Pochi giorni fa, 17 marzo, la detenuta Dana Lauriola ha festeggiato i suoi primi sei mesi di carcere, gliene restano altri diciotto: per il reato di aver espresso la sua avversione al Tav dentro un megafono e l’aggravante di abitare a Bussoleno. Il giorno prima era il suo compleanno e la sera che è scesa su Le Vallette si è fragorosamente rischiarata dei fuochi d’artificio lanciati dai compagni del Movimento, che non hanno mai smesso di esserle vicini, anche con sit-in e petizioni. Una di queste, indirizzata al ministro della Giustizia Marta Cartabia, è recentemente partita anche dalla Fondazione per la Riforma dello Stato per iniziativa di Maria Luisa Boccia, firmata da 200 avvocati, magistrati, personalità della cultura. “La carcerazione di Dana” si legge “è una grave ingiustizia sul piano personale e un pesante attacco alla libertà di dissentire da scelte politiche ritenute sbagliate e dannose.” Silenzio totale.
Nello stesso assordante silenzio si sono svolti nei giorni scorsi anche gli espropri che la franco-italiana Telt (incaricata del Progetto Tav) ha messo a segno per l’allargamento del cantiere in Val Clarea, a due passi dal borgo di Chiomonte, alta Val Susa. Iniziati il 22 febbraio, si sono conclusi anche loro il 17 marzo: le requisizioni più lunghe, anomale (e militarmente presidiate) della storia d’Italia che peraltro lo stesso giorno festeggiava i 160 anni di Unità.
La notifica su carta intestata della Telt era arrivata a tutti i proprietari poco dopo Natale. “È quella storia dei terreni che avevamo comprato in più di mille dopo gli scontri alla Maddalena…» mi avevano ricordato alcuni amici in valle. Insomma, quell’iniziativa che i valsusini si erano inventati dopo gli sgomberi manu militari in Val Clarea, rievocati da Ravarino nell’introduzione a queste note. Titolo: “Compra un posto in prima fila”, nel senso di “Godiamoci la scena”. Del Tav, quando mai lo si vedrà sfrecciare, incuneandosi nel ventre di una montagna notoriamente piena di amianto e radon. Della devastazione di un’intera valle che il cantiere ha trasformato in cratere. Dell’impressionante militarizzazione, a difesa della Grande Opera che nessuno vuole. Per non dire dei Beni Culturali: l’antica necropoli, un tempo vanto di questo segmento alpino, a tutti gli effetti Patrimonio dell’Umanità – ridotta a pietrame oltre le grate. Per non dire delle vigne della pregiata qualità Avanà rimaste dentro il cantiere, che in tutti questi anni i vignaiuoli hanno continuato a lavorare nonostante le vessazioni – anche di recente, in piena potatura: attese ai cancelli, giornate lavorative che si adeguano al capriccio degli sbirri, nel Piemonte che ha inventato Slow Food, nell’Italia che vorrebbe puntare sui borghi con tutti i loro valori! E insomma quel minimo lotto di terreno, acquistato nel maggior numero di particelle, avrebbe assicurato una qualche legittimità di accesso, almeno ad alcuni. All’iniziativa aderirono in 1054, € 15 a testa: comproprietari di neanche UN km2 di terra.
