Si tratta di una notizia cui i media italiani non hanno dato risalto: Josep Borrell, il capo della politica estera dell’Unione Europea, in un’intervista a “El Pais” lo scorso 13 agosto ha dichiarato (parole sue): “Spesso siamo criticati perché utilizziamo il doppio criterio. Ma nella politica internazionale è necessario utilizzarlo in grande misura. Non usiamo gli stessi standard per tutti i problemi”.
Argomento centrale dell’intervista consisteva in questa domanda: perché l’Ue appoggia con tutti i mezzi l’Ucraina e si disinteressa completamente della Palestina occupata dagli israeliani, i cui abitanti sono quotidianamente vessati e massacrati?
Ricordo uno degli ultimi episodi del massacro: il 15 di settembre in uno scontro con l’esercito israeliano è stato assassinato con un colpo alla testa un giovane palestinese di 17 anni nella zona settentrionale della Cisgiordania occupata e teatro di forti tensioni negli ultimi mesi. Il ministero palestinese degli affari esteri ha condannato con forza il crimine commesso dalle forze di occupazione, dichiarando che è stata una vera e propria esecuzione. Dallo scorso marzo, dopo vari attentati, l’esercito israeliano ha incrementato le sue operazioni nella Cisgiordania settentrionale, occupata dal 1967, provocando scontri anche mortali con la popolazione locale. Solo nella settimana passata ci sono stati sei morti.
Sorprendentemente Borrell ha anche suggerito che la mancata soluzione del conflitto mediorientale (così lo ha definito) ricade sugli Usa, infatti, a suo parere, sarebbe necessario un impegno molto forte della superpotenza sulla questione; purtroppo, attualmente sembra che non ci sia un percorso da seguire per por fine a questa situazione drammatica che si perpetua da decenni.
In diverse occasioni precedenti all’intervista il ministro degli esteri Ue aveva dichiarato che per i paesi occidentali sostenere Kiev contro l’attacco militare russo costituiva un imperativo morale. Uno strano imperativo morale che può esser rispettato solo in certi momenti e soprattutto quando risulta utile a certi fini politici. A suo giudizio, l’Ue non è in grado di aiutare la gente di Gaza, che – lo dice lui stesso – vive in condizioni scandalose in una prigione a cielo aperto, evitando tuttavia di menzionare le cause di questa drammatica crisi umanitaria.
In primo luogo, per rispondere a Borrell bisogna ricordare che sulla questione palestinese la Ue è divisa, perché alcuni Stati (Ungheria, Romania, Repubblica Ceca e Austria) sostengono con forza il governo sionista, mentre gli altri più moderati ritengono che Israele abbia il diritto di difendersi dagli attacchi di Hamas. Inoltre, dobbiamo ricordare all’illustre personaggio che l’Ue ha intenzione di rafforzare le sue relazioni con Israele, il quale è già a essa legato da importanti rapporti diplomatici e commerciali. Infatti, dopo dieci anni di interruzione riprenderanno a breve i colloqui congiunti del Consiglio di associazione UE-Israele, come del resto è stato confermato il 18 luglio scorso dallo stesso Borrell. Il riannodarsi dei legami si è manifestato in una serie di visite di alto livello dell’UE in Israele, tenutesi quest’anno; tra queste si distingue quella della presidente della Commissione Ursula von der Leyen, convinta sostenitrice del suicidio europeo, fatta a giugno, nella quale (guarda un po’) si è discusso di energia. Infatti, è cosa nota che Israele è divenuto negli ultimi anni un significativo esportatore di gas naturale, con importanti scoperte grazie alle tecniche offshore.
Dopo l’incontro, l’allora ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid, oggi primo ministro, aveva affermato che i legami di Israele con l’Ue sono una “risorsa strategica”; da parte sua, la von der Leyen, che ama molto il giallo e il blu, ha ribadito che gli europei hanno bisogno del gas israeliano. Si è scordata di aggiungere che attualmente solo lo Stato sionista sta sfruttando le riserve di petrolio e di gas naturale che si trovano nei territori occupati e nel Mediterraneo orientale, negando così ai palestinesi quelle risorse che consentirebbero la ricostruzione delle infrastrutture distrutte da un’occupazione che dura da più di settanta anni.
