La Lombardia privatizza la sanità. Gestori e politici si sfregano le mani e ringraziano

La sanità lombarda, una grande torta per il grasso capitalismo globale. Sperimenteremo all’ombra della Madonnina la privatizzazione della sanità per diventare il modello di una riforma dell’intero sistema.


La Lombardia privatizza la sanità. Gestori e politici si sfregano le mani e ringraziano Credits: clashcityworkers.org

Sono anni che sentiamo gli amministratori lombardi, almeno da Formigoni in poi, vantarsi di guidare la Regione italiana motore dello sviluppo nazionale, la Lombardia regione dell’efficienza, la Lombardia asse strategico di un’Italia proiettata verso l’Europa; la magnifica Lombardia di Malpensa, Fiera-Milano polo espositivo europeo, Expo, il Parco Tecnologico, giardini verticali, centri commerciali. La Lombardia che ha saputo utilizzare la riforma costituzionale del 2001 per sganciarsi dalla regressione del Bel Paese e procedere spedita verso un brillante futuro di sviluppo irreversibile.

Ebbene sì, la Lombardia è certamente modello trainante perché in questa regione si sperimenta ciò che poi si applica a livello nazionale. Qui si de-industrializza per costruire “città vetrina” e centri commerciali e magazzini, nelle costruzioni si puliscono i soldi delle organizzazioni criminali attraverso grandi opere e grandi appalti pubblici, si demolisce il lavoro sicuro e si crea lavoro precario, si divide i lavoratori; qui il neoliberismo realizza la sua sperimentazione che diventa indiscusso modello per l’intero Paese.

E’ in questo contesto che va analizzata la Delibera 6551 della Giunta regionale con cui si privatizza la gestione sanitaria dei malati cronici lombardi. In cosa consiste questa “riforma” pochi lo sanno. Eppure la Delibera risale al mese di maggio 2017 in attuazione dell’art.9 della Legge Regionale n.33/2009 e della Legge Regionale di riordino sanitario dell’agosto 2015.

Proviamo a riassumere i tratti salienti della “riforma” Formigoni-Maroni. Da due anni il 5% dei malati cronici lombardi (malati con patologie quali diabete, ipertensione, tumore, cardiopatia) è stato sottoposto ad una sperimentazione che ha verificato quali esami ogni malato ha effettuato; l’obiettivo è stato quello di stabilire preventivamente, in base alla patologia e al livello di progressione della malattia, una lista di esami che il malato cronico deve fare ogni anno. I dati ottenuti, ossia tutti gli esami effettuati dal campione pari al 5% dei malati, sono stati poi elaborati ed analizzati dall’Università Bocconi (non dalla facoltà di medicina!) e gli economisti bocconiani hanno stabilito 65 tipi di patologie e per ogni patologia tre fasce di avanzamento della malattia. In sostanza, 195 gruppi di malati cronici e ad ogni gruppo corrisponde una lista di esami annuali da svolgere.

Il risultato per cui dobbiamo ringraziare i dottoroni bocconiani? Eccolo: un iperteso lombardo dovrà essere sottoposto ad esami virologici, ortopedici, mammografia, visita otorinolaringoiatrica, radiografia al femore, istologia genetica; ma non potrà essere sottoposto al monitoraggio della pressione per le 24 ore, non potrà sostenere esami sotto sforzo, non potrà effettuare un ecocolordoppler!

Pensate che sia solo incompetenza? No, perché non finisce qui. Ogni malato cronico riceverà una lettera dalla Regione con cui sarà invitato ad effettuare la scelta di un “Gestore” che avrà il compito di “gestire” la sua cronicità e l’intero pacchetto di prestazioni sanitarie legate alla sua fascia di cronicità. Il Gestore non è una persona e potrebbe anche non essere un medico; nella maggioranza dei casi sarà una società o una cooperativa privata accreditata, cioè convenzionata con la Regione (quindi privata ma finanziata da denaro pubblico). Il Gestore elaborerà il PAI (Piano di assistenza Individuale) in base alla fascia di appartenenza del malato cronico e gli farà firmare un “patto di cura” vincolante per un anno (firmato il contratto, il paziente non potrà cambiare Gestore se non alla fine dell’anno). Il malato cronico che dovesse aver bisogno di ulteriori prestazioni, al di fuori di quelle prestabilite, per la medesima patologia per cui ha sottoscritto il patto di cura, dovrà eseguire le prestazioni supplementari in regime privatistico ossia a pagamento. Inoltre, il Gestore sceglierà la struttura con cui collaborare per l’esecuzione delle prestazioni (Erogatore) e, quindi, il malato non potrà più scegliere in quale struttura sanitaria effettuare i propri esami ma la sede sarà scelta dal gestore e sarà vincolante. Questo significa che un malato cronico anziano e cardiopatico non potrà più prenotare gli esami legati alla sua patologia nell’ospedale vicino casa ed essere seguito dallo specialista di fiducia ma sarà il suo Gestore ad indicargli la struttura erogatrice in cui dovrà recarsi.

