Losurdo e i cattivi maestri del “marxismo occidentale”

La critica corrosiva di Losurdo nel suo nuovo volume Il Marxismo Occidentale*.


Losurdo e i cattivi maestri del “marxismo occidentale” Credits: Copertina del libro (domenicolosurdo.blogspot.it)

*Domenico Losurdo, Il Marxismo Occidentale, Editori Laterza, 2017 (220 pagine; 20€ cartaceo, 11,99€ digitale)

Domenico Losurdo si supera ancora. Dopo aver realizzato capolavori storico-filosofici come Controstoria del liberalismo, Stalin. Storia e critica di una leggenda nera, La non-violenza. Una storia fuori dal mito e La lotta di classe, uno degli ultimi grandi intellettuali marxisti-leninisti italiani realizza un'opera di cui oggi più che mai si sentiva un bisogno essenziale.

Il marxismo occidentale. Come nacque, come morì, come può rinascere, propone una novità dimenticata da molti, fin dalla ripresa della categoria coniata da Maurice Merleau-Ponty negli anni '50 e sviluppata da Perry Anderson negli anni '70: il fatto cioè che il marxismo non coincida esclusivamente con le elaborazioni intellettuali di stampo occidentale, né tantomeno con quelle critiche al sistema dei “socialismi reali”. Già dalla lettura de Il dibattito nel marxismo occidentale di Perry Anderson emergeva chiaramente come la divaricazione che si era venuta creando tra due marxismi (uno “occidentale eterodosso” e uno “orientale ortodosso”) fosse in realtà soprattutto un processo che accentuava la specializzazione settoriale degli autori occidentali su aspetti per lo più marginali e secondari della società, oltre che il distacco sempre maggiore tra teoria e prassi. Se i vari Kautsky, Luxemburg, Trockij, Lenin erano dirigenti di partito che non mancavano di realizzare opere complete di analisi economica e politica su ogni aspetto della realtà, non altrettanto facevano i marxisti successivi, i quali dalle aule universitarie concentravano sempre più l'attenzione sul campo della cultura e filosofia, perdendo il contatto soprattutto con le categorie economiche e politiche.

L'accusa di Losurdo è però ben diversa, anche perché questo crinale rischierebbe di mettere in discussione anche autori ben riconducibili al marxismo-leninismo, come Lukàcs e Gramsci, i quali pure non hanno ad esempio mai affrontato uno studio sistematico e analitico delle questioni economiche. Losurdo contesta in realtà alla gran parte del pantheon del marxismo occidentale di aver dimenticato la grande questione della lotta anticolonialista, non capendo anzitutto gli enormi meriti storici del socialismo nell'aver favorito la decolonizzazione di gran parte del cosiddetto “Terzo Mondo”, ma anche la fine della segregazione razziale, della schiavitù formalizzata, oltre che del sostanziale asservimento femminile.

Su questi temi Losurdo si era già espresso più volte in passato, mostrando adeguatamente i meriti storici immensi dei movimenti comunisti e dei “socialismi reali” e le enormi contraddizioni del movimento liberale. L'elemento di novità sta ora nell'andare a smantellare sistematicamente, uno dopo l'altro, tutti i numi tutelari che per decenni hanno sostituito i nomi di Marx, Engels, Lenin e Gramsci come punti di riferimento per le nuove generazioni di sinistra. A salire sul banco degli imputati, con accuse più o meno gravi, sono Della Volpe, Colletti, Tronti, Althusser, Bloch, Horkheimer, Adorno, Sartre, Marcuse, Arendt, Timpanaro, Foucault, Agamben, Negri, Hardt, Holloway, David Harvey, fino a giungere a Zizek e Badiou. Nessuno ne esce indenne.

Lo scontro è titanico e maestoso e non pretende di essere esaustivo, ma traccia un percorso illuminante con cui si chiarificano tutti i limiti intellettuali e politici di questa sfilza illustre di personalità; soprattutto si comprendono le origini degli errori ideologici introiettati in profondità negli strati sociali della sinistra attuale, sia in Italia che più in generale in campo europeo. Dal ragazzo che frequenta i centri sociali, all'elettore moderatamente progressista, dal militante iscritto ad un'organizzazione comunista al frequentatore di circoli ARCI, dal sindacalista più o meno radicale all'attivista per i diritti umani, tutto il mondo della sinistra è cresciuto negli ultimi decenni in un contesto culturale di sconfitta e incomprensione che è stato alimentato pervicacemente non solo dai media e dalle strutture dell'imperialismo, ma paradossalmente dalla stessa sinistra più o meno marxista, o autodicentesi tale.

