Scenari climatici

Come sarà il clima in centro Europa nel 2060?


Scenari climatici Credits: Daniel Schwartz/Keystone

ZURIGO. Previsioni su nuovi scenari climatici sono stati elaborati dal Politecnico di Zurigo con l’Istituto federale di meteorologia e climatologia. Illustrato da Peter Binder, direttore dell’Istituto, lo studio ha considerato quanto è capitato nel corso della recente estate: 40 °C in città del centro Europa, siccità prolungate e inverni con poca o senza neve tra quarant’anni. Gli analisti si interrogano: quali ripercussioni per la società, l’economia, il turismo alpino e l'ambiente? Nel corso dell’estate 2018 quasi un mese contando le giornate tropicali anche sugli altopiani. Con il perdurare della siccità la popolazione è stata ripetutamente invitata a ridurre al minimo il consumo di acqua.

Negli anni a venire il bollettino meteorologico di un giorno d'estate sarà questo: alte temperature, mancanza di fenomeni piovosi e il centro Europa diventerà sempre più caldo e secco.

Per farsi un'idea del clima che ci attende nella seconda metà del secolo è sufficiente osservare ciò che è successo quest'anno, ci dice Christoph Schär, climatologo dell'ETHZ. La canicola del 2018 è segnale di un fenomeno non temporaneo, ma un'avvisaglia per il futuro. Come dire che questo clima sarà normale nel 2060.

Se l’invito alla drastica riduzione delle emissioni rimane appello inascoltato non dobbiamo meravigliarci delle disastrose conseguenze: dallo scioglimento dei ghiacciai alpini alla vita nelle città in pianura.

Lo studio dettagliato del Politecnico di Zurigo analizza la fine dei piccoli ghiacciai: dal 1850 hanno perso il 60% del loro volume e soltanto nell'estate del 2018 la riduzione è stata del 2,5%. A causa del progressivo innalzamento della temperatura e della diminuzione delle nevicate in primavera, i piccoli ghiacciai sono destinati a scomparire, ci dice Matthias Huss, glaciologo dell'ETHZ

La riduzione della massa di ghiaccio incide sul paesaggio e sulla stabilità dei pendii, si ripercuoterà mese dopo mese anche sul regime idrico. Olivier Overney, che dirige la divisione 'Idrologia', ci dice che "il cambiamento climatico modificherà le risorse di acqua in maniera importante a livello locale". Sarà dunque necessario integrare i nuovi scenari climatici nei modelli idrologici per avere dati precisi.

Il ritiro dei ghiacciai avrà conseguenze sui grandi fiumi europei, a cominciare da quelli che nascono sulle Alpi svizzere. Per fare un esempio la portata del Rodano potrebbe ridursi del 40% nei prossimi anni.

Gli analisti economici introducono lo studio sul turismo alpino. Nei prossimi anni ci saranno ancora inverni ricchi di neve, ma diventeranno sempre più rari. Gli sciatori che frequentano l’alta quota dei comprensori turistici più frequentati devono prepararsi a vedere una copertura nevosa del 30-60% inferiore a oggi. Così le stazioni sciistiche ubicate a 1.500 metri di quota perderanno circa 100 giorni di neve.

Le previsioni dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio del Politecnico federale di Losanna sono catastrofiche.

D’altra parte è da tempo che numerose località turistiche stanno già proponendo offerte estive e autunnali con l'obiettivo di ridurre la dipendenza dall'inverno. Ce lo conferma Bruno Galliker, portavoce di Funivie svizzere, l'associazione degli impianti di risalita. Nei prossimi decenni sarà sempre possibile sciare, grazie all'innevamento artificiale.

La natura cambierà volto: vedremo le querce al posto degli abeti? Il riscaldamento farà innalzare di 500-700 metri le zone vegetative: in montagna le latifoglie come quercia e acero prenderanno il posto delle conifere. L'abete rosso, albero importante per l'economia forestale, rischia la scomparsa dall'Altopiano anche perché particolarmente esposto a organismi nocivi.