Detto tutto ciò, non si capisce che senso abbia una “riforma” di questo tipo. Come sempre, facendo i conti, si capisce a favore di chi viene fatta la “riforma”. In Lombardia attualmente si contano 3 milioni di malati cronici ossia il 30% dei malati lombardi che però consumano il 70% del Fondo Sanitario Regionale. In sostanza, l’attuale spesa sanitaria è pari a 18 miliardi di euro e ben 14 miliardi sono destinati ai malati cronici. Stiamo parlando di miliardi di euro! Ogni malato cronico deve scegliere un Gestore e ogni Gestore potrà prendere in carico fino a 200.000 malati. Ad ogni fascia di malattia corrisponde una cifra annua che Regione Lombardia attribuirà al Gestore. Quindi ad esempio l’iperteso di terza fascia vale 10.000 euro all’anno che, moltiplicati per 200.000 ipertesi, frutteranno al Gestore ben 2.000.000.000 di euro. 2 miliardi di euro all’anno! 2 miliardi di euro di soldi pubblici che non investiremo in una struttura pubblica a norma e con medici e personale con contratti regolari ma che daremo ad una azienda privata accreditata.

Un caso emblematico di azienda privata accreditata? La Alliance Medical, gestore valutato come idoneo dalle Agenzie di Tutela della Salute di Milano, Monza Brianza e Insubria, che coprono la città metropolitana di Milano e le province di Como, Varese, Lecco, Monza e Lodi, con un bacino di utenza di oltre 6 milioni di abitanti, più del 60% del territorio regionale. Alliance Medical possiede in tutto tre centri di radiologia, due in provincia di Monza e uno in provincia di Como. Si potrebbe pensare che si sia proposta per gestire pazienti cronici con un limitato numero di patologie. Invece no, secondo quanto risulta dal sito dell’Agenzia di Tutela della Salute di Milano, Alliance Medical è stata giudicata idonea a erogare assistenza a malati con più di cinquanta patologie diverse, che spaziano dall’AIDS all’epilessia, al diabete mellito complicato, all’artrite reumatoide, di tutti i livelli di gravità, grazie agli accordi stabiliti con numerosi erogatori privati e pubblici. Guardando il sito di questo colosso della sanità privata abbiamo appurato che si tratta della filiale italiana di una multinazionale con sede in Inghilterra presente in molti stati europei. Un’ulteriore visita al sito della società madre ha permesso di scoprire che dal 2007 questa è proprietà della Dubai International Capital, a sua volta sussidiaria della Dubai Holding, una delle più importanti finanziarie degli Emirati Arabi di cui lo sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum detiene il 99% delle azioni. Dubai Holding sviluppa e gestisce un portafoglio diversificato di investimenti in settori attraenti per le opportunità di profitto: servizi finanziari, immobiliari, turistici, alberghieri, telecomunicazioni, energia, intrattenimento, biotecnologie e infine sanità. A questo punto è pienamente confermato come l'operazione cronici della regione Lombardia sia la via maestra per l'inserimento del capitale finanziario nel mercato della sanità così come la politica della regione Lombardia lo sta disegnando. Ora, questo gestore sceglierà un erogatore, probabilmente privato, in cui i malati saranno utenti-clienti a cui far consumare meno cure possibili per speculare su quanto la Regione devolve per il loro PAI.

In pratica non solo il PAI non è realmente personalizzato perché è il risultato di una sperimentazione su un campione del 5% delle cronicità, non solo il PAI non contiene realmente gli esami necessari ad ogni cronicità e quindi quanto non previsto dovrà essere pagato dal malato, ma i soldi che i malati pagano in tasse finiranno nelle tasche di imprese private il cui scopo sarà semplicemente garantirsi un lucroso business senza alcuna attenzione per la salute del paziente.

