Il governo ha modificato le norme relative all’invasione di terreni o edifici, pubblici o privati, con la previsione della reclusione da 3 a 6 anni e della multa da 1.000 a 10.000 euro se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica. Nel caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti, si prevede la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato.
Tra i primi provvedimenti del governo Meloni, oltre alla conferma dell’ergastolo ostativo che riguarda non solo mafiosi ma anche politici indisponibili a collaborare con la giustizia dopo 30 o 40 anni di detenzione, troviamo il provvedimento contro i raduni definiti rave party.
Durante il recente “ponte”, all’indomani di un raduno di giovani è stato deciso di inviare i reparti celere per intimare l’interruzione immediata della festa e lo sgombero dell’edificio e per l’identificazione dei presenti (alla quale seguiranno svariate denunce).
Ma non si è trattato di un semplice provvedimento repressivo accompagnato dalla baldanza di qualche ministro del centro-destra. Siamo in perfetta continuità con il pacchetto sicurezza 1 e 2 [1], se leggiamo con attenzione il nuovo decreto si capisce che la sua applicazione non sarà destinata solo ai partecipanti di qualche rave ma ai reati politici e sociali.
Gli organizzatori saranno puniti con una pena compresa tra 3 e 6 anni, ancora da capire se lo stesso trattamento sarà riservato ai partecipanti, nei fatti si tratta di provvedimenti penali pesantissimi che non riguardano solo i reati contro il patrimonio.
Questo provvedimento si presterà a colpire innumerevoli comportamenti che ora vengono trasformati in reati. Basta che 50 lavoratori o altrettanti studenti organizzino un presidio o anche una occupazione momentanea (non si fa alcuna distinzione sulla durata della stessa) per aprire procedimenti penali con condanne pesantissime.
Ci sembra evidente che lo sguardo del governo sia rivolto a quanto accade nel mondo della scuola e dell’università e dovrebbe essere di insegnamento, per noi almeno, quanto accadde pochi anni fa con i pacchetti sicurezza e con il decreto Renzi-Lupi di 8 anni or sono che vietava la residenza e l’allaccio delle utenze a chi ha occupato immobili e alloggi, anche se l’occupazione è dettata da condizione di necessità.
Senza la residenza è del resto impossibile esercitare perfino il diritto alla salute che in teoria dovrebbe essere protetto dalle norme costituzionali; infatti l’iscrizione anagrafica è indispensabile per avere un medico di famiglia e\o un pediatra.
Ora, appena insediato, il governo Meloni adotta un provvedimento che all’opinione pubblica viene venduto come legge a tutela della salute e sicurezza pubblica quando invece ha ben altre finalità.
E quanto accade oggi è possibile perché i famigerati pacchetti sicurezza come il decreto Renzi-Lupi non sono mai stati rimessi in discussione dai governi successivi. Come avvenne nella stagione degli anni Settanta, una volta introdotta una legislazione di emergenza diventa parte integrante del sistema penale perdendo ogni carattere transitorio e di eccezionalità. Il diritto dei più forti che lede ogni forma, anche la più blanda, di opposizione e lo stesso stato di diritto.
Note:
[1] Il pacchetto n. 1 fu approvato su iniziativa del ministro Maroni (Lega) sotto il governo Berlusconi nel 2008, cui è seguito nel 2019 un nuovo pacchetto che reca la firma di Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno nel governo “gialloverde” (Lega più 5 Stelle). Detto decreto, dichiarato incostituzionale in alcune sue parti dall’Alta Corte, colpiva l’immigrazione clandestina ma anche poneva forti limitazioni alle manifestazioni pubbliche delle opposizioni sindacali e sociali. Esso è stato poi modificato dal successivo governo Pd-5Stelle, a firma del nuovo ministro dell’Interno Lamorgese, ammorbidendo sensibilmente i provvedimenti anti-immigrati ma lasciando sostanzialmente inalterati quelli contro la resistenza sociale.