Il green pass è una misura efficace?

Il green pass, pensato come una misura per riaprire le attività economiche in assenza di altri provvedimenti, è inadatto in questa fase a contenere i contagi; meglio sarebbe pensare alla vaccinazione obbligatoria.


Il green pass è una misura efficace?

 

La pandemia ha acuito una crisi capitalistica in atto da decenni e, come in ogni altra crisi, la classe dominante ha cercato di scaricarne i costi sulle classi subalterne. L’origine del virus tuttavia non può essere ascritta al capitalismo, sebbene la gestione del fenomeno da parte dei paesi capitalistici sia stata disastrosa, poiché improntata a limitare i danni economici alle attività private. Ancora ignota è la causa di questa pandemia e se il paese di origine sia stata effettivamente la Cina o altri, sebbene alcuni studi evidenzino come l’allevamento intensivo e l’antropizzazione della natura amplifichino il passaggio di specie dei virus. Per prevenire questi fenomeni sarà necessario risolvere nella società futura socialista una serie di questioni fondamentali come il controllo della popolazione mondiale, un’alimentazione sostenibile e uno sviluppo industriale e agricolo non dannoso per l’ambiente. Queste problematiche saranno maggiormente affrontabili da una società in grado di programmare le proprie esigenze produttive rispetto a una caratterizzata da uno sviluppo anarchico delle forze produttive.

La strategia governativa adottata in Italia, e in altri paesi capitalistici, per contrastare il diffondersi del virus SARS-Cov-2 ha mostrato tutti i suoi limiti. La critica, per una battaglia politica, a questa gestione può assumere due differenti indirizzi: o si evidenziano le insufficienze delle politiche adottate per contenere e prevenire il diffondersi del virus oppure si mettono in risalto le misure eccessive messe in atto che intaccano le libertà individuali, “tertium non datur”. Nel primo caso si evidenzia la pericolosità del virus, ritenendo le misure adottate inadeguate ad affrontare la pandemia di COVID-19. Nel secondo caso si ritiene che la pericolosità del virus sia sovrastimata e che le misure adottate non fossero necessarie, ma imposte unicamente come strumento di controllo della popolazione. Credo che il numero dei morti e il rapido diffondersi della pandemia dovrebbe, senza ombra di dubbio, mostrare come le misure adottate siano state del tutto insufficienti ad affrontare le sfide poste dal virus.

Le critiche della gestione possono essere indirizzate a vari aspetti del fenomeno: alle misure di individuazione e prevenzione del diffondersi della malattia e alla cura dei soggetti malati. Ognuno di questi aspetti è fondamentale per affrontare in modo adeguato un fenomeno di natura epidemica, tuttavia in questo articolo affronterò solo la questione delle misure preventive, ritenendo l’aspetto della prevenzione prioritario rispetto a quello della cura, in linea con la filosofia medica di Ramazzini esemplificata dal detto “prevenire è di gran lunga meglio che curare”. Questo focalizzarmi sull’aspetto della prevenzione non comporta un ignorare gli altri aspetti fondamentali per fronteggiare un’epidemia, la quale deve essere affrontata in modo integrato.

In questa fase dell’epidemia nel nostro paese ritengo tuttavia impossibile adottare corrette misure di tracciamento, essendo ormai il diffondersi della malattia in una fase troppo avanzata perché queste siano realmente efficaci e praticabili. Per tornare a effettuare un tracciamento efficace sarebbe necessario far regredire lo stato di avanzamento della diffusione del virus con una chiusura completa abbastanza prolungata nel tempo, parola d’ordine che ritengo difficilmente spendibile nel contesto attuale dove la popolazione ha sperimentato per un paio di anni misure di contenimento e privazioni a cui si mostra sempre più insofferente, anche per mancanza di disciplina collettiva con l’affermarsi di una concezione individualistica della vita. La scelta di quali aspetti affrontare deve essere adeguata alla fase e concatenata allo sviluppo di una proposta politica. Per questo ritengo necessario partire dalle contraddizioni esistenti nelle soluzioni prospettate dalla controparte per costruire su questo un’opposizione sociale. In tal modo la proposta politica risulta credibile e attuabile nell’immediato, senza ignorare l’importanza di una critica generale degli aspetti strutturali che andranno risolti per prevenire l’insorgere di fenomeni analoghi in futuro. Per questo è senz’altro legittimo criticare la responsabilità politica dei tagli alla sanità e proporre uno sviluppo della medicina territoriale, inserendo queste parole d’ordine in un programma politico, ma esse non sono nell’immediato realizzabili per fronteggiare la situazione, e quindi devono necessariamente essere affiancate a proposte realizzabili nell’immediato.