Non era la prima volta che i No-Tav ricorrevano a una simile trovata. Era già successo in località Colombera, marzo 2008: 1397 minilotti andati a ruba. E altri 1500 a Venaus. Per arrivare appunto a quel fine ottobre 2012, tutti in fila con l’ombrello per la firma dal notaio al gazebo di San Giuliano di Susa – quella giornata, quasi dieci anni dopo, se la sono ricordata tutti, ritrovandosi recentemente a Chiomonte. E questi espropri sono stati dunque un’occasione per rivedersi tra tutti a distanza di anni, e per capire che non è detta l’ultima. “È da trent’anni che tra alti e bassi ci opponiamo” sottolinea Ezio Bertok, presidente del Controsservatorio Valsusa. “E il minimo che si possa dire di questo non facile momento, è che siamo riusciti a trasformarlo in occasione di rinnovata coesione tra tanti di noi che non si vedevano da tempo. Avrebbe potuto essere una procedura da subire, e invece eccoci di nuovo uniti come solo il movimento No-Tav riesce a fare, forti del fondamentale abuso allo Stato di Diritto che questi espropri rappresentano. Perché della totale anomalia di queste procedure la prima a essere consapevole è la stessa Telt: che potrà aver ottenuto tutte le deroghe possibili, ma non potrà sottrarsi ai ricorsi che seguiranno. Tar, Consiglio di Stato, Corte Europea dei Diritti, non ci arrendiamo.”
“Ma non avreste il diritto di opporvi?” era stata infatti la mia prima reazione agli amici valsusini, come se lo Stato di Diritto, nell’Italia del 2021, fosse ancora… certezza. “Ci indigniamo alle notizia del land grabbing in giro per il mondo e dovremmo subire a casa nostra?”
«Ah no, ormai è Cosa Loro. Ci siamo consultati con i legali, l’unica cosa che possiamo fare è presentarci tutti, di persona o in delega. Assicurarci che verbalizzino dalla prima all’ultima le nostre obiezioni. Cercare di rendergliela più complicata possibile. Insomma, non è detta l’ultima, però… sarà dura!”
Barricate di Carta: così l’iniziativa era stata concepita. Nel senso dei cavilli, ricorsi, controricorsi, mirabilmente assistiti da un team di legali che definire Angels sarebbe poco – su quel fronte la Val Susa è sempre stata forte.
Intanto però la notifica della convocazione, anzi il decreto di esproprio n° … ai sensi dell’art. … del Dpr 8 giugno 2001 n° etc. etc., dice chiaramente una cosa: che l’autorità espropriante Tunnel Euralpin Lyon Turin S.A.S. (Telt) ha sì una sede anche in Italia (iscritta nel Registro delle Imprese di Torino, per delega del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti etc. etc.) ma resta una Società per Azioni Semplificata con sede legale in Savoia, e dunque impresa di diritto francese.
Per cui: espropri motivati dall’area in cui sono ubicati, definita “d’interesse strategico nazionale”, notificati però da una società in primis francese, alla stessa affidati per naturale investitura, niente gara – mentre all’Italia spetta il ruolo di Forza Pubblica, Carabinieri, Polizia, Digos, Cacciatori di Sardegna, a spese dei contribuenti.
Un giorno che ero a Torino, ospite di un’amica che era fra i convocati, ho deciso di accompagnarla: trenino fino a Chiomonte, breve passeggiata a piedi fra le antiche strade di un borgo che sarebbe un gioiello, ed eccoci in piazzetta Romean, accolte dal No-Tav-gazebo, accanto alla stradina che scende verso il cantiere oltre il ponte Dora, e che in vista di chissà quali turbolenze il prefetto aveva dichiarato zona rossa, insomma off limits.
“Da non credersi, uno Stato dentro lo Stato, così ha detto il funzionario Telt che mi ha accompagnato poco fa” racconta un comproprietario appena tornato dalla firma di cessione.
“Scherzava…” “No, no, serissimo…”
“Ma ci si può almeno avvicinare? Per vedere almeno da lontano il murales dell’Alta Voracità che è costato una denuncia allo street artist Blu per deturpazione di muretto a secco… Dopo tutto la via Francigena ci passa proprio accanto, off limits pure quella?”
“No che non si può. Anzi stai attenta perché già lì dove stai adesso sarebbe off limits» mi avverte un altro con tono scherzoso. “Ma lo sai che per venire oggi qui a Chiomonte, che dista solo qualche chilometro da dove abito, son dovuto andare prima alla questura di Torino per farmi revocare l’interdizione che mi ero beccata in precedenza? Ma dove credi di essere, in un paese normale?” Il tono è sempre scherzoso, però nel mostrarmi l’incartamento lo sguardo vira in basso per non dire altro.
