Il crepuscolo dell’Occidente

Guerra della Nato alla Russia per interposta Ucraina, genocidio in Palestina, elezioni in Europa: l’ epoca dell’imperialismo euro-atlantico sta per conoscere il proprio tramonto.


Il crepuscolo dell’Occidente

Nelle ultime settimane, il conflitto fra Russia e Ucraina è andato sempre più aggravandosi, in particolar modo in ragione dei provvedimenti assunti da molti dei paesi Nato, con l’autorizzazione all’utilizzo di armamenti nel territorio russo. Fatalmente attendiamo, inoltre, che all’alba dell’insediamento di un nuovo Parlamento Europeo, una volta terminata la campagna elettorale, la classe dirigente cominci ad assumere delle linee più impopolari senza premurarsi di ricevere il consenso della società civile. 

Non è elementare, e forse nemmeno prudente, stabilire come possa evolvere lo scenario in questione; quello su cui possiamo riflettere, tuttavia, sono le premesse e le conseguenze culturali correlate alla guerra fra la Russia e, realisticamente, non tanto l’Ucraina, ma la Nato. Questo perché negli ultimi decenni il quadro degli equilibri geopolitici è stato stravolto, e se fino a poco tempo fa gli Stati Uniti potevano assalire con arroganza altri stati, legittimandosi attraverso notizie false (vedi il conflitto in Iraq ed il pretesto per cui questa nazione possedesse armi di distruzione di massa) o squalificando e declassando altri paesi come “stati canaglia”, attualmente questa forma di ideologia sembra avere sempre meno presa sulla società civile mondiale. La narrazione per la quale esisterebbe una nazione eletta, la cui egemonia economica e culturale autorizzerebbe a bombardare e colonizzare altri paesi che le siano invisi, è oramai implausibile per gli stessi americani: ne è una plastica dimostrazione l’orrore che il genocidio dei Palestinesi ha generato anche fra i cittadini statunitensi. Ma, di più, le condizioni materiali che si sono determinate nel corso degli ultimi anni, con l’ascesa dei BRICS e dell’Estremo Oriente, non possono che relativizzare il ruolo che gli USA e la protetta Europa rivestono nello scacchiere mondiale

All’interno del giardino Occidentale (un hortus conclusus, incomunicante ed impenetrabile con il resto del mondo), la narrazione isterica ed irrealistica per la quale la guerra russo-ucraina si radica su ragioni morali è ancora discretamente funzionale; molta parte del mondo liberal e conservatore ancora è convinto che gli stati europei, già di per sé sguarniti di mezzi di difesa ed in una cronica condizione di crisi economica, diano fondo alle proprie riserve di armamenti solo in nome della democrazia e della libertà. In questo contesto, non arriva il riconoscimento della parzialità e della prepotenza che i medesimi stati hanno dimostrato e dimostrano tutt’ora verso altri paesi. Non ci si chiede, ancora, in che senso all’Ucraina possa davvero aver giovato l’essere sospinta al conflitto contro la Russia, di tutto punto equipaggiata dall’Occidente.

In effetti, a fortiori, ci potremmo chiedere che cosa l’Ucraina abbia ottenuto in questa guerra; se davvero le ragioni per perpetuarla sono morali, allora non possiamo evadere l’interrogativo dei principi etici sottesi all’impegno Occidentale. Se anche lo scontro terminasse con la vittoria dell’Ucraina, tutto ciò che avrebbe guadagnato questo sventurato paese sarebbe un ruolo privilegiato al tavolo delle trattative, al prezzo dello sterminio dell’intera propria gioventù e l’incenerimento della propria terra. E come è possibile restituire fiato a queste genti e a questa terra, se li si continua ad usare come avamposto e carne da cannone per condurre una guerra indiretta contro la Russia? Chiunque continui a recitare la cantilena moralistica per la quale dobbiamo armare l’Ucraina per la libertà e la democrazia, o prova pudore nel rivelare le ragioni economiche e strategiche che alimentano il conflitto, o forse ancora crede al sogno degli euro-atlantici di essere faro della democrazia, e magari ad un anacronistico maccartismo. 

Se nel 2022 Karaganov definiva “esistenziale” il carattere che per la Russia assumeva la guerra in Ucraina, e se allora questo scontro poteva ancora essere rubricato come un trafiletto spiacevole della storia europea, la classe dirigente occidentale si è tanto impegnata in questa guerra da renderla di rilevanza esistenziale anche per la Nato. Se Putin si è dichiarato infatti numerose volte aperto a trattare con i propri avversari, questi non sembrano contemplare come plausibile alcun negoziato. Evidentemente con l’esito di questo conflitto sarà decretata la mantenuta credibilità della Nato e l’autorevolezza dell’UE e degli USA.

Mentre l’Occidente si crogiola nella propria allucinazione, fra coloro che si forgiano a paladini della giustizia universale, rivendicando un eccezionalismo etnico da Crociata a Gerusalemme, e coloro che senza scrupoli perseguono i propri interessi strumentalizzando l’Ucraina, il resto del mondo non resta inerte. Gli equilibri politici mondiali sembrano distribuirsi su due poli; alla grottesca conferenza di pace che si terrà in Svizzera il 15 e 16 giugno, alla quale notoriamente la Russia non è stata convocata (e che sembra si risolverà in una riunione condominiale fra gli inquilini del ristretto Occidente auto-isolatosi), il mondo BRICS oppone l’organizzazione dei giochi di Kazan, alla quale parteciperanno quasi 100 paesi in tutto il mondo, e che si terranno un mese prima delle Olimpiadi di Parigi. 

Insomma, sembra che il tentativo di isolare e balcanizzare la Russia sia stato uno degli ultimi colpi di coda inflitti dall’Occidente nella sua fase crepuscolare. Quel mondo che lo circonda, e che per secoli è stato ridotto a colonia, se non a regione primitiva da democratizzare, comincia a rivelare non solo la propria autonomia, ma una tale autorevolezza che gli permette di porsi come reale soggetto e deuteragonista dirimpetto alla Nato. Sembra, peraltro, che il principale fattore di disgregazione dell’Occidente sia costituito dall’insofferenza che buona parte della società civile manifesta ultimamente, e che dalle ultime elezioni abbiamo potuto rilevare soprattutto dalla crescita delle destre; fare previsioni è sempre rischioso, ma la forza centrifuga esercitata dal malcontento crescente fra gli europei e l’acquisizione di autorevolezza da parte di altri soggetti geopolitici ci lascia intendere che l’epoca dell’imperialismo euro-atlantico stia per conoscere il proprio tramonto. 

Il protrarsi dell’indesiderabile guerra fra Russia e Nato non sta facendo altro che accrescere l’impopolarità dell’Occidente davanti al resto del mondo ed esacerbando gli animi dei propri cittadini. La voce che sarà riservata ad Usa ed Europa nello scrivere la storia ventura è direttamente proporzionale all’arroganza autodistruttiva che questo centro di potere eserciterà nel prossimo futuro. 

15/06/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Agnese Tonetto

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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