Da parte di Losurdo non arrivano scomuniche né accuse di tradimento, sia chiaro. Ma la lettura rende evidente come ci sia stato, in particolar modo dal secondo dopoguerra ad oggi, un profondo e costante cedimento culturale nel campo del marxismo occidentale, di fronte alle offensive ideologiche della borghesia. L'essersi affidati a dei “cattivi maestri”, oltre che l'incapacità di non aver saputo replicare agli attacchi della borghesia (agevolati, è sempre bene ricordarlo, dalla modalità disastrosa con cui il movimento comunista si è inflitto l'autoflagellazione della “destalinizzazione”) sono eventi causati secondo Losurdo all'aver “dimenticato” la questione coloniale.

Sorge però l'impressione che il giudizio del professore sia fin troppo generoso e assolutorio. Ad essere venuti meno tra l'intellighenzia occidentale sono anzitutto la conoscenza essenziale dei pilastri del marxismo e del leninismo, la cui ignoranza o ripudio sono difficilmente ammissibili per degli intellettuali che hanno avuto un peso culturale così grande. Pesa come un macigno insomma l'incapacità di aver saputo maneggiare con adeguatezza le categorie del materialismo storico e del materialismo dialettico, a partire dal venir meno di una categoria essenziale per un filosofo marxista: quella della totalità. Senza capacità di avere una visione complessiva della realtà diventa impossibile svolgere un adeguato bilancio, non solo morale e storico, ma politico. E questa è l'accusa più generosa che si possa fare, per quanto sia già grave, perché le alternative sono ben peggiori: l'indifferenza o il pressapochismo con cui le questioni coloniali sono state trattate da certi autori potrebbero far sorgere il sospetto di un razzismo congenito, introiettato, forse non consapevole ma che implica l'adesione ad uno stretto eurocentrismo che non a caso ha avuto come conseguenza la rimozione della categoria dell'imperialismo, o la sua assurda estensione arbitraria a qualunque sistema capitalista che abbia relazioni economiche con altri Paesi, accettando come vie nazionali dei “socialismi di mercato”.

Altra tendenza deleteria, legata teoreticamente alle precedenti, è quella di scadere in un massimalismo messianico utopistico che porta al predominio di una critica fine a sé stessa, puramente distruttiva (non a caso percorso tipico di chi ha fatto del marxismo una pura “teoria critica”) e intrapresa da “anime belle” incapaci di elevarsi a soggetto compartecipe delle esperienze realizzate di emancipazione, e anzi ostili a qualsiasi modello socio-politico che non realizzi immediatamente tutte le proprie speranze ed esigenze.

In conclusione Losurdo spiega bene come il “marxismo occidentale” sia nato, abbia “inquinato” le sinistre in campo cultural-politico e come pur continui a sopravvivere ridotto ormai ad una serie di autori per lo più autoreferenziali e sempre più inconcludenti o fallimentari.

La pars destruens è perfetta. Manca forse una soluzione adeguata sul percorso da intraprendere. Il ritorno ad un marxismo-leninismo concretamente antirazzista e ben conscio della questione colonial-imperialista è senz'altro la base teorica di partenza. Sgombrare il campo dall'adesione acritica di ogni altra moda filosofica sinistroide è però passo necessario ma non sufficiente. Se la pars destruens è una boccata di ossigeno, la pars construens non può limitarsi solo alla difesa complessiva della Storia del socialismo, né alla difesa acritica dei governi socialisti esistenti.

Il prossimo passo da compiere è una necessaria riflessione costruttiva sul marxismo-leninismo, capace non solo di analizzare i suoi immensi meriti storici (cosa qui già fatta egregiamente), ma che analizzi anche i suoi limiti, senza i liquidazionismi o revisionismi in cui sono caduti gli autori del marxismo occidentale, ma senza nemmeno evitare di affrontare la questione del perché i comunisti siano entrati storicamente in crisi proprio nei Paesi europei storicamente “colonizzatori”.

Questo è un campo in cui i comunisti di tutto il mondo non si sono ancora avventurati con la necessaria serietà e consapevolezza. Il marxismo orientale perché aveva effettivamente problemi più importanti di cui occuparsi. Il marxismo occidentale perché ha sostanzialmente perso 70 anni di tempo a diventare subalterno all'ideologia borghese. Speriamo che la questione posta possa essere di spunto per il prossimo libro di Losurdo.

27/05/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Copertina del libro (domenicolosurdo.blogspot.it)

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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