“Ma c’era almeno un ufficiale giudiziario, a titolo di formalità…?” domando ancora.
“Neanche l’ombra. Tutti gentilissimi, in modo addirittura surreale. Tutti a tirar fuori i cartellini della Telt. Al secondo check point un paio si sono qualificati testimoni, senza altra specifica… Un teatrino assurdo.”
Non sono scesa, poco male. Sui social network per tutto l’arco degli espropri è stato un crescendo di testimonianze, memorie, commenti, riflessioni, soprattutto foto, reportage completo. Il diario di un’umanità quanto mai dislocata dall’alta valle fino a Torino e anche oltre, che questa storia ha reso unica, per coesione, piacere di ritrovarsi, crescere insieme. Per tutti la vista a distanza di quel fazzoletto di terra, di quella mesta Madonnina, che per tutto questo tempo ha assistito alla devastazione delle ruspe che a giorni arriveranno anche per lei, è stato un tuffo al cuore. “Chi avrà il coraggio di spostare la Madonnina” ha postato qualcuno. “Qualcuno sa dov’è finito il Padre Pio?” si è chiesto un altro – perché nella speranza (forse) di un qualche ravvedimento fra le Truppe, ci fu un periodo in cui a guardianare il lotto c’era il frate di Pietrelcina, meta di preghiera per gli attivissimi Cattolici per la vita della valle.
Di questa corale narrazione rimbalzata su vari siti pagine Facebook, ci limitiamo a riproporre qui la testimonianza che Nicoletta Dosio ha postato il 10 marzo – che si conclude con le parole “Non può finire così”. Infatti, non può.
Per telefono ha ricordato i tanti fronti di mobilitazione, sempre gli stessi, su cui sta lavorando il movimento, in particolare il problema dello stoccaggio dello smarino che già ora (dopo soli 7 mt di tunnel geognostico, figurarci quando comincerà quello vero) la Telt non sa dove mettere, e che vede tutti compatti, compresi molti sindaci, contro l’idea dell’ennesimo autoporto a San Didero per liberare quello che già esiste a Susa – pensate la follia! Ma negli stessi giorni degli espropri la macchina di comunicazione Telt ha diffuso un’intervista a Hubert Du Mesnil e Mario Virano (responsabili del versante francese e italiano del progetto) per dire quanto sostenibile, innovativa e green sarà la Grande Opera – e quanto avanzati sono già gli scavi oltralpe, mentre anche in Val Susa la popolazione è al 60% favorevole, parola dell’agenzia di marketing (francese) Bva.
“Le menzogne che ci propinano da sempre» commenta la Dosio. “Nell’ottundimento generale credono di aver ragione delle nostre ragioni. Non vogliono capire che il Movimento No-Tav non ha intenzione di arrendersi. E che nonostante le difficoltà del momento non siamo soli, c’è un’intera Italia che sempre più si oppone, per le nostre stesse ragioni!”
Laudato Si’ questo Movimento che proprio Non si Arresta, ma la cappa di silenzio calata un po’ su tutto purtroppo non aiuta. Alzi la mano chi ha saputo di questi espropri [1].
Note:
[1] Per saperne di più: http://www.notavtorino.org/, oltre alle tante pagine su Facebook: NoTavInfo, Radio No Tav e altri. Per fare il punto sulla situazione in Val di Susa, e sull’emergenza dei migranti che su quella rotta tentano il passaggio verso la Francia, il Centro Studi Sereno Regis di Torino ha organizzato (23 marzo, ore 17) un Evento Facebook dal titolo “Creatività e Solidarietà in Val di Susa”, con Enzo Bertok (Controsservatorio Valsusa) e Gianna De Masi (Carovane Migranti) in dialogo con Maurizio Del Bufalo (Festival dei Diritti Umani di Napoli) e Enzo Ferrara (Presidente Cssr).