito dell'Università di Pavia http://economia.unipv.it/biblio/nayyar.pdf

02/08/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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