Analizzando le misure di prevenzione e contenimento adottate dal governo è facile evidenziarne l’insufficienza. Non potrebbe essere diversamente, essendo il governo un’accozzaglia di forze politiche con posizioni contrastanti con un’unica sintesi possibile, ovvero quella di salvaguardare il profitto privato. In particolare, nell’impossibilità di adottare misure efficaci pesa l’esigenza di dover mediare con le istanze della destra più retriva. È evidente, quindi, come il governo non possa essere in grado di affrontare efficacemente la pandemia garantendo la salute e la vita della popolazione del nostro paese. Pertanto su questo punto è necessario sviluppare la battaglia politica, oltre che sull’incapacità di affrontare la crisi economica, altro aspetto centrale del nostro agire politico, essendo tra l’altro le due questioni strettamente interconnesse tra di loro.

L’ultima misura adottata, il green pass, essendo stato concepito come un provvedimento per allentare le precauzioni al fine di garantire il realizzarsi del profitto privato, non può essere un provvedimento risolutivo. Il provvedimento non di per sé, ma il modo come è stato realizzato, evidenzia tutta una serie di problematiche che lo rendono del tutto inefficace. Il green pass riguarda categorie diverse di soggetti: i vaccinati, gli ex-contagiati e gli individui che hanno effettuato un tampone nelle ultime 48 ore. La scelta di 48 ore non garantisce la sicurezza che questi individui non si siano contagiati successivamente o siano ancora in fase di incubazione del virus, motivo per cui nei provvedimenti di quarantena era necessario attendere 10 giorni in isolamento prima di eseguire il tampone per rilevare l’infezione o meno. Sarebbe pertanto necessario effettuare il tampone seduta stante, ma ciò richiederebbe personale medico o strumenti di tracciamento adeguati effettuabili rapidamente, con risposta immediata, in loco. Per quanto riguarda i vaccinati, è bene ribadire, che sebbene abbiano una minore probabilità dei non vaccinati di essere contagiati, anche loro non sono esenti dalla possibilità di infettarsi. Anche per gli individui contagiati di recente si ha una diminuzione del rischio di contagio negli ultimi 6-7 mesi e non una completa immunizzazione. Il possedere il green pass non implica, quindi, che non si possa essere soggetti in grado di contagiare gli altri.

Evidenziate le criticità sui soggetti beneficiari del pass, analizziamo alcune delle criticità più evidenti nei modi in cui è stato applicato. Si impone il green pass sui mezzi a lunga percorrenza, ma a partire dal 1 settembre, dopo che la maggioranza delle persone avrà utilizzato tali mezzi durante le ferie. La logica avrebbe voluto che tale provvedimento fosse stato attuato ai primi di luglio prima che la maggioranza degli italiani andasse in vacanza. Ovviamente nessuna misura è stata adottata per i mezzi a breve percorrenza, più affollati, dove un controllo massivo del pass sarebbe impossibile con le risorse umane e tecnologiche attualmente in dotazione nel nostro paese. Anzi si discute di green pass per i conducenti, che sono gli unici a essere alloggiati in spazi riservati con un sufficiente distanziamento dagli altri. Si impone il green pass a scuola, ma solo per il personale scolastico, mentre i soggetti meno distanziati e potenzialmente a maggiore rischio di contagio sono proprio gli studenti e con loro i genitori, anche per il minore tasso di vaccinazione tra i giovanissimi. Se l’ambiente scolastico non è sicuro non lo è tanto per il personale quanto per gli studenti, l’idea che non lo sia per una sola categoria, per altro in larga parte vaccinata, lascia molto perplessi. L’aver ritenuto durante il passato anno scolastico sulla base di ricerche di dubbia validità l’ambiente scolastico luogo sicuro cozza contro ogni esperienza concreta, essendo la scuola sempre stata focolaio delle malattie infettive di ogni natura. D’altronde il sovraffollamento, che impedisce misure efficaci di distanziamento, e i tempi lunghi di permanenza in luoghi al chiuso sono condizioni ottimali per il diffondersi degli agenti patogeni. Il green pass è necessario per mangiare e bere al chiuso, ma non nei ristoranti degli alberghi, dove per coloro che alloggiano nelle strutture ricettive è richiesto solo un modulo di autocertificazione analogo a quelli previsti nella prima fase della pandemia. Tale strampalato provvedimento, elaborato per interessi ristretti, ha favorito il diffondersi del virus in estate. Un impatto anche più negativo avrà in autunno la misura di prevedere il green pass nei luoghi chiusi dei bar solo per il consumo al tavolo, esentando i consumatori al bancone da ogni controllo. Terminiamo l’esame delle applicazioni del green pass con la sua estensione in tutti i luoghi di lavoro. Bene fanno i sindacati a contestare tale provvedimento che rischia di scaricare sui singoli lavoratori le misure di contenimento, che, invece, dovrebbero essere a carico del datore di lavoro. Insomma non sia lo strumento con cui smantellare le misure insufficienti di prevenzione del contagio, che presentano dei costi per i possessori dei mezzi di produzione.
E’ quindi chiaro come questa misura abbia solo la funzione di arginare il diffondersi dei contagi preventivati nel rilancio delle attività economiche, contagi e morti messi in conto sull’altare del profitto privato. E’ bene segnalare che anche altri paesi, come la Cina, che hanno saputo gestire in modo migliore del nostro la pandemia, hanno adottato pass analoghi con restrizioni più stringenti. Nel caso cinese il green pass riguarda solo alcune provincie, che per dimensioni e popolazione sono però paragonabili a stati, dove si sono riscontrati tassi di contagi molto bassi rispetto a quelli del nostro paese. Un tale provvedimento, per le criticità nei soggetti beneficiari evidenziati precedentemente, può essere a mio avviso efficace in una situazione il cui il numero di contagi è contenuto, e non avanzato come nel nostro paese.

