Le potenze imperialiste (Stati Uniti e Europa) non hanno mai digerito la nazionalizzazione del 1956 e l’esercizio della piena sovranità egiziana sul Canale. Hanno perfino fatto la guerra all’Egitto per ristabilire il precedente statuto “privato” (dominato dalla Gran Bretagna e dalla sua alleata Francia) di gestione del Canale. Guerra, all’epoca, persa.
di Samir Amin *
I poteri dominanti nei paesi del blocco imperialista nutrono la speranza di ritornare sulla nazionalizzazione in occasione dei lavori di ampia portata necessari per raddoppiare la capacità di servizio del canale (permettere il passaggio di 90 navi al giorno, di grande tonnellaggio, in luogo di 45). Hanno detto e ripetuto che l’operazione richiederebbe un finanziamento internazionale poi la realizzazione di progetto ed esecuzione da parte delle multinazionali occidentali. In altre parole, il ritorno all’appropriazione di fatto del Canale da parte del capitale internazionale, annullando la portata della nazionalizzazione e l’esercizio della sovranità egiziana. Il governo dei Fratelli Musulmani e di Morsi avevano accettato questo piano di riconquista coloniale e questa è stata, senza dubbio, una delle ragioni principali per cui le potenze occidentali hanno sostenuto Morsi, nonostante le pratiche fasciste del suo governo.
John Kerry lo ricordava qualche giorno fa: dopo aver fatto l’elogio del Presidente Sissi, gli suggeriva di reinserire i Fratelli Musulmani nel suo governo, in nome della “democrazia”! Che penserebbero i francesi, per esempio, se l’Egitto suggerisse a Hollande di inserire Marine Le Pen nel suo governo, in nome della riconciliazione nazionale?
Il popolo egiziano, invece, ha subito compreso che la posizione assunta da Morsi realizzava un vero “tradimento nazionale” e l’ha chiaramente espresso con la scelta delle parole d’ordine della gigantesca manifestazione del 30 giugno.
Il progetto è stato finalmente realizzato nella maniera più adeguata per rinforzare la sovranità dell’Egitto sulla Zona del Canale, il Canale e il Sinai. L’autorità del Canale, che dipende dallo Stato egiziano, ha messo insieme i mezzi economici senza ricorrere al mercato finanziario internazionale, ha concepito ed eseguito il progetto sotto la sua responsabilità esclusiva; e ha rifiutato ogni formula di preteso “partenariato” sotto il fallace pretesto che si tratti di un progetto che “interessa il mondo intero” e deve per questo essere gestito dalla “comunità internazionale” (cioè dalle potenze imperialiste).
A tutti coloro che invocano quest’argomento, io rispondo: cominciate ad esigere dagli Stati Uniti che restituiscano a Panama i territori rubati con la forza militare, esigete che la gestione del Canale di Panama sia tolta a Washington e trasferita all’ONU!
Mi sembra deplorevole che certi commentatori (occidentali) mascherino la loro adesione al punto di vista imperialista con degli argomenti fuori tema, come le pratiche non democratiche del regime del Presidente Sissi. Altri condannano l’idea stessa di un rafforzamento delle capacità del Canale. Quest’argomento “ecologista” sarebbe accettabile solo se gli stessi commentatori esigessero ed ottenessero l’uscita dei propri paesi dalle pastoie dello spreco capitalista.
In questo ambito come negli altri si affrontano due campi: quello dei difensori della sovranità dei paesi del Sud, condizione del loro ulteriore progresso, e quello dei nemici di questa sovranità, di fatto allineati alla politica imperialista di dominio del Pianeta, attraverso il canale della mondializzazione liberale.
* Fonte: Investig’Action