Ma non finisce qui. Il caro medico di base che fine fa? Ha già ricevuto la letterina della Regione e ha potuto scegliere: rimanere medico di base, diventare gestore associandosi in cooperativa con altri medici di base, diventare cogestore di un Gestore. Quest’ultima opzione è quella economicamente più conveniente (alcuni tenteranno la strada della cooperativa ma, visti i colossi che si stanno accreditando come Gestori, sembra una scelta scarsamente lungimirante perché non competitiva). Infatti il medico di base che decide di diventare cogestore riceverà dal Gestore con cui collabora 10 euro per ogni malato cronico; poiché ogni medico di base ha 1.500 pazienti e circa un terzo sono malati cronici, ogni medico cogestore riceverà 5.000 euro dal gestore. La differenza è che il medico di base è pagato dallo Stato e quindi segue le leggi dello Stato nel garantire le cure ai propri malati secondo quanto previsto dall’art. 32 della Costituzione, il medico di base che diventa cogestore è pagato da un gestore privato che condizionerà inevitabilmente le sue scelte nelle cure da fornire al paziente.

A questo punto qualche breve valutazione diventa necessaria. La lettera di Regione Lombardia doveva arrivare ai malati cronici nel mese di Ottobre 2017 e non è ancora arrivata. Questo testimonia che l’Assessore Gallera è in forte difficoltà tanto che ha dovuto scendere a patti con l’Ordine dei Medici e i Sindacati Medici accogliendo le loro richieste economiche di garantire 10 euro per ogni PAI compilato anche ai medici di base che sceglieranno di non diventare né gestori né cogestori (a tal fine la Regione ha stanziato ben 180 milioni di euro in tre anni!). Nonostante questo evidente incentivo economico i medici sembrano reagire alla privatizzazione e infatti a livello regionale il 60% di loro ha scelto di rimanere medico di base e la percentuale sale al 76% in Milano Città Metropolitana.

Una strenua opposizione viene da Medicina Democratica, che ha fatto ricorso al TAR, dal sindacato medico ANAAO, che critica globalmente il nuovo assetto sanitario in quanto non assicura sicurezza dei pazienti e delle cure, da Milano in Comune con Vittorio Agnoletto, che organizza capillarmente nei territori convegni per chiarire i termini della “riforma”.

Nonostante sia evidente che i medici di base non hanno l’obbligo di diventare gestori o cogestori e che i malati cronici non hanno l’obbligo di scegliere un gestore privato per la cronicità e possono rimanere con il loro medico e con il Servizio Sanitario Nazionale (opzione che ovviamente non viene in alcun modo pubblicizzata dalla grande macchina mediatica regionale), risulta però altrettanto evidente che la Regione guidata dalla Lega non desisterà da un progetto tanto “corpulento” sia politicamente che economicamente. Progetto “corpulento” forse anche per le attuali opposizioni qualora dovessero arrivare a guidare la Regione. Infatti la Delibera è della Giunta e stranamente le opposizioni PD e Movimento Cinque Stelle non hanno richiesto alcun passaggio in Consiglio regionale e non hanno espresso una chiara contrarietà alla Delibera. Sia il Pd che il M5S si sono limitati solo ad alcune precisazioni (il Pd ha espresso preoccupazione per la futura gestione delle cronicità psichiatriche, della disabilità e delle tossicodipendenze; il M5S ha sottolineato che i gestori privati non potranno fare selezione accaparrandosi i pazienti più redditizi).

In sostanza, con buona pace di tutti, nessuno fra i potenziali governatori della Regione sente la necessità di contrastare una “riforma” che accentuerà i caratteri mercantili dell’assistenza sanitaria, che costituirà un modello per le altre regioni in direzione della privatizzazione, che sancirà la definitiva abolizione dei distretti sanitari centralizzando la gestione nelle mani della Regione e dei gestori privati, che esclude definitivamente i Comuni dal Servizio sanitario regionale. Una “riforma” in cui il paziente si trasforma definitivamente in utente-cliente gestito da aziende private il cui fine sarà non la tutela della salute ma la massimizzazione del profitto con un pacchetto-clienti fornito dalla Regione e guadagni garantiti dalla spesa pubblica. Molto comodo.

E la Regione cosa ci guadagna? La Regione intesa come collettività si ritrova con un diritto negato. La Regione intesa come élite politica, espressione di partiti che rappresentano tutti diverse sfaccettature del neoliberismo, ci guadagna tanta e importante clientela elettorale. E con la clientela arrivano in finanziamenti occulti.

Pronti a scommettere su una futura “Sanitopoli”?

09/12/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: clashcityworkers.org

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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