Dopo la terribile strage di Suruc da parte dell'Isis, la Turchia di Erdogan ha cambiato strategia: con la scusa della guerra al terrorismo dello Stato islamico, le forze armate di Ankara, con il consenso degli Usa, attaccano i combattenti del Pkk nel nord dell'Iraq e anche quelli delle YPG in Siria. Nel frattempo l'Akp di Erdogan conduce anche un'offensiva poliziesca che ha prodotto centiniaia di arresti di persone vicine al fanatismo islamista, ma anche tanti militanti della Sinistra turca e curda. Ora più che mai, la Rivoluzione nella Rojava e la causa della pace e della democrazia hanno bisogno della solidarietà internazionale.
di Stefano Paterna
La Turchia è percorsa da fremiti di rivolta. Il nord dell'Iraq è sotto le bombe di Erdogan. In Siria non si è mai cessato di combattere. Questa è l'eredità che consegna l'orribile attentato dell'Isis a Suruc il 20 luglio scorso: oltre 100 feriti e trentadue vite di giovani compagne/i socialiste/i spezzate, mentre si impegnavano a progettare un aiuto per la ricostruzione della città martire di Kobane.
Ma Suruc costituisce anche una tappa di svolta nelle complesse strategie delle potenze imperialiste e sub-imperialiste della regione. La sanguinosa provocazione del cosiddetto Stato Islamico ha infatti obbligato il governo di Erdogan a reagire con una articolata e apparentemente contraddittoria manovra politico-militare che include i bombardamenti delle zone sotto controllo del califfato ai confini con la Turchia e la concessione della base aerea di Incirlik alla coalizione anti-Isis, ma che registra anche e soprattutto una nuova offensiva, militare contro il Pkk, e poliziesca contro la sinistra curda e turca in genere.
I numeri di questi primi giorni di iniziativa militare turca sono di per se stessi significativi: fino al 26 luglio 9 erano stati gli attacchi contro i miliziani dello Stato Islamico in Siria (35 morti negli attacchi del primo giorno); ben 22 invece quelli contro i combattenti del Pkk nella regione curda dell'Iraq, ai quali si aggiungono quelli effettuati contro i compagni curdi delle YPG anche nella stessa Siria (nel villaggio di Zormikhar) con bombardamenti da carri armati. Sino alla fine di luglio quasi 1300 persone sono state arrestate dalle forze di polizia turche con l'accusa di appartenere all'Isis o al Pkk e ad altre organizzazioni della Sinistra turca. Un'apparente equanimità che è stata prontamente applaudita dalla Casa Bianca, a sua volta, impegnata da tempo in un'inverosimile guerra al rallentatore ai tagliagole dell'Isis. Ma le cifre rivelano una realtà diversa: solo circa 130 persone tra gli arrestati risultano in qualche modo legate all'Isis, il resto sono legate al movimento curdo. A partire dal 20 luglio anche le forze di sicurezza turche hanno perduto 13 uomini.
L'eccidio dell'Isis a Suruc di quel maledetto giorno è stato probabilmente l'ennesimo segno della difficoltà in cui si dibatte da settimane l'organizzazione criminale capeggiata da Abu Bakr Al Baghdadi, sotto la pressione costante dei combattenti curdi che sono arrivati sino a pochi chilometri da Raqqa, la città siriana capitale dell'autoproclamato califfato nero. Ma anche nella fase della sua possibile decadenza (o almeno del suo contenimento) il califfato continua a svolgere una funzione di stabilizzazione reazionaria dell'area medio-orientale.
Il partito Akp di Erdogan accortosi delle crescenti difficoltà militari dello Stato islamico sta sfruttando la strage di Suruc per instaurare un clima autoritario nel paese e utilizzare le crescenti tensioni causate dagli scontri militari in cui è coinvolto l'esercito di Ankara per dar vità a una “unità nazionale” che divida le masse turche, sempre più scontente della loro situazione economica, da quelle curde. E' un modo per cercare di riprendere il controllo del paese dopo la sconfitta elettorale dello scorso 7 giugno e per indebolire il partito curdo HDP (Partito Democratico dei Popoli), guidato dal Selahattin Demirtas.
Sul fronte estero il governo turco mira pubblicamente a creare una cosiddetta “zona di sicurezza” nel nord della Siria, proprio laddove si è sviluppata la Rivoluzione curda della Rojava. Ufficialmente questo progetto serve ad allontanare dai confini turchi l'imbarazzante presenza dello Stato Islamico, fino a poco fa, più che tollerato, sostenuto in funzione anti-curda. Appare, però, evidente l'interesse di Erdogan di stroncare l'esperienza di autogoverno democratico delle popolazioni della Siria del nord con una crescente militarizzazione dell'area.
Il momento è pertanto molto delicato. La rivoluzione curda del nord della Siria, la sua esperienza libertaria, femminista e socialista corre per l'ennesima volta un grave pericolo. E così anche la causa della pace e della democrazia in Turchia. Occorre una grande solidarietà internazionale per rompere l'assedio che il “sultano” (come Erdogan è stato definito a volte dalle forze politiche della Sinistra turca e curda) e il califfo muovono al protagonismo dei popoli della regione.
Sitografia:
Sull'offensiva turca contro Isis e Pkk:
http://www.corriere.it/esteri/15_luglio_25/turchia-seconda-notte-bombardamenti-contro-isis-pkk-50417cea-329d-11e5-9218-89280186e97d.shtml
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Turchia-attacco-del-Pkk-a-commissariato-2-poliziotti-uccisi-partito-lavoratori-curdi-63d907c1-320d-40ef-8b25-a6ede95165bf.html?refresh_ce
Sull'attentato di Suruc:
http://www.thepostinternazionale.it/mondo/turchia/responsabile-attentato-suruc-turchia
Sulla nuova strategia turca:
http://www.analisidifesa.it/2015/07/erdogan-muove-guerra-a-tutti-pur-per-restare-al-potere/
Notizie dal Kurdistan:
http://www.retekurdistan.it/2015/07/giovani-comunisti-lattentato-a-suruc-lattacco-alla-solidarieta/