Mentre i numeri della crisi da coronavirus peggiorano a vista d'occhio in Brasile, a tenere banco sono state la nomina del nuovo ministro della Giustizia, André Mendonça e il nuovo direttore della polizia federale, Alexandre Ramagem. Come sappiamo, Sergio Moro si è dimesso dopo i tentativi di intromissione di Bolsonaro sulle inchieste che riguardavano lui e la sua famiglia.
A sostituirlo è stato chiamato Mendonça, che ricopriva l'incarico di avvocato generale dello Stato, ossia difendeva il governo federale nelle cause con gli Stati dell'Unione e che è conosciuto come “terribilmente” evangelico. Tale aspetto è tutto fuorché secondario. Egli, infatti, oltre alla professione di avvocato esercita il ruolo pastore di una chiesa presbiteriana, che ha appoggiato la candidatura a presidente di Bolsonaro già nel 2018. Il suo nome era balzato all'onor delle cronache già l'anno scorso, quando si cominciava a discutere l'esigenza di trovare qualcuno che sostituisse Celso de Mello, ministro del Supremo tribunale federale, che a novembre di quest'anno andrà in pensione per raggiungimento del limite di età previsto: 75 anni.
L'esigenza di sostituire un ministro laico con uno religioso deriva dalla volontà di Bolsonaro di influenzare tale tribunale, che se sull'aspetto dei diritti economico-sociali ha sempre adottato posizioni volte a ridurre diritti con la scusa dell'alto indebitamento dello Stato, sul piano dei diritti civili, forse perché meno costosi, ha spesso adottato posizioni in controtendenza, dal reato di omofobia alla possibile legalizzazione delle droghe leggere, posizioni sulle quali la massa di elettori bolsonaristi non può che protestare veementemente.
Mendonça comunque ha detto che il suo sarà un ruolo “tecnico” (e noi italiani sappiamo bene quanto i presunti tecnici possano fare danni). Tra le questioni principali quella più rilevante è la sua difesa della possibilità di carcere i condannati in secondo grado, ossia quando ancora manca un grado di giudizio; posizione questa derivata dalla necessità, secondo lui, di fare giustizia rapida per le vittime dei crimini e che ad esempio ha permesso l'arresto di Lula e l'impossibilità per lui di concorrere alle elezioni del 2018. Ma l'anno scorso il Supremo Tribunal Federal (STF) ha cambiato la sua posizione originale, permettendo la scarcerazione di Lula.
Come avvocato del governo, Mendonça lo ha supportato nella sua lotta contro le misure restrittive adottate da governi statali e municipali brasiliani, per contenere almeno parzialmente l'aumento dei casi da coronavirus. Ma soprattutto è riuscito a far eliminare un emendamento ad un decreto del governo, con il quale si obbligava a ottenere un accordo con i sindacati nel caso in cui le imprese volessero diminuire salario e orario di lavoro dei lavoratori. Egli, inoltre, nel mese di aprile, ha sostenuto che le misure restrittive adottate dai governi statali non hanno nessuna evidenza dal punto di vista tecnico, e che le misure di lockdown più o meno parziale non possono ferire le libertà individuali di movimento e non possono avere effetti troppo negativi sull'economia. Insomma un ministro della giustizia totalmente allineato ai voleri irrazionali del presidente Bolsonaro.
Ancora più complessa, se possibile, è la situazione al comando della polizia federale. Martedì 28 aprile Bolsonaro aveva scelto come nuovo capo Alexandre Ramagem, attuale capo dell'intellighenzia brasiliana, e amico personale di Bolsonaro e dei suoi figli, da quando nel 2018 aveva coordinato il gruppo di sicurezza durante la campagna elettorale dell'attuale presidente del Brasile. In particolar modo egli ha stretti vincoli di amicizia con il terzo figlio di Bolsonaro, Carlos, da quando durante la crisi politica con l'allora segretario del governo, Santos Cruz, Ramagem difese il presidente e fu risparmiato dagli attacchi del cosiddetto “gabinetto dell'odio”, gruppo online che lo stesso Carlos coordina, che si occupa di attacchi mediatici contro veri o presunti avversari del padre.
Domenica scorsa, a una precisa domanda di una sua fan su Facebook sul perché avesse scelto un amico di famiglia per un incarico così importante, Bolsonaro ha risposto : “e quindi? È un mio amico. Avrei dovuto scegliere l'amico di chi?” dimostrando di disconoscere totalmente la differenza tra l'essere presidente di un paese e un semplice deputato di Brasilia. Comunque Ramagem ha preso parte alla operazione Lava Jato, e ha partecipato all'arresto di membri dell'assemblea legislativa dello Stato di Rio de Janeiro. Inoltre è stato tra gli investigatori che si sono occupati della cosiddetta “rachadinha”, fenomeno di storno di parte degli stipendi dei portaborse dei deputati dell'assemblea legislativa, tra cui il maggiore tra i figli di Bolsonaro, Flavio. Ovviamente tutto ciò prima di diventare amico della famiglia Bolsonaro.
Peccato che un giorno dopo, mercoledì 29, Alexandre de Moraes, uno dei ministri dell'STF, abbia sospeso la nomina per evidente familismo, obbligando Bolsonaro a fare marcia indietro sulla nomina. Tra le motivazioni del ministro vi è l'inosservanza ai principi costituzionali di moralità, impersonalità e interesse pubblico, a maggior ragione per un incarico che non è direttamente subordinato al presidente, ma fa parte del sistema giudiziario del paese. In ogni caso, su questa decisione deve aver pesato senza dubbio la volontà, neanche troppo velata, di Bolsonaro, di intromettersi sui dati gestiti dalla polizia federale.
A questo punto non ci resta che aspettare chi sarà il fortunato scelto a capo di un'istituzione così importante del paese, sperando non sia troppo prossimo a Bolsonaro e ai suoi figli…