Un’altra ragione per la quale Israele non può essere sanzionato insieme ad altri molti stati utili e proni al mantenimento della supremazia statunitense, sta nel fatto che rappresenta il gendarme degli Usa in quell’area importantissima e ricca di risorse energetiche, costituendo nello stesso tempo uno dei tre pilastri con i quali, insieme all’alleanza con Taiwan e al sostegno all’Ucraina, questi ultimi e la Nato tentano di attanagliare l’Eurasia, che si sta amalgamando attraverso vari organismi come per esempio l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Che poi gli israeliani non rispettino le decisioni delle Nazioni Unite, che pratichino una vera e propria pulizia etnica della popolazione palestinese, continuando di tanto in tanto a violare anche la sovranità della Siria, il cui petrolio d’altra parte è rubato dalle truppe statunitensi presenti illegalmente in quel paese, costituiscono fatti noti ma ampiamente trascurati dai mass media nostrani e non solo.
Naturalmente potremo fare ancora tanti esempi di come l’Ue utilizza disinvoltamente il doppio standard, sostenuta da tutti quegli intellettuali organici che quasi ogni giorno predicano dai vari telegiornali. Tra questi ricordo l’illustre Nadia Urbinati, la quale intervenendo alla televisione per l’ennesima volta sul conflitto Ucraina-Russia, ha osservato che il fatto che Stati Uniti e Nato abbiano in passato rubato la marmellata (!?), ossia abbiano scatenato varie guerre, non giustifica che anche la Russia faccia altrettanto. Ha sorvolato sul fatto che il furto della marmellata compiuto dagli occidentali è costato, secondo il Centre for Research on Globalization di Ottawa, circa 40 milioni di morti, senza contare feriti, mutilati, rifugiati. Il ragionamento, ripetuto più volte dagli atlantisti, mi sembra piuttosto debole e a esso si potrebbe rispondere in vario modo, per esempio tenendo presenti i vari contesti, ma anche riprendendo una celebre frase del Vangelo: Chi è senza colpa scagli la prima pietra. E non mi pare che ci sia nel fronte atlantista qualcuno così immacolato da poter condannare chi effettivamente sta cercando di difendersi da un illegittimo accerchiamento e che ha ripetutamente chiesto di trovare un accordo secondi i vigenti trattati internazionali.
Immagino che l’imperativo morale di cui parla Borrell implichi il rispetto dei valori democratici, della libertà, della vita umana. Ebbene, credo che l’attuale governo ucraino sia assai distante da questi principi; infatti, da tempo 11 partiti politici sono stati banditi perché ritenuti filorussi (il Partito comunista era già fuorilegge da vari anni) [1], ha unificato con un decreto tutti i canali televisivi per dar vita a un’unica piattaforma informativa che garantisce una comunicazione strategica. Per quanto riguarda il rispetto della vita umana anche in situazioni di guerra faccio presente che Amnesty International, il cui obiettivo sarebbe la difesa dei diritti umani, ha accusato il governo ucraino, dichiarando: “L’esercito ucraino ha messo in pericolo i civili ucraini stabilendo basi e facendo funzionare sistemi d’arma nelle aree residenziali, comprese scuole e ospedali, mentre ha cercato di respingere l’invasione russa. Le tattiche dell’Ucraina hanno violato il diritto umanitario internazionale poiché hanno trasformato obiettivi civili in obiettivi militari. I conseguenti attacchi russi nelle aree popolate hanno ucciso civili e distrutto infrastrutture”.
