Risposta all’articolo del compagno Raul Mordenti

Caro Raul, ho letto con interesse il tuo articolo dal titolo “Due compiti diversi e legati, costruire il partito comunista, costruire l’unità della sinistra”. Ovviamente parlerò solo di quelle da chiarire e di quelle su cui non sono d’accordo. Spero sinteticamente, giacché molte delle mie ragioni le ho recentemente espresse in un lungo articolo.


Risposta all’articolo del compagno Raul Mordenti

 

Caro Raul, ho letto con interesse il tuo articolo dal titolo “Due compiti diversi e legati, costruire il partito comunista, costruire l’unità della sinistra”. Ovviamente parlerò solo di quelle da chiarire e di quelle su cui non sono d’accordo. Spero sinteticamente, giacché molte delle mie ragioni le ho recentemente espresse in un lungo articolo.

di Ramon Mantovani, CPN PRC

Caro Raul, ho letto con interesse il tuo articolo dal titolo “Due compiti diversi e legati, costruire il partito comunista, costruire l’unità della sinistra”. Ci sono diverse cose che mi convincono, altre che considero ispirate da equivoci, ed alcune che non condivido. Ovviamente parlerò solo di quelle da chiarire e di quelle su cui non sono d’accordo. Spero sinteticamente, giacché molte delle mie ragioni le ho recentemente espresse in un lungo articolo.

1) non sono d’accordo nel dire che all’ultimo CPN sia stata respinta la linea del partito decisa al congresso. Per essere chiaro fino in fondo dico che se il CPN avesse approvato un documento alternativo a quello proposto dalla segretaria, questa avrebbe dovuto immediatamente dimettersi.
Ma, come è noto, non è questo che è successo. Per il semplice motivo che i tre documenti alternativi presentati e poi ritirati all’ultimo istante (e tornerò tra breve su queste pratiche) contenevano tre linee politiche totalmente incompatibili tra loro. E’ stato bocciato il documento della segreteria da un voto composto da posizioni eterogenee e incompatibili tra loro, abbastanza casuale visto che era assente un terzo dei membri dell’organismo, e il CPN si è concluso senza aver approvato nessun documento.
 
Se la segretaria si fosse dimessa a mio parere avrebbe compiuto un atto irresponsabile per un banale motivo. Avrebbe sancito che il partito era sprovvisto di una qualsiasi linea aprendo una fase di ulteriori scontri tanto inutili quanto sterili politicamente.

Detto questo mi preme anche chiarire, per quel che vale, il mio pensiero sul modo di funzionare del gruppo dirigente del partito.

Un gruppo dirigente diviso in correnti che si comportano come partiti contrapposti e che agiscono come se si trovassero in una dialettica governo-opposizione in un parlamento, con tanto di filibustering, trucchi ed ostruzionismi vari, usi impropri del numero legale, non può essere il gruppo dirigente di un partito comunista.

In un partito comunista e nei sui organismi ci possono essere maggioranze e minoranze, anche sulla linea politica oltre che su punti specifici e decisioni puntuali. Ed è per me sacro il diritto delle minoranze di difendere anche pubblicamente le loro posizioni. Ma non è ammissibile che una o più minoranze tentino di impedire che il partito faccia ciò che ha deciso, sia praticando un’altra linea con altri soggetti politici per impedire che si realizzi quella del partito, sia tentando di cambiarla in modo surrettizio usando espedienti come quello usato all’ultimo CPN.

Ovviamente il compito della maggioranza e di tutto il gruppo dirigente è quello di trovare una sintesi sempre più avanzata.