Per gli esperti impegnati a studiare il fenomeno è importante promuovere maggiormente la diversità delle specie arboree perché un bosco naturale con un alto grado di biodiversità resiste meglio a estati calde e inverni piovosi. Gli ingegneri forestali stanno preparando il bosco del futuro. Uno di loro, Marco Conedera ci dice che "l'aumento delle temperature e la diminuzione della neve a basse quote accresceranno il rischio di incendi". Potrebbe aumentare la frequenza relativa e la pericolosità degli incendi causati dai fulmini, molto difficili da controllare poiché colpiscono soprattutto le conifere di montagna situate in zone impervie.

Laddove, poi, la biodiversità è in una situazione pessima e il 36% delle specie di animali, piante e funghi figura sulla “Lista Rossa” c’è già il rischio che, come ci dice Urs Tester dell'associazione Pro Natura, "in centro Europa si faranno strada specie provenienti dal sud dell'Europa, ma il numero di specie che spariranno sarà maggiore”. Gli habitat naturali che si deteriorano non sono adeguati alle specie in cerca di alternativa. Le specie che vivono in prossimità di corsi e specchi d'acqua, nelle zone umide e in montagna, come a esempio la pernice bianca, saranno sempre più a rischio.

Gli analisti economici studiano la situazione per gli agricoltori.

La riduzione delle piogge durante i mesi estivi è una brutta notizia per i contadini. L’aumento della temperatura comporta anche l'evaporazione e così il suolo diventa più secco e il fabbisogno di acqua aumenta. In crescita anche la presenza di organismi nocivi, specie e malattie importate dalle zone tropicali o subtropicali.

Gli agricoltori dovranno fare i conti con l'intensificazione degli eventi meteorologici estremi quali siccità e inondazioni, quello che "comporta una riduzione dei raccolti", ci dice Sandra Helfenstein, dell'Unione svizzera dei contadini.

Il riscaldamento globale avrà qualche conseguenza positiva, a esempio sulla viticoltura. "L'aumento della temperatura media e del periodo vegetativo consentono di coltivare piante e varietà che finora erano tipiche dei Paesi del sud. In futuro sarà forse possibile coltivare riso anche a nord delle Alpi" sottolinea Sandra Helfenstein.

L’approfondita ricerca del Politecnico di Zurigo con enti, associazioni e altre rinomate scuole che si trovano nei Cantoni svizzeri e che fa bene visitare frequentemente analizza la sfida energetica, le fonti di produzione dell’elettricità.

Il cambiamento climatico si ripercuoterà negativamente sulla produzione idroelettrica, ma parrebbe non in misura eccessiva, ci dice Felix Nipkow, a capo della sezione 'Elettricità e rinnovabili' della Fondazione svizzera dell'energia: "è anche possibile che i nuovi laghi che si formeranno in seguito al ritiro dei ghiacciai possano offrire nuove possibilità per lo sfruttamento della forza idrica".

E poi, nel 2060 gli inverni saranno più miti e il fabbisogno di riscaldamento diminuirà. Una riduzione che verrebbe però vanificata a causa dell'incremento dei consumi durante l'estate (climatizzazione).

A causa della sigillatura del suolo e del calore generato da traffico, industrie ed edifici, le temperature in città sono di alcuni gradi superiori rispetto alle zone circostanti (a Zurigo sono stati misurate differenze di oltre 4 gradi). Le estati più calde trasformeranno ancor di più le città in isole di calore e, per contrastare questo fenomeno, le autorità cittadine dovranno predisporre più spazi verdi e aperti, agire sul colore e sulle proprietà termofisiche degli edifici e favorire la circolazione dell'aria, a esempio limitando l'altezza e la densità degli edifici.

Gli analisti medici sottolineano come le ondate di canicola sono tra le più gravi minacce per la salute, le persone più vulnerabili sono gli anziani e i malati, i decessi per il perdurare di temperature superiori ai 30 °C ha causato circa 70.000 decessi in centro Europa.

15/12/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Daniel Schwartz/Keystone

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L'Autore

Guido Capizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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