Votiamo no perché questa riforma serve a dare maggiore potere al Governo a discapito del Parlamento e senza doversi preoccuparsi del consenso sociale. Per questo la riforma renziana è sostenuta dalla Confindustria e dalla Cisl. E allora perché la Cgil non si è schierata ancora apertamente per il NO?
di Eliana Como*
Gli economisti del colosso finanziario americano JP Morgan lo dichiararono senza troppi giri di parole già nel 2013, quando invitarono i governi europei “a liberarsi delle costituzioni antifasciste” per sopravvivere alla crisi del debito. L'austerità imposta dalle banche all'Europa non tollera i vincoli democratici dettati dalle costituzioni scritte nel dopoguerra. La riduzione dei costi del lavoro, l'aumento della flessibilità e della libertà di licenziare, le privatizzazioni e le liberalizzazioni hanno bisogno di istituzioni politiche nazionali meno democratiche. Punto.
Nonostante una maggioranza risicata e traballante in un Parlamento eletto con una legge elettorale illegittima, il governo Renzi ha dato prova con la riforma Boschi e la nuova legge elettorale di obbedire alla finanza mondiale, accontentare JP Morgan e chiudere i conti con le origine antifasciste della Repubblica, mettendo mano alla Costituzione ereditata dalla Resistenza. L'effetto della riforma è di espropriare la sovranità al popolo e metterla nelle mani di un unico partito che si impossessa di tutti i poteri. Si consegna infatti un esagerato potere al partito che arriva primo alle elezioni, che, anche se con una ristretta minoranza, per effetto della legge elettorale, avrà facoltà di nominare la maggioranza assoluta dei parlamentari e tramite loro il Governo, il Presidente della Repubblica e diversi membri della Corte Costituzionale. Chi vince, insomma, vince tutto e non deve più dare conto a nessuno, nemmeno agli attuali organi di garanzia.
In autunno, Renzi aspetta il referendum, sperando in un consenso plebiscitario, sostenuto in prima linea dalla Confindustria, che, dopo aver incassato il jobs act e la libertà di licenziare a basso costo, si è già dichiarata entusiasticamente a favore della riforma, schierandosi apertamente per il SI. In realtà, la riforma sembra proprio essere stata dettata dai padroni e dai poteri forti con l'obiettivo non certo di ridurre i costi e i privilegi della politica ma di avere governi in grado di imporre le loro contro-riforme.
Di fatto, si riducono a 100 i senatori ma il Senato è tutt'altro che eliminato e piuttosto affidato - non tramite il voto ma la nomina - ai rappresentanti delle Regioni, quelli che in questi anni hanno contribuito a dare la peggiore rappresentazione della casta politica arrivista e corrotta. I tagli alla politica non sono nemmeno in discussione, con il mantenimento dei 630 deputati, degli spropositati stipendi e di tutti i privilegi bizantini della casta. Non è vero nemmeno che si semplifica il percorso legislativo e si supera il bicameralismo perfetto. Piuttosto, vengono confusi i ruoli e le funzioni delle due Camere, con l'unico obiettivo di dare maggiori poteri al Governo, riducendo l'autonomia del Parlamento.
Aldilà delle questioni di merito, in ogni modo, il punto è semplice. Dare maggiore potere al Governo a discapito del Parlamento e degli altri organismi di garanzia in modo che chi governa, anche senza una maggioranza forte, abbia possibilità di farlo senza preoccuparsi del consenso sociale. E' la riforma che serve ai padroni e come tale va respinta! Non si tratta soltanto di difendere le nostre istituzioni democratiche e antifasciste, ma soprattutto di impedire un ulteriore inasprimento delle condizioni sociali, perché non è difficile immaginare che i governi che avranno queste condizioni e questi margini di manovra vorranno tagliare ancora di più salari e diritti, pensioni e welfare.
Se allora Confindustria - e ora anche la Cisl - si sono schierate a favore del SI, non si comprende quale sia la titubanza della Cgil, che, pur avendo espresso un giudizio critico sulla riforma, non ha ancora dato una chiara indicazione per votare NO al referendum che si terrà in autunno. La Cgil è la più grande organizzazione di massa di questo paese e ha il dovere di schierarsi a difesa della Costituzione e contro un governo che rappresenta gli interessi di banche e padroni mentre fa a pezzi i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Il giudizio della Cgil non può limitarsi, allora, a essere soltanto di merito senza che questo determini una posizione chiara sul voto. Il rischio altrimenti è di ripetere l'errore già fatto con il referendum del 17 aprile contro le trivelle, dove è mancata una indicazione univoca da parte dell'organizzazione. Non è un caso se il segretario generale di una Cgil grande e importante come quella di Bergamo abbia potuto addirittura invitare pubblicamente a votare SI.
L'impegno per l'autunno non può che partire da qui. Ritessere le fila del malcontento che in questi anni Renzi ha prodotto, provando a far ripartire l'opposizione sociale a questo governo, a partire dalla campagna per il NO al referendum costituzionale, anche intrecciando le vertenze sui contratti nazionali aperti (dai metalmeccanici al pubblico impiego, alla scuola fino alla grande distribuzione commerciale) e riaprendo la mobilitazione sul tema delle pensioni, a partire dal netto rifiuto della proposta Poletti sui mutui alle banche per andare in pensione tre anni prima. Una proposta ridicola e persino provocatoria.
E' ora di mandare a casa il governo Renzi. Se saremo in grado di costruire un più vasto movimento sociale, il referendum in autunno apre una possibilità. Con il rischio, come sempre, che se non lo si fa da sinistra, si lascia il campo libero alle destre.
* sindacatoaltracosa - direttivo nazionale CGIL