Ma questa funzione dirigente essenziale non si può esercitare se ad ogni riunione la discussione deve ripartire sempre dall’inizio, come se il congresso dovesse ripetersi all’infinito. Se le minoranze, le stesse che teorizzano di non essere vincolate dalle decisioni prese collettivamente, si riuniscono per conto loro e decidono a maggioranza vincolando i propri membri ad una disciplina di corrente. Se le minoranze si rifiutano di assumersi la responsabilità di far parte degli organismi esecutivi del partito.
Non si può invocare la sintesi e contemporaneamente comportarsi in questo modo.
E per trovare sintesi sempre più avanzate, e non sintesi al ribasso e tanto generiche da nascondere quelle divergenze che si ripresenteranno immancabilmente alla prima occasione, un gruppo dirigente ha bisogno di un confronto serio e leale. Chiaro e senza secondi fini. Fondato su analisi serie e proposte chiare e non su demagogie, iperboli e perfino insulti.

Naturalmente il problema è di tutti. Maggioranza e minoranze. E di ogni singolo dirigente.

2) la sintesi è possibile? io penso di sì. Tu hai scritto: “Le esigenze fra cui fare sintesi (insisto: sintesi, non mediazione) sono evidentemente due: da una parte l’esigenza di costruire il Partito, rafforzarlo, anzi rifondarlo, e dall’altra l’esigenza di costruire uno schieramento più ampio e unitario della sinistra anticapitalista, pacifista, antifascista, democratica. Molti, se non tutti, concordano a parole che una cosa non si può fare senza l’altra, che senza un forte partito comunista, capace di iniziativa politica e di vero radicamento sociale nel conflitto di classe, non c’è, almeno in Italia nessuna sinistra, e d’altra parte che il Partito ha bisogno per vivere di poter nuotare in un mare più vasto, in un sistema articolato di alleanze sociali e politiche.”

Io sono d’accordo, anche sulle virgole.

Ma, a quanto pare, l’ostacolo principale nel trovare una sintesi sembra essere la concreta proposta sul come unire la sinistra di cui parli.

Ora, credo sia difficile attribuirmi l’intenzione di voler sciogliere il partito in una sinistra generica, indefinita e priva di discriminanti politiche chiare. Come mi sembra difficile attribuirmi l’intenzione di voler trasformare il partito in una setta isolata e testimoniale.

Sebbene sia sicuro che tu non pensi così male di me, devo testimoniarti che sia da compagne/i della terza mozione sia da compagne/i di essere comunisti mi sono state mosse queste accuse.
Lo dico non per chiedere atti di fede nella segreteria e tanto meno nel sottoscritto. Lo dico per cercare di rimuovere dalla discussione un elemento mortale per ogni serio dibattito. Il processo alle intenzioni, che non permette confronto, e tanto meno sintesi.

Ma veniamo al dunque.

Io, come ho cercato di dimostrare nell’articolo che hai citato, penso che il PRC debba recuperare lo spirito fondamentale per un partito comunista. Che è “fare” la lotta di classe e non “parlare della lotta di classe” dedicandosi esclusivamente alle elezioni. Non ci torno.

Nelle condizioni attuali dello scontro di classe e con questo sistema politico ed elettorale intrinsecamente nemico di ogni istanza di cambiamento reale, penso siano totalmente sbagliate le due soluzioni (e quindi linee politiche) che il sistema stesso suggerisce per noi. Inutili nella testimonianza ed inutili in alleanze di governo di centrosinistra.
Dovrebbero averlo testimoniato a sufficienza tutte le nostre esperienze ventennali e soprattutto quelle delle nostre innumerevoli scissioni. Che hanno riprodotto tutte, anche se in diverse dimensioni, lo stesso problema, scindendosi immancabilmente anche loro. Come è capitato al Pdci, a Sinistra Critica e a Sel.

