Ragioni politiche del risultato referendario

“L'indifferenza lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare”


Ragioni politiche del risultato referendario

Le ragioni di questi referendum sono importantissime, e riteniamo utile approfondire le motivazioni di chi ha sostenuto il "Sì" e promosso la campagna elettorale. Tuttavia, questo articolo non intende discutere i meriti dei quesiti stessi, bensì analizzare l’esito politico delle votazioni sui cinque referendum.

Il mancato raggiungimento del quorum per validare i referendum non significa certo mettere un punto definitivo sulle importanti questioni sollevate. Anzi, dal punto di vista politico, va notato come se ci fosse stato un contesto di azione maggiormente favorevole (come l’abrogazione di norme a danno dei lavoratori da parte dei governi di centro-sinistra) avremmo potuto sviluppare una mobilitazione più ampia. Tuttavia, non possiamo lamentarci troppo: in un sistema di democrazia rappresentativa sempre più debole, almeno si è tentata una scorciatoia referendaria.

Ogni votazione offre spunti di riflessione e va letta come una fotografia della realtà politica attuale, da cui ripartire. Il collettivo politico "La Città Futura", pur ritenendo che in una fase di riflusso un referendum non fosse - forse - lo strumento più efficace per coinvolgere le masse e ottenere degli obiettivi a breve termine, ha comunque sostenuto attivamente la campagna per il raggiungimento del quorum, data l’importanza cruciale delle tematiche per i lavoratori italiani.

I risultati mostrano che le "regioni rosse" hanno performato meglio, con Firenze in testa. Se fosse stato incluso nelle votazioni anche il referendum contro l’autonomia differenziata, promosso da un comitato ma sostenuto con convinzione dalla CGIL, presumibilmente si sarebbe potuto raggiungere anche l’obiettivo di aumentare l’affluenza, soprattutto al Sud, in quanto la popolazione del meridione avrebbe avvertito maggiormente l’esigenza di mobilitarsi. Parimenti, il raggiungimento del circa 30% (oltre 15 milioni di voti) non è scontato in un paese anziano, poco interessato strutturalmente alle questioni inerenti il lavoro attivo. 

Lo Stato capitalista avanzato cerca di smantellare la democrazia rappresentativa e scoraggiare la partecipazione politica. I bassi dati di affluenza e le tendenze in atto mostrano un allontanamento della politica dalla popolazione, ma d’altra parte non esistono movimenti di massa né una vera partecipazione della società civile alle decisioni politiche. Dunque la borghesia opera nelle migliori condizioni possibili, dato il disinteresse delle masse alla politica. Mentre i quesiti referendari abrogativi devono raggiungere il 50% più uno degli aventi diritto di voto mentre le votazioni delle cariche politiche non hanno un quorum. 

In questo contesto, la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il referendum sull’autonomia differenziata, come già si ricordava sopra, è stata una boccata d’ossigeno per i padroni. Il referendum, però, ci offre una fotografia reale del livello di egemonia culturale e coscienza politica degli italiani.

Si potevano accorpare i referendum alle elezioni locali per aumentare l’affluenza, ma questa opzione è stata scartata per calcoli politici, rendendo impossibile il raggiungimento del quorum e sprecare risorse pubbliche. Viviamo in un paese con una popolazione prevalentemente anziana e una piccola borghesia doppiamente sfruttata: formalmente dipendente solo dal proprio lavoro (dove più si lavora, più si guadagna), ma sostanzialmente soggetta al dominio delle grandi imprese.

Come diceva Guzzanti"C’è vita su Marte? Sì, ma solo il sabato sera". I comunisti devono saper agire in base alle condizioni reali del paese. In politica, non vale la legge matematica per cui "1+1=2": quel 30% di votanti non si tradurrà automaticamente in un sostegno ai partiti che hanno appoggiato i referendum, né tantomeno a quelli che in passato hanno combattuto per i diritti dei lavoratori.

Nonostante il Partito Democratico di Renzi abbia abolito l’articolo 18, permettendo alle grandi aziende di licenziare senza giusta causa, molti elettori continueranno a votarlo, ignorando il  peggioramento delle condizioni dei lavoratori. Infatti Elly Schlein, ora leader del PD, ha sostenuto l’abrogazione del Jobs Act, ma ciò non basta a cancellare la memoria storica degli errori di quel partito di centro. 

Nonostante ciò, la lotta per una maggiore coscienza delle masse passa anche dal sostegno incondizionato a forme di democrazia rappresentativa, che storicamente si rivelano vane in partenza se manca una partecipazione attiva alla vita democratica e, soprattutto, una ripresa della lotta di classe da parte dei lavoratori, in assenza di ciò l'avventura dei referendum non può che essere prevedibilmente ardua.

Un esempio concreto è il referendum del 2011 sull’acqua pubblica, l’unico che abbiamo vinto, ma che nella pratica non ha prodotto cambiamenti sostanziali. La storia procede a ondate: ci sono momenti in cui le rivolte abbattono leggi ingiuste e conquistano diritti, e altri in cui la lotta di classe viene condotta solo dall’alto, in modo repressivo o finto-democratico che sia. Il ruolo dei comunisti è duplice: condurre una battaglia difensiva, preservando le conquiste ottenute in una lunga guerra di posizione; prepararsi senza sosta all’avanzata, senza mai abbandonare l’obiettivo di un cambiamento radicale, di un mondo migliore.

13/06/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Angelo Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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