Mentre scriviamo è in corso il dibattito in Senato e Italia Viva ha annunciato, come fatto alla Camera, l’astensione, non una chiusura netta al governo bensì quella distanza necessaria a logorarlo.
L’esecutivo Conte non è nei nostri cuori. In quasi un anno di pandemia ha perso innumerevoli occasioni per restituire forza e dignità alla sanità pubblica, all’istruzione, per restituire potere di acquisto ai salari favorendo la ripresa della domanda. I morti e malati da Covid non avranno giustizia. Circolari Inail rendono arduo il riconoscimento del contagio nei luoghi di lavoro. Eccetto casi come quelli della sanità, le inchieste della magistratura sono ancora in corso e non sappiamo chi pagherà, e se pagherà, per il ritardo nella redazione di un piano antipandemico adeguato all’emergenza.
Le sentenze della magistratura sulle stragi da lavoro, sui morti per amianto e su quelli di Viareggio non sono andate nella direzione auspicata. Caduti i reati più gravi abbiamo avuto tante prescrizioni o perfino assoluzioni.
Qualcuno obietterà che l’autonomia della magistratura è sacra nel rispetto della Costituzione, ma dimenticheremmo come negli ultimi 40 anni le sentenze siano state per lo più funzionali al primato dell’impresa, schiacciando invece i diritti del lavoro e della salute. Quando il movimento operaio è debole e frammentato, quando per troppi lustri abbiamo subito sconfitte, anche la giustizia borghese regredisce e nel paese cresce il senso di ingiustizia.
Sicuramente il governo Conte avrebbe potuto osare di più nel rimuovere i tetti di spesa che impediscono assunzioni di personale in modo adeguato alle reali necessità, ma ogni sua decisione è avvenuta in ossequio ai dettami della Bce. Anzi nei giorni della crisi il presidente del Consiglio ha rilasciato dichiarazioni in stile democristiano a favore della Ue.
Sempre l’attuale esecutivo non ha cancellato le leggi vergogna come i pacchetti sicurezza, qualche cambiamento c’è stato ma lasciando al loro posto le parti che accrescono le pene per i reati sociali e di piazza, in perfetta continuità con i governi di centrodestra e con quelli precedenti (do you remember Minniti?).
Chi dunque intravede nel governo Conte 2 una rottura con il passato mente e conduce un’operazione ideologica pericolosa, di mera giustificazione di scelte sbagliate e nel solco delle compatibilità neoliberiste. Le poche fratture avvenute sono state dettate dall’agenda europea che ha rivisto temporaneamente, causa pandemia, parte delle politiche di austerità.
Fatte queste premesse, l’appello promosso da Anpi, Arci, Cgil, Cisl, Uil e alcuni sedicenti realtà comuniste a favore del governo Conte è senza dubbio il segnale eloquente della perdita di ogni autonomia, di senso critico verso l’esistente, di subalternità politica e culturale.
Alcuni dei firmatari tengono a precisare che l’appello è stato redatto a dicembre quando per altro i motivi del contendere all’interno della maggioranza governativa erano già definiti. Colpisce la lucidità con la quale un esponente della Cdu tedesca analizza, sulle pagine di un importante quotidiano italiano, la crisi governativa spiegando che Renzi sbaglia a provocare la crisi di governo ma ha ragioni da vendere nell’invocare il Mes.
“Uniamoci per salvare l’Italia”, questo è il titolo dell’appello e ci riporta indietro di anni quando sindacati, intellettuali, associazionismo scendevano a fianco dei governi di centro-sinistra senza mai mettere in discussione le politiche di austerità, il taglio ai salari e al welfare, l’innalzamento dell’età pensionabile.
Sarebbe stato sufficiente che il governo Conte 2 avesse cancellato (o intendesse farlo) la legge Del Rio, la Fornero e il Jobs Act per giustificare una levata di scudi a suo favore. Non sarebbe stato un esecutivo rivoluzionario ma senza dubbio di cambiamento, e in tale caso avremmo anche potuto capire un appello a suo sostegno, magari senza condividerlo e firmarlo. Ma sarebbe stato logico che una parte della società civile, delle realtà sindacali e associative riconoscessero la validità di un esecutivo di rottura rispetto a quelli precedenti. Al contrario, invece, vediamo una perfetta continuità con il passato.
A prevalere sono ancora una volta le logiche della subalternità ai sistemi di potere politico ed economico, la stampella offerta con fin troppa generosità al governo di turno come già accaduto quando il nostro paese partecipava alla guerra globale o accettava senza remore i diktat della Bce mostrandosi più affidabile delle destre agli occhi interessati del capitale.
Non sfugge ai nostri occhi la rimozione del recente passato. Del resto tra i nemici di Renzi, nemici si fa per dire perché governano d’amore e d’accordo nelle giunte locali, c’è chi lo aveva votato alla guida del Pd spingendolo fino al governo che tagliò più di molti altri il welfare, la sanità, le spese per l’istruzione, assestando duri colpi ai diritti sociali e del lavoro.
