Giornata del ricordo a sostegno della resistenza palestiese

Un presidio a Pisa per rammentare i crimini di Israele contro il popolo palestinese.


Giornata del ricordo a sostegno della resistenza palestiese

Si è tenuto a Pisa un presidio organizzato da Rete dei Comunisti, Cambiare Rotta e No Camp Darby in occasione della giornata del Ricordo e a sostegno della Resistenza Palestinese.

La redazione de La Città Futura ha rivolto alcune domande a Federico Giusti del No Camp Darby.

D: Perché questo presidio?

R: Bisognerebbe rivolgere un'altra domanda a quanti si dicono vicini ai popoli, alla democrazia e alla autodeterminazione, perché tacete su quanto accade in Palestina?

Perfino Amnesty international da tempo denuncia reiterate violazioni dei diritti umani da parte dell'esercito e del Governo israeliano. Per anni è stata narrata la storia di un paese, Israele, democratico e su ispirazioni vagamente socialiste; una grande democrazia in un'area geografica dove pullulano esperienze totalitarie. Eppure oggi le contraddizioni vengono a galla con l'esecutivo più a destra della storia di Israele il quale vuole mettere fuori legge perfino i diritti civili, mentre al suo interno ci sono ministri accusati di corruzione. Israele non è mai stata la culla dello stato di diritto né una democrazia “adulta e matura”. Se tale fosse non avremmo da decenni violenze ai danni dei palestinesi, espropriazioni di terre che oggi imbarazzano perfino il Governo Usa, come dimostra il richiamo all'ambasciatore israeliano a Washington. Se gli storici alleati di Israele, i democratici Usa, sono oggi preoccupati significherà pur qualcosa o anche questi argomenti non sono sufficienti a scalfire le granitiche certezze occidentali?

Da oltre 50 anni Israele continua a perpetrare sistematici abusi e violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, in Cisgiordania. Ormai esiste una sorta di colonialismo d’insediamento. A Gaza manca luce elettrica e acqua potabile; la forza lavoro palestinese da decenni è sfruttata all'inverosimile, una sorta di esercito industriale di riserva sul quale pende la mancata autorizzazione a entrare nel territorio di Israele, forza lavoro costretta a lavorare per pochissimi euro al giorno. Per ridurre alla fame i palestinesi in questi anni sono state favorite immigrazioni di ebrei provenienti da paesi poveri e disposti a lavorare a costo ancora più basso dei palestinesi. Queste minoranze lamentano da tempo continue discriminazioni. Se ricordiamo la storia di 40 anni fa dovremmo non meravigliarci pensando alla sorte dei Falascià, ebrei provenienti dall'Etiopia ai quali veniva negato l'affitto delle case, quando molti rabbini invocavano di escluderli anche dalle donazioni di sangue. Molte scuole palestinesi sono chiuse d'imperio. Nei primi mesi dell'anno sono decine i giovanissimi uccisi o incarcerati per avere partecipato a manifestazioni di protesta, molti sono stati mutilati da cecchini e coloni. Parlare allora di colonialismo sionista non ci sembra azzardato ma la corretta fotografia dei fatti.

D: Perfino Amnesty assume posizioni di dura critica all'operato di Israele.

R: L'occupazione, lo dice anche Amnesty, viola il diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese disattendendo da decenni le stesse risoluzioni Onu. Gerusalemme è considerata ‘annessa’ allo stato di Israele contrariamente a quanto prevede la stessa Carta dell’Onu.

Noi non siamo tra quanti credono che i diritti all'autodeterminazione siano salvaguardati dalle Nazioni Unite. Se ciò fosse vero non avremmo avuto bisogno di rivoluzioni e di lotte decennali intraprese dai popoli. Ma se anche le stesse risoluzioni Onu, con il sostegno Usa, diventano carta straccia al popolo palestinese non resta che una sola strada da intraprendere: quella della resistenza armata.

Le risorse dei territori occupati sono depredate a beneficio esclusivo di Israele, ogni attività politica viene bandita in nome della lotta al terrorismo, questa è la denuncia di associazioni e organizzazioni umanitarie. Anche la sola esposizione in pubblico della bandiera palestinese comporta la detenzione. Questo significa che l’identità nazionale palestinese viene intesa da Israele come una autentica minaccia alla propria sicurezza e da qui le accuse di terrorismo alla Resistenza Palestinese.

D: I rapporti tra Italia e Israele sono assai stretti.

R: Hanno superato i 90 milioni di euro le forniture di sistemi militari dall’Italia a Israele tra il 2015 e il 2020, ma negli ultimi tre anni sono cresciute vistosamente.

All'inizio del secolo dal Governo Berlusconi venne firmato il Memorandum d’intesa con Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa. Dal 2012 in poi le esportazioni, e anche importazioni, di armi sono aumentate anno dopo anno.

Se l'Italia cede 30 velivoli d’addestramento M-346 prodotti dalla Alenia-Aermacchi e relativi simulatori di volo al Governo di Israele, quest'ultimo dota il nostro paese di brevetti avanzati utili per lo sviluppo dell'aeronautica militare.

Esistono rapporti commerciali e militari. Si sa da da tempo che Israele ha laboratori assai moderni e tecnologicamente avanzati. Stesso discorso vale per la ricerca e produzione militare. In Italia, anche dopo l'omicidio di Giulio Regeni, sono continuati gli affari con l'Egitto come dimostra la vendita costante di armi. Con Israele esistono relazioni commerciali e accordi militari che ogni pacifista coerente con i suoi buoni propositi dovrebbe contrastare chiedendone la revoca invece di prendere per buona la retorica della lotta al terrorismo. 

Sulla Resistenza Palestinese è caduto da tempo un feroce oblio, anche settori della sinistra radicale e antagonista sono silenti o si limitano a raccolte di fondi per qualche progetto di cooperazione ma senza mai entrare nel merito del ruolo di Israele, dei suoi rapporti con la Nato, della funzione che svolge nelle guerre permanenti sostenute dagli Usa.

Con l'attuale Governo si registra poi un ulteriore salto di qualità se pensiamo a esponenti di punta della coalizione che governa Israele i quali pubblicamente parlano della "non esistenza del popolo palestinese”. Se non credete alle nostre parole, andate in rete e cercate le dichiarazioni del ministro israeliano delle finanze Bezalel Smotrich, leader del partito ultranazionalista Sionismo religioso, lo stesso che ha invocato azioni militari contro i civili palestinesi per “spazzare via” il villaggio palestinese di Huwara. In questo villaggio, lo scorso 26 febbraio, una spedizione punitiva di coloni israeliani armati ha provocato la distruzione del villaggio e la cacciata degli abitanti. Siamo davanti a un vero e proprio annientamento antipalestinese in chiave sionista. I riferimenti culturali sono quelli dell’Irgun, l’organizzazione clandestina ebraica attiva negli anni trenta e responsabile di attacchi e attentati contro palestinesi e britannici.

La società israeliana vive oggi una profonda crisi con scioperi e proteste di piazza, ma queste proteste potrebbero anche rientrare davanti all'ennesima chiamata alle armi per difendere i confini nazionali. Per questa ragione esponenti del Governo promuovono continue azioni contro i villaggi palestinesi e non si fanno remore a sostenere posizioni razziste antipalestinesi richiamandosi alle pagine più retrive dell'esperienza sionista.

08/04/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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