In seguito a queste affermazioni l’organismo internazionale è stato violentemente attaccato dal presidente dell’Ucraina e ha finito addirittura col chiedere scusa per aver riportato quelli che sono i fatti più volte denunciati dai russi, ossia che gli ucraini piazzano armamenti e soldati nelle installazioni civili, trasformando così la popolazione in scudo umano. Anche in questo caso si risponde dando notizia dei massacri perpetrati dai russi, ma purtroppo qui occorre tenere conto della propaganda bellicista, essere cauti e accertare la veridicità delle notizie e poi esprimerci. Infatti, noi non usiamo il doppio standard, ma sappiamo che i mass media dominanti ci rimbambiscono con informazioni manipolate. Ricordate, per esempio, che i giornali nostrani sono stati capaci di presentare gli effetti di un missile lanciato dagli ucraini come se fossero stati prodotti da un bombardamento russo.
Per comprendere la “democraticità” dell’Ucraina bisognerebbe anche indagare sull’uccisione violenta di uno dei negoziatori ucraini, tal Denis Kireev di 45 anni, il quale partecipava ai colloqui con i russi, che si stavano svolgendo in Bielorussia tra la fine di febbraio e i primi di marzo. Non è chiaro se Kireev fosse una spia, che faceva il doppio gioco, o un eroe, come lo ha definito il Ministero della difesa ucraino. Che ci siano aspri scontri all’interno dell’entourage di Zelensky è documentato dal fatto che generali, ambasciatori, funzionari importanti sono stati rimossi o allontanati. Secondo “Avvenire” sarebbero oltre 1.400 i procedimenti giudiziari contro presunti complici di Mosca volti a chiarire se si siano comportati in maniera illegittima nella difficilissima situazione del paese.
Stabilita la dubbia “democraticità” dell’Ucraina, l’appoggio Nato e Usa a essa ha effettivamente favorito l’affermazione di quei principi e quei valori, per i quali senza esser stati consultati dobbiamo sacrificarci, e che vengono quotidianamente evocati dai cultori della Ue?
Vediamo brevemente cosa si è ottenuto in sei mesi di guerra che hanno prodotto devastazione e numerose vittime civili e militari.
Secondo il segretario dell’Onu Guterres è immorale che le due maggiori compagnie petrolifere statunitensi, Exxon Mobil Corp XOM.N e Chevron Corp CVX.N, la britannica Shell e la francese TotalEnergies abbiano guadagnato insieme quasi 51 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre, quasi il doppio di quanto il gruppo aveva incassato nel periodo dell’anno precedente. Ciò è stato determinato dalle sanzioni contro la Russia a seguito del conflitto con l’Ucraina, tese a rendere indipendente l’Europa dal gas e dal petrolio di cui è ricco quel paese. Occorre osservare che il gas di scisto statunitense è addirittura più inquinante del carbone ed è molto più costoso di quello naturale russo, che ci arriverebbe direttamente attraverso i gasdotti. Indipendenza che non si è poi raggiunta né si potrà raggiungere perché i produttori di queste risorse energetiche, statunitensi o no, hanno dichiarato di non poter aumentare la loro produzione, ragione per la quale l’Italia, per esempio, resta dipendente dal gas russo per il 18% del suo fabbisogno.
Inoltre, gli stessi risultati si sono ottenuti nell’ambito dell’industria degli armamenti. Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2021 il mondo ha speso 2.113 trilioni di dollari in armamenti, il 50 % di questa spesa è stata pagata dai contribuenti statunitensi, gran parte dei quali impoveriti dalla pandemia e dalla crescita dell’inflazione. Le aziende militari industriali che hanno il maggiore fatturato al mondo sono cinque statunitensi, tre cinesi e una inglese: Lockheed Martin, Raytheon Technologies, Boeing, Northrop Grumman, General Dynamics, Aviation Industry Corporation of China, Bae Systems, China North Industries Group Corporation Limited, L3HARRIS e China State Shipbuilding Corporation Limited. L’Italia si colloca al dodicesimo posto (non male) con la Leonardo. Tutte queste società, in particolare le occidentali, hanno guadagnato sia per l’incremento della vendita delle loro armi sia per lo spropositato aumento del valore delle loro azioni in borsa.
Come si vede, in effetti, i risultati sino a oggi della guerra per procura alla Russia riguardano certamente il rafforzarsi dei valori occidentali, ma ahimè non si tratta di valori morali, bensì di ben calcolati profitti.
Note:
[1] Mi rendo conto che questo può far piacere a molti.