Oggi in Yemen, Siria e Iraq. Domani, forse in Libano o di nuovo nel Bahrein. In tutto il Medio Oriente esplode il confronto tra sciiti e sunniti e dietro le insegne religiose si profilano quelle politiche degli stati: Arabia Saudita da una parte e Repubblica Islamica dell'Iran dall'altra. E'un conflitto contemporaneo per l'egemonia nella regione, ma ha radici antiche e caratteri ideologici ben distinguibili. Il recente accordo sul nucleare tra Washington e Teheran non pone quest'ultima al riparo dalla tradizionale ostilità israeliana e saudita.
di Stefano Paterna
Dalle sponde del Mediterraneo sino a quelle del Mar Arabico, divampa la guerra civile nell'Islam. Siria, Iraq, ora lo Yemen e potenzialmente il Libano, il Bahrein o la stessa Arabia Saudita, sono attraversate da conflitti che si articolano anche lungo questa faglia religiosa ed ideologica. E' di certo una guerra dei nostri giorni motivata dalla sfida per l'egemonia nella regione tra l'Arabia Saudita, monarchica e sunnita, e la Repubblica Iraniana sciita. Ma, al contempo, è una guerra antica che affonda le proprie radici nel VII secolo d.C. E' stato a Kerbala, in Iraq, nel 680 che Al-Husayn ibn ʿAlī, nipote di Maometto, venne ucciso insieme ai suoi seguaci dai sostenitori di Yazīd ibn Mu'āwiya, califfo omayyade. E lì nacque la scissione tra gli sciiti che ricordano con lutto e dolore la morte del discendente del Profeta e gli altri, i sunniti.
Poi, ovviamente la storia è andata avanti apportando continue modificazioni ai caratteri dei contendenti, ma qualcosa di antico e perenne è rimasto. Lo sciismo è stato una delle cause e il prodotto di una grande rivoluzione popolare antimperialista, quella iraniana del 1979. Da questa è nata una Repubblica che ha conservato nel suo patrimonio ideologico (pur discutibile) la tradizionale sensibilità degli sciiti per la difesa degli oppressi e ha improntato la sua politica estera al sogno di movimenti di resistenza popolare all'imperialismo e al colonialismo nell'area come l'Hezbollah libanese, ma ora anche il movimento palestinese sunnita Hamas. Dall'altra parte si staglia il profilo dei sauditi: una monarchia assoluta, fondata sul petrolio e il più oscuro assolutismo che guarda naturalmente alle masse popolari (anche le proprie) con ostilità e paura.
Di questi giorni sono la cacciata dell'Isis da Tikrit da parte dell'esercito iracheno e delle milizie sciite, la sollevazione degli Houti filoiraniani nello Yemen e il conseguente bombardamento del Paese da parte di una coalizione araba a guida saudita e il posizionamento in una zona circostante di navi da guerra iraniane, l'entrata dell'Isis a Damasco con la conquista di parte del campo profughi palestinese di Yarmhouk.
Questi eventi rispondono anche a logiche dovute ai singoli soggetti politici presenti nell'area, ma la configurazione dei due campi contrapposti (quello sciita-iraniano e quello sunnita-saudita) ha una evidente connessione con la realtà. Perfino, il recente (e ancora piuttosto generico) accordo tra i paesi occidentali a guida Usa e l'Iran sul nucleare è messo in ombra da questo conflitto regionale in atto.
Da parte statunitense c'è sempre il tentativo di giocare su più tavoli per consolidare l'egemonia americana sul Medio Oriente. In questo senso, il conflitto tra le due grandi correnti dell'Islam e le “strizzatine d'occhio” di Obama all'Iran favoriscono lo strumento del “divide et impera”. Tuttavia, Israele e Arabia Saudita osteggiano un rientro dell'Iran al centro dei giochi diplomatici internazionali e la loro influenza sugli Usa è molto forte. Da questo punto di vista, l'accordo di qualche giorno fa non pone del tutto al riparo la Repubblica Islamica.
L'espansione dell'influenza iraniana nella regione mediorientale è d'altra parte innegabile ed è uno dei frutti della devastante invasione americana dell'Iraq. In effetti, con la caduta della dittatura sunnita (ma laica) di Saddam, l'Iraq, paese a maggioranza sciita, non poteva che volgersi all'Iran. L'Iran stesso per la natura della sua rivoluzione continua ad assumere un carattere antimperialista e rimane un punto di riferimento per le masse popolari dell'area, perfino per movimenti di ispirazione sunnita come Hamas. Questo suo carattere rende di certo instabile l'asse con Washington al di là della volontà di chi governa a Teheran.
Di certo, il coagulo dei conflitti etnici (questione palestinese e kurda), sociali, degli interventi imperialistici e ora il carattere religioso del confronto tra Iran e monarchia saudita, sta trasformando tutto questo immenso territorio in una polveriera con esiti del tutto imprevedibili.