E’ chiaro che il contestare tale obbligo deve essere associato alla richiesta di adottare altri provvedimenti più incisivi. E’ infatti necessario, a mio avviso, estendere la vaccinazione, misura fondamentale, insieme alle altre misure di prevenzione, come il distanziamento, l’igiene personale e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, per contenere i contagi. E’ una dato di fatto che i vaccini riducono sensibilmente la possibilità di essere contagiati, come evidenziato dal rapporto “Epidemia Covid-19”, pubblicato il 30 luglio 2021 dall’Istituto Superiore di Sanità. Ancora più notevoli sono gli effetti benefici dei vaccini sulle ospedalizzazioni e nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva e i decessi.

Se necessario, per prevenire i contagi, un governo in grado di affrontare la situazione dovrebbe adottare, mediante provvedimento legislativo, misure anche più draconiane come la vaccinazione obbligatoria per tutti i soggetti che non presentano patologie tali da non poter essere vaccinati, condizione che dovrebbe essere certificata esclusivamente dalle strutture sanitarie pubbliche e non da strutture private. Tuttavia tale obbligo non dovrebbe essere il pretesto per la deroga dalle altre misure di prevenzione, ovvero il distanziamento e l’uso delle mascherine. La salvaguardia della salute collettiva è interesse generale della società e, pertanto, è più importante delle scelte individuali. Inoltre l’introduzione dell’obbligo vaccinale determinerebbe la necessità da parte della classe dirigente di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e di dover rispondere di eventuali effetti nocivi dei vaccini, che ad oggi sono, invece, stati scaricati sui singoli individui mediante un modulo di accettazione, come se il vaccinarsi fosse una scelta individuale e non di gestione collettiva della prevenzione del diffondersi di una malattia infettiva. Con il green pass proposto si vuole perpetuare questa situazione.

Gli effetti negativi dei vaccini, riscontrati nel breve termine, sono molto contenuti, paragonabili, se non inferiori, per i medici statistici a quelli di altri farmaci, come gli anestetici. Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine non è possibile prevederli in tempi utili per dare una risposta efficace alla pandemia. Inoltre sono del tutto ignoti gli effetti a lungo termine della malattia COVID-19. Quando si prende un provvedimento che può arrecare danni è necessario fare un’analisi dei costi e dei benefici. Infatti alcuni strumenti tecnologici, i cui effetti deleteri per la salute nel lungo periodo sono stati molto più studiati e noti, sono di utilizzo diffuso, anche da parte di coloro che paventano l’uso dei vaccini. Si potrebbe citare, come esempio, l’utilizzo di massa dei mezzi di locomozione a combustione o dei telefoni cellulari. E’ ampiamente risaputo che i gas di scarico di tali mezzi sono dannosi nel lungo periodo per gli esseri umani, eppure i mezzi a combustione sono largamente utilizzati dalle persone. Diversi studi hanno, invece, evidenziato la possibile pericolosità per l’uomo delle onde elettromagnetiche dei cellulari, ma tali studi non sono stati ritenuti sufficienti per impedire la vendita e per scongiurare l’utilizzo diffuso di tali dispositivi. 

[1] Il rapporto è scaricabile al seguente link: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_28-luglio-2021.pdf

03/09/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Marco Beccari

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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