Ma siamo ancora più colpiti dal bagaglio retorico e ideologico a supporto dell’appello, per esempio l’ennesimo utilizzo errato dell’antifascismo. Infatti sono proprio le contraddizioni politiche del governo, l’austerità e il neoliberismo mai messi in discussione e le conseguenti crescenti disuguaglianze che, ampliando le sofferenze sociali, creano sempre più spazi alla destra eversiva.
Eppure buona parte dei firmatari di questo appello sono stati complici di una forma moderna di fascismo, quella che meglio di noi Emiliano Brancaccio ha saputo descrivere, il fascismo delle politiche di austerità imposte attraverso la Bce e i patti di stabilità che hanno portato alla riscrittura anche delle carte costituzionali di alcuni paesi (sulla riscrittura del titolo V non obiettano i firmatari dell’appello e la maggioranza a sostegno di Conte). E quel fascismo finanziario ha finito con il produrre danni nefasti lasciando alle destre reazionarie l’egemonia sulle masse popolari sempre più divise e influenzate dall’ideologia xenofoba.
Se una Resistenza va rilanciata è quella delle classi lavoratrici dalle politiche di austerità, dalle liberalizzazioni che hanno ridotto la sanità pubblica allo stato attuale.
Se l’antifascismo deve essere ancora un sentimento condiviso dalle masse, deve aggiornarsi e non restare un corpo ideologico retorico a sostegno dei governi. La storia dovrebbe essere fonte di insegnamento e il nemico odierno contro cui fare fronte è proprio il liberismo e le sue politiche.
I firmatari dell’appello vorrebbero presentarsi come i cantori della solidarietà, ma quei valori sono stati calpestati da tempo anche attraverso politiche sociali devastanti che hanno precarizzato il lavoro e accresciuto l’età pensionabile. È forse solidale l’iniquo scambio tra parti di salario e bonus rinunciando alla sanità e alla previdenza pubblica a favore delle pensioni integrative e dei fondi salute o della sanità privata? Di questo Cgil, Cisl e Uil non parlano perché nel frattempo, anche in piena crisi pandemica, hanno rivendicato la firma di contratti dentro i quali si rafforza la perdita salariale e il ricorso alla sanità integrativa.
E la democrazia? I firmatari dell’appello sono sodali con il neopresidente Usa Biden, con i democratici che hanno fatto proprie le politiche neoliberiste e di drastico ridimensionamento del welfare negli anni a guida della famiglia Clinton.
Non pecchiamo di massimalismo nel dire che i firmatari di questo appello non abbiano alcuna intenzione di entrare nel merito del Piano di resilienza approvato dal governo, non siano un argine contro il Mes; del resto si ricordano della necessità di rimuovere i tetti di spesa e le politiche di austerità, dentro le quali c’è anche la riforma Fornero, solo quando c’è da socializzare le perdite dei capitalisti.
La vecchia tendenza dell’associazionismo e dei sindacati nel fare da sponda ai governi benedetti dalla Bce è il problema rimosso. Non ci meraviglia neppure che a sottoscrivere l’appello siano anche sedicenti gruppi comunisti alla ricerca di qualche sponda per il ritorno in parlamento ma lontani anni luce dalle istanze che dovrebbero animare i comunisti stessi.
E la dichiarazione del segretario di Rifondazione Comunista Acerbo si commenta da sola: “Abbiamo aderito all’appello proposto dall’ANPI «Uniamoci per salvare l’Italia» perché condividiamo da sempre l’impegno per la difesa e l’attuazione della Costituzione repubblicana del 1948, il rifiuto di ogni forma di razzismo e discriminazione, la lotta contro i nuovi fascismi, le idee che il testo propone come base indispensabile per affrontare la crisi che viviamo”.
Ebbene, perché Acerbo si accoda a questa compagnia filogovernativa? La Costituzione rivendicata e difesa dai comunisti non è certo quella della riforma del Titolo V o che include il rispetto del patto di stabilità finanziaria. Il taglio della rappresentanza parlamentare è un prodotto delle forze di governo. L’antifascismo di cui siamo sempre stati sostenitori individuava anche la natura di classe e reazionaria di quel regime, come oggi dovremmo fare per le politiche di austerità e neoliberiste.
Non c’è che dire, il tragico epilogo di un partito ormai ridotto a numeri esigui che sogna il ritorno in parlamento (dove per altro non approderà mai più) perdendo ogni identità e visione critica della realtà conferma che i cloni sono peggiori degli originali, gli ex bertinottiani sono ancor più deprecabili del vecchio segretario del partito che portò alla rovina la generazione scesa in piazza contro il G8 di Genova.