Lavoratori/trici cercasi?

È in atto una feroce ristrutturazione capitalistica che riguarda non solo la transizione ecologica ma l’intero mondo produttivo. Anche la pubblica amministrazione italiana sarà soggetta a profonde trasformazioni. Si tratta di operare un salto di qualità nell’analisi dei processi in atto e non cadere nella perdente logica degli slogan.


Lavoratori/trici cercasi?

In una recente audizione alla Camera, il ministro Brunetta ha annunciato la prossima revisione dei vincoli di spesa per la pubblica amministrazione (Pa) e in particolare per enti locali e Regioni. Per attuare il Pnrr e così accedere ai fondi europei in tempi rapidi gli enti locali, con la attiva partecipazione dei sindaci, si affretteranno nell’opera di esternalizzare innumerevoli servizi giudicati non strategici.

Gli enti locali si piegheranno non solo ai dettami dell’impresa privata ma si preparano a rinunciare alla gestione diretta di innumerevoli servizi, sociali, culturali, sportivi in primis.

La esternalizzazione di questi settori determinerà la gestione privata, tramite gara di appalto se non con l’affidamento diretto ove sia possibile, di servizi ormai giudicati autentiche zavorre, servizi senza dubbio non funzionali a reperire i soldi europei.

E in questa ottica utilitaristica rinunceranno a gestire direttamente servizi con ricadute sociali negative per le classi meno abbienti, con il ritorno alla politica delle privatizzazioni, incentivata nel nome del Pnrr. E sempre nel nome dei soldi europei saranno stravolte le politiche del personale nella Pa, spingendo verso la revisione dei profili professionali e i processi di esternalizzazione e di appalto. Nel corso di alcuni anni tutte le funzioni svolte dai livelli più bassi potrebbero ritrovarsi fuori dagli enti locali.

La Pa, sempre secondo il ministro Brunetta, necessita di competenze e innovazione. Difficile dargli torto. Bisognerebbe però ricordare che in materia di formazione l’Italia spende meno di ogni altro paese europeo, che i nove anni di blocco del turnover hanno messo in ginocchio uffici e servizi. Si occulta inoltre la reiterate volontà del ministro di non scorrere le graduatorie concorsuali vigenti.

Nei prossimi anni avremo processi feroci di esternalizzazioni e di sostanziale soppressione dei livelli più bassi accrescendo al contempo meccanismi iniqui e divisori nella gestione dei livelli contrattuali e salariali.

Ma ben altri, e sicuramente maggiormente invasivi cambiamenti riguarderanno il settore privato, ragione per cui sarebbe logico guardare a quanto accade ormai da mesi negli Usa.

L’economia Statunitense sta conoscendo una nuova fase neokeynesiana, sia pure nella versione conforme alla sua volgarizzazione. Se confrontiamo gli aiuti statali all’economia nazionale si scopre anche l’irrisorietà dei fondi del Pnrr europei. 

I dati economici parlano dell’occupazione Usa in rapida crescita. Non altrettanto registriamo sul fronte salariale. Ma questi dati sono a macchia di leopardo. In tanti settori l’occupazione risulta ancora inferiore a quella del 2019 e la crescita non è costante ma riguarda solo alcuni settori. Del resto gli Usa sono ancora in piena emergenza Covid con numeri di morti e ricoverati nelle terapie intensive invariati rispetto a un anno or sono.

Il numero di americani in cerca di occupazione è ancora ai livelli di un anno fa e si registrano solo lievi diminuzioni del tasso di disoccupazione con settori in crisi e altri a trainare la ripresa. Per esempio manifattura, trasporti e costruzioni presentano dati occupazionali assai più contenuti dei servizi professionali alle imprese o del settore commercio e turismo per non parlare poi di istruzione e sanità, settori sui quali punta l’amministrazione Biden per rilanciare un sistema di welfare affossato da 40 anni di neoliberismo.

È quindi implicito che alcuni settori siano destinati a forte ridimensionamento occupazionale dopo i due anni di pandemia e i processi di ristrutturazione del capitalismo Usa porteranno investimenti solo nei settori emergenti.

Allo stesso tempo è tutt’altro che scontata la mobilità della forza lavoro da settori in crisi ad altri in salute (si fa per dire). Pensiamo all’Ue che in materia di formazione per 40 anni ha investito poco o nulla eccezion fatta per la Germania. I processi di privatizzazione escono dalla porta per rientrare dalla finestra perché rappresentano una costante indelebile nella crisi di accumulazione e nei processi riorganizzativi del sistema capitalistico.

Nella impossibilità di ricollocare la forza lavoro vicina alla pensione, tanto negli Usa quanto in Italia, hanno giocato la carta dell’anticipo previdenziale. Con la differenza che nel primo caso gli stimoli federali, tra assegni familiari e individuali, incremento dei sussidi di disoccupazione, buone uscite, risultano decisamente più generosi di quelli di casa nostra.

Ancora ignoto è poi l’impatto dei pensionamenti anticipati. In Italia, per esempio, chi ha beneficiato della quota 100 aveva parte degli anni lavorativi calcolati con il vecchio sistema retributivo che risulta assai vantaggioso rispetto a quello contributivo che dominerà invece i futuri scenari previdenziali. Salari da fame determinano pensioni da fame costringendo lo Stato a potenziare, tra 15/20 anni, le misure di sostegno e il welfare che oggi invece viene indirizzato verso gli incentivi ai giovani rispetto alla tradizionale spesa pensionistica.

Negli Usa, da qualche anno a oggi, si registra un forte aumento della conflittualità sociale e degli scioperi con un sindacato per altro screditato e fortemente indebolito da Reagan in poi.

È quindi evidente che l’analisi e la comprensione dei processi in atto non possa servirsi di interpretazioni mutuate dai giornali del capitale ma arricchirsi di dati e strumenti capaci di cogliere i processi in atto e le trasformazioni riguardanti non solo il sistema produttivo ma la Pa, il welfare e la stessa riconversione ecologica, la quale a occhio e croce farà la parte del leone.

26/11/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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