Le clausole sociali nei cambi di appalto

Migliaia di lavoratori e lavoratrici sono alle prese con i cambi di appalto, alla mercé delle amministrazioni locali del PD e della destra che ormai parlano linguaggi simili e assumono, rispetto ai lavoratori meno tutelati, politiche improntate a logiche di mercato.


Le clausole sociali nei cambi di appalto

Migliaia di lavoratori e lavoratrici sono alle prese con i cambi di appalto, alla mercé delle amministrazioni locali del PD e della destra che ormai parlano linguaggi simili e assumono, rispetto ai lavoratori meno tutelati, politiche improntate a logiche di mercato. Ripartire dal ruolo delle cooperative ci aiuterebbe anche a capire meglio le ragioni di una sconfitta politica e culturale che non fa mai i conti con i rapporti sociali e il modo di produzione capitalistico dentro cui, non contro, opera il mondo cooperativo.

di Federico Giusti

Abbiamo redatto come sportello Cobas Pisa un piccolo vademecum sui cambi di appalto che vorrebbe essere uno stimolo anche a intraprendere percorsi sindacali unitari dal basso (per usare una definizione vecchia e conosciuta).

Il primo obiettivo nei casi di cambio di appalto è quello di non far applicare i contratti a tutele crescenti previsti dai decreti attuativi del Jobs Act con una campagna politica e sindacale rivolta agli enti pubblici.

Detto ciò vediamo alcuni aspetti inerenti il rapporto di lavoro e la clausola sociale di esecuzione premettendo che il primo compito di una organizzazione sindacale è quella di attivarsi prima della scrittura di un appalto, quando si è ancora nella fase embrionale e così facendo ottenere clausole a tutela dei posti di lavoro, clausole che non sempre possono avere una pezza di appoggio nei contratti collettivi nazionali di riferimento (per esempio l’art.4 CCNL Multiservizi).

In alcune gare di appalto troviamo scritta una clausola standard (generica ma in molti casi sufficiente):

In caso di aggiudicazione, l’Appaltatore si impegna, in via prioritaria, ad assumere e utilizzare per l’espletamento dei servizi, qualora disponibile, il personale precedentemente adibito al servizio quali soci lavoratori o dipendenti del precedente aggiudicatario, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’Appaltatore subentrante, anche al fine di garantire i livelli occupazionali e la continuità del servizio, fondamentale per i servizi oggetto di gara.

Non si tratta di una clausola che dia certezza assoluta anche sotto il profilo del mantenimento delle ore (spesso i contratti dominanti sono part time) e dei posti di lavoro perché la natura dell’appalto può essere suscettibile di qualche modifica e l’organizzazione di impresa della azienda o cooperativa subentrante potrebbe essere in contrasto con la conservazione dei posti di lavoro e dei contratti.

Proprio per questa ragione il contratto di appalto deve essere scritto in modo tale da evitare interpretazioni univoche e restrittive da parte del vincitore, vincolarlo il più possibile al rispetto di procedure, servizi per i quali personale qualificato e già operante nel medesimo appalto diventi in qualche modo indispensabile.

Di solito si prevede che le stazioni appaltanti possano esigere condizioni particolari per l’esecuzione del contratto, sempre che le stesse risultino compatibili con il diritto comunitario e, con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità.

Alcune amministrazioni locali sono arrivate al punto di giudicare la clausola a salvaguardia dei posti di lavoro una sorta di turbativa di mercato ma anche in questo caso non ci sono gli estremi per una decisione che lasci fuori lavoratori\trici.

L’attenzione degli enti pubblici è rivolta solo agli aspetti formali (bando, lettera d’invito, capitolato speciale) con il rispetto di tutti i doveri pubblicitari previsti dalla legge, ma attenzione: la presenza di clausole sociali non deve determinare, direttamente o indirettamente, conseguenze discriminatorie nel mercato U.E.

La conservazione dei posti di lavoro non può dirsi in contrasto con le normative comunitarie soprattutto se la natura dell’appalto è tale da avere alle sue dipendenze persone con particolari difficoltà di inserimento, con situazioni sociali e familiari disagiate.

Le stazioni appaltanti devono quindi garantire la libera circolazione dei mezzi e dei servizi ma la conservazione dei posti di lavoro non stride con questi principi, mentre altro discorso vale per le modalità e i criteri di aggiudicazione che ai fini strettamente sindacali non ci interessano.

Quanto poi alle cooperative di tipo B, ricordiamo che queste sono tenute ad assumere una certa quota (almeno il 30% ) di personale tra le figure svantaggiate e quindi hanno alcune tutele in più e la stazione appaltante, privata o pubblica che sia, può inserire nel bando la clausola sociale a salvaguardia di queste figure svantaggiate (non solo loro ma l’intero organico facente parte dell’appalto). Ciò non mette al riparo da eventuali cambiamenti organizzativi che possano anche determinare un appalto al ribasso con perdita di ore ma sicuramente non ci sono gli estremi per giudicare turbativa o illegale una clausola sociale che esplicitamente preveda la conservazione del posto fin dalla scrittura del bando.