C’è una via di uscita? Io penso di sì. Ma non credo affatto che si possa fondare su suggestioni e volontarismi. Penso che si debba fondare sull’analisi di una realtà che presenta notevoli novità.
Il sistema è in crisi. La crisi economica ha messo a nudo l’impotenza e la totale subalternità del sistema politico al capitalismo finanziario e alle compatibilità del mercato.
Nel Sud dell’Europa è evidente che sorgono fenomeni politico-elettorali inimmaginabili fino a poco tempo fa. Syriza, il Movimento 5 Stelle e Podemos ne sono figli. Oltre ad un crescente astensionismo di massa. Sono cose completamente diverse fra loro, ed anche l’astensionismo ha ragioni diverse e spesso contrapposte fra loro. Ma testimoniano che c’è qualcosa di molto profondo. E, per quanto distorto ed ancora egemonizzato dal pensiero dominante, questo qualcosa è intimamente connesso alla crisi capitalistica.

C’è l’occasione per tentare di costruire un’unità vera fra tutti quelli che, coscienti o meno fino in fondo delle vere cause della crisi, lottano per difendersi dagli effetti della crisi.
L’unità si può costruire solo su contenuti chiari e con una linea di condotta chiara. Antiliberismo, pacifismo, ecologismo, femminismo, antifascismo, sono i contenuti che tu stesso indichi. E la linea di condotta chiara è l’indipendenza dal PD. Ma io aggiungo anche una chiara alternatività e diversità rispetto al sistema politico vigente in sé. Credo che fino a qui noi due siamo d’accordo. O no?

Ovviamente non lo sono coloro che vorrebbero unire la sinistra (sic) proponendo come discriminante ideologia e simboli comunisti. E non lo sono coloro che vorrebbero unire la sinistra per tentare per la quarantesima volta di ricostruire il centrosinistra col PD. Di Renzi o di Bersani per me fa lo stesso.

Se sui contenuti e discriminanti siamo d’accordo passiamo ai modi con i quali unire questa benedetta sinistra.

Tu indichi questa soluzione: “Credo che una soluzione equilibrata del problema sia la sperimentazione di una forma politica non partitica, ma federale e pattizia, fra diversi soggetti politici, collettivi o individuali, ciascuno dei quali dotato di una sua rispettabile, e anzi necessaria!, autonomia.”

Ma, caro Raul, qualsiasi federazione fra partiti ed altri soggetti necessita di un equilibrio che garantisca ad ognuno pari dignità. E per quanto si possa negoziare il “peso” che ognuno deve avere bisognerà sempre garantire che le decisioni siano consensuali. Perché una federazione non può funzionare a maggioranza. A meno di pensare che ci siano partiti e soggetti collettivi disposti a farsi dirigere dal partito più forte.

Inoltre ed infine, una federazione si può fare solo a livello verticistico fra forze diverse. Le singole persone non tesserate a nessuno, che sono la stragrandissima maggioranza della sinistra reale italiana, sarebbero passive spettatrici dei mille litigi e manovre interne ai ceti politici dei vertici delle forze federate. Del resto noi questa strada l’abbiamo già tentata. E i risultati si sono visti.

Costruire dal basso una forza politica che abbia un programma di fase (per intenderci un programma antiliberista per uscire dalla crisi a sinistra) è l’unica strada, comunque impervia e difficile, per unire tutto ciò che è unibile. Dal basso non significa demagogia basista. Contenuti fondamentali e linea di condotta non possono essere “casuali”. Dal basso significa che tutti quelli che partecipano devono avere la pari dignità e lo stesso peso. E per garantirlo c’è solo un modo. Democrazia e principio di una testa un voto. Dati i contenuti e la linea di condotta questo modo di funzionare è l’unico che può essere attraente per centinaia di migliaia di potenziali partecipanti.
Ovviamente, e veniamo al tema del da te paventato scioglimento del partito, per i comunisti che pensano, e non è certo il tuo caso, che il compito principale di un partito comunista, per non dire l’esclusivo, sia essere “visibile” alle elezioni impegnarsi in un simile progetto vuol dire sciogliere il partito.
Siccome ho avuto un modesto ruolo nell’elaborare la proposta all’oggetto della nostra discussione e diatriba, vorrei rassicurarti circa le mie autentiche intenzioni e soprattutto circa la realizzabilità del progetto.