Ripetiamo un concetto: le cooperative di tipo B sono più tutelate nella salvaguardia dei soggetti svantaggiati ma al contrario di altri non hanno tutele sociali nel contratto nazionale perché i sindacati rappresentativi scelsero di non ostacolare le centrali delle cooperative. Questa passività politica e culturale sta alla base di un grande equivoco di fondo rappresentato dalla figura del socio che spesso occulta e mistifica una condizione di lavoro subordinato e sfruttato a tutti gli effetti, ma allo stesso tempo fa sì che il socio non assuma mai un agire conflittuale.

Ricordiamo poi che con l'art 29 del Dlgs 276\03 era prevista la responsabilità solidale del committente almeno per quanto riguarda gli obblighi retributivi e contributivi maturati ( stipendi e contributi pensionistici) riprendendo l'articolo 2112 del Codice civile che nel caso del trasferimento di azienda sanciva la continuità del rapporto di lavoro senza alcuna interruzione (quindi nessun licenziamento e successiva riassunzione ma solo continuità del rapporto di lavoro pur con aziende\cooperative diverse). Il codice civile prevedeva poi la piena applicazione del contratto nazionale di lavoro o l'applicazione del nuovo CCNL adottato dalla azienda subentrante.

Lo stesso regime di solidarietà veniva applicato nei casi di cessione di un ramo di azienda ma nel nostro caso avveniva solo nel caso in cui oltre al personale ci fosse anche una cessione di beni.

Queste clausole, recepite in alcuni ma non tutti i contratti nazionali, scaturivano dalla necessità di garantire i posti di lavoro con la fine di un appalto. Negli appalti pubblici la clausola viene inserita direttamente nel bando di gara in modo da rendere automatico il diritto alla conservazione del posto di lavoro trasferendo lavoratori\trici a carico del futuro aggiudicatario.

Qui potrebbero sorgere alcune obiezioni soprattutto in enti pubblici meno attenti alla forza lavoro ma il diritto comunitario non è in contrasto con la clausola sociale che non rappresenta alcuna discriminazione verso aziende e cooperative che partecipino ad un bando di gara.

Detto ciò non esiste alcun obbligo di assunzione di tutto il personale, chi si aggiudica un appalto può accampare la motivazione della diversa organizzazione del lavoro e così risparmierà su qualche assunzione o magari diminuirà il monte ore di alcuni\e.

Spetta quindi all'appaltante il compito di verificare se sussistono le condizioni per non riassorbire la totalità del personale, insomma l'ente pubblico deve verificare in cosa consista l'effettivo mutamento tecnico ed organizzativo e eventualmente disconoscerlo, il che impegna l'ente pubblico ad un ruolo attivo e non solo di mero spettatore. Molto dipende comunque da come un bando di gara viene effettivamente scritto.

In tutti i casi esiste l'obbligo a convocare la rsu o la rsa durante il cambio di appalto e avviare una trattativa. Per questo i lavoratori e le lavoratrici devono organizzarsi sindacalmente e non affidarsi solo alle vaghe promesse di Cgil Cisl Uil che ricordiamo in molte aree vaste hanno concluso accordi con le centrali cooperative nell'ottica di non assumere mai un ruolo conflttuale con le stesse.

Ci sono poi alcuni CCNL , per esempio quello del trasporto e spedizioni merci per il settore artigiano, che prevedono (all'art. 42 bis) la priorità di assunzione per il personale già presenti nella precedente gestione, ovviamente sempre in presenza di pari condizioni dell'appalto (da qui la necessità che l'appalto non sia al ribasso). Ma ci sono altri contratti nazionali che non prevedono clausole sufficienti perché i sindacati maggiormente rappresentativi hanno scelto di non tutelare fino in fondo i lavoratori e le lavoratrici per conflitti di interessi, per esempio, con il terzo settore e le cooperative sociali.

Per concludere, crediamo che in presenza di una organizzazione sindacale combattiva e non compromessa e con la partecipazione attiva dei lavoratori e delle lavoratrici ci siano le condizioni per scongiurare licenziamenti nei cambi di appalto avvalendosi anche di una giurisprudenza che ad oggi, con i contratti nazionali vigenti, vincola i datori di lavoro al rispetto di alcune regole. Ma ribadiamo la necessità che si vigili sull'operato delle pubbliche amministrazioni fin dalla scrittura delle gare di appalto.

Lasciamo per ultimo la questione politica: tanti discorsi su Mafia Capitale (ma esultare per le dimissioni di Marino c'erano Casapound e Fratelli d'Italia) ma nessuna seria riflessione sul ruolo delle cooperative nell'epoca della riduzione del costo del lavoro e delle tutele crescenti, sul ruolo che hanno avuto nella logistica del nord est o nella privatizzazione\esternalizzazione dei servizi sociali.

Ripartire dal ruolo delle cooperative ci aiuterebbe anche a capire meglio le ragioni di una sconfitta politica e culturale che non fa mai i conti con i rapporti sociali e il modo di produzione capitalistico dentro cui, non contro, opera il mondo cooperativo.

Per approfondimenti:

http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2015/05/Subentro-di-nuovo-appaltatore-e-garanzie-lavoratori-wki.pdf

16/10/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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