Senza copiare pedissequamente nulla ho attinto all’esperienza di Izquierda Unida. Perché mi sembra la più vicina ed utile esperienza dalla quale poter imparare.
Da 30 anni il PCE non è “visibile” alle elezioni. E nel suo statuto c’è scritto (articoli dal 112 al 120) che il Pce cede ad IU due sue competenze: la presentazione alle elezioni e la presenza diretta nelle istituzioni. Come c’è scritto che chi si iscrive al PCE ha il “diritto-dovere” di iscriversi ad IU. Analoghe cose ci sono scritte negli statuti di altre forze, nazionali e regionali, che hanno deciso di aderire ad IU. IU si definisce come “movimento politico sociale”. La sua vita interna funziona più o meno come quella di un partito. Ci si iscrive individualmente e gli iscritti partecipano con il principio una testa un voto. Gli iscritti del PCE non sono organizzati come corrente in IU.

La cessione di sovranità circa le elezioni e le rappresentanze istituzionali significa che il PCE non se ne occupa? Ovviamente no. Significa che il PCE ne discute, elabora idee, proposte ecc. Sono i militanti del PCE iscritti ad IU a farle valere e a proporle dentro IU. Ma senza vincolo di mandato e senza una propria corrente. In IU quando a livello locale c’è una differenza di opinioni sulla alleanza o meno con il Psoe o altri, si fa un referendum fra gli iscritti. Chiaramente il PCE locale dice la sua, ma la decisione finale è di IU.

Le molte pratiche sociali del PCE, le sue attività culturali, le sue forme di autofinanziamento (il PCE nazionale percepisce da IU una quota irrilevante del finanziamento pubblico, pari più o meno allo stipendio di un funzionario), le sue sedi, le sue feste, le sue manifestazioni pubbliche, la sua propaganda, (volantini manifesti riviste), la sua formazione, sono totalmente autonome da IU.
Sfido chiunque a dire che il PCE si è sciolto in IU. Sfido chiunque a sostenere che le attività del PCE siano solo la manovalanza per IU. Sfido chiunque a dimostrare che in Spagna c’è anche un solo cittadino che pensi che non esista un partito comunista e che non sappia che il PCE è l’anima politica di IU.

Insomma, caro Raul, possiamo discutere proficuamente se questo o quel documento di Revelli o altri siano adeguati. Possiamo discutere se proporre o meno che la nuova forza che si presenterà alle elezioni abbia le tessere o altre e diverse forme di adesione individuale.

Ma, per favore rimuoviamo dalla discussione il tema dello scioglimento del partito. Che impedisce di discutere seriamente nel merito di molte altre cose che meritano approfondimenti.
Per altro, e vorrei che fosse anche questo chiaro, non esiste nessuna formula organizzativa che possa impedire divisioni politiche. E qualsiasi cessione di sovranità non è, ovviamente, irrevocabile. Un partito come la cede se la può riprendere in qualsiasi momento. Essa serve a dimostrare e garantire l’impegno in una costruzione democratica ed unitaria. Non a vincolarsi ad una unità che perdesse i presupposti per essere mantenuta.

Io però penso che le compagne e i compagni che comporranno questa nuova forza unitaria avranno posizioni molto chiare ed avanzate. E che le nostre idee, se proposte senza borie e soprattutto senza dover passare per mediazioni infinite tra ceti politici, saranno egemoni.
Sono sicuro, per esempio, che se la Federazione della Sinistra avesse fatto un referendum circa l’alleanza o meno col centrosinistra, come noi proponemmo, la nostra posizione avrebbe stravinto.
Perciò insisto nel dire che non dobbiamo avere nessuna paura.

Ti abbraccio forte e ti ringrazio.

18/12/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Ramon Mantovani

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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