Appalti mafiosi a Roma nel “death system”. Gli avvoltoi della morte aleggiano sui luoghi del dolore a scopo di lucro. In un ospedale nel Canavese, personale “civetta” accetta mazzette in cambio di informazioni sui decessi imminenti. Dal 2014 la Procura indaga sugli appalti mafiosi a Roma, manipolati da dirigenti ospedalieri.
di Alba Vastano
Non è notizia “freschissima”, ma il tema è di quelli che scottano, sempre. Di quelli che se ne parla fra le righe e con un filo di voce, che non si denuncia usualmente, come avviene in casi di malasanità, corruzione e tangenti, concussioni, connivenze e conflitti d’interesse. Questi loschi affari riguardano i vivi, sono questioni di malaffare fra vivi e vanno trattati con la voce alta e fiera di chi denuncia e si fa paladino della giustizia. Si parla sottovoce, invece, di “death business”. Di morte se ne parla con un bisbiglio. Si parla con amarezza di chi sul lutto ci campa e ne fa un’impresa a delinquere, invece di trattare l’ultimo respiro e il dolore di chi resta con i guanti bianchi, così come meriterebbe fosse maneggiato.
“Maneggiare con cura” si potrebbe dire. E invece gli avvoltoi della morte aleggiano permanentemente sui luoghi del dolore, auspicando una fine imminente a scopo di lucro e restano impuniti, tutelati dal “death system”. Si aggirano indisturbati, gli avvoltoi, fra i corridoi ospedalieri, soprattutto in quelli dei malati terminali, ovviamente. Si raccomandano al personale ospedaliero affinché possano essere informati in anticipo dell’ultima morfina, dell’ultimo valium e piovono mazzette sull’infermiere che assiste, sul portantino, sul medico compiacente di turno (è avvenuto all’ospedale di Cuorgné, in Canavese). Molti i corrotti, i conniventi nei luoghi di cura. Tanti gli infami, che avvalendosi del momento più doloroso per la famiglia del proprio caro moribondo, si assicurano a priori il bottino delle onoranze funebri. Che non è magro. Anche chi non può, infatti, investe cospicue somme, magari indebitandosi, per onorare un affetto perduto, per dare l’estremo tributo al caro estinto.
È nel clou dell’imminente distacco dalla vita che l’impresario della morte, colui che vive del dolore altrui per farne un “affaire”, per carpire quanto più introito possibile, agisce indisturbato. Privo di etica, usa arti sopraffine, quanto subdole, per far fruttare il valore monetario di una salma. È il mestiere dell’operatore delle pompe funebri che agisce su direttive dell’impresario. È un mestiere che ha dalla sua necessità e virtù, finché resta onesto, certo.
Ma, a volte, il suo operato è cronaca di malaffare, di corruzione estrema, perché per raggiungere un guadagno facile perde di etica e dignità. Succede a Roma, come in mille altri posti, visto che ovunque si muore e le onoranze funebri assumono, per chi è colpito dal lutto, un forte valore simbolico. E s’apposta negli spazi del dolore l’elegante quanto inquietante ombra dell’agente funerario, del broker del lutto, a farne del dolore di una famiglia un bocconcino irrinunciabile. Ed è la corsa ad arraffare il guadagno che ne deriva dal servizio funebre. Prevale il broker pressante e ammanicato, non solo quello che si è aggiudicato la gara d’appalto presso le strutture sanitarie più note. È accaduto nella capitale e gli indagati sono ad oggi affidati nelle mani della giustizia
Roma. Gli appalti pilotati e gli indagati
Il caso esplode nel 2014. La procura di Roma indaga sul caso degli appalti pilotati sui servizi funebri in alcuni ospedali romani. In particolare presso le strutture ospedaliere del San Camillo, del Pertini, dell’Umberto primo e del Sant’Andrea. Qualcuno si è assicurato illegalmente il servizio dell’estremo saluto, delle onoranze al caro estinto. Nel calderone degli indagati finiscono ben 30 personaggi, conosciuti nel mondo della politica, delle Asl e delle imprese delle pompe funebri.
Fra questi il “pinguino” Domenico Gramazio, ex parlamentare del Pdl, ex picchiatore fascista, satrapo della destra romana e suo figlio Luca Gramazio, coinvolto negli scandali di mafia capitale, adagiato fra Buzzi e Carminati. I capi d’accusa sono molteplici: associazione a delinquere, concorso in corruzione, falso e turbativa d’asta. La denuncia è stata presentata in procura dal Codiof (Comitato diritti operatori funerari). Mario Menicucci, presidente del Comitato, ma anche della Feniof (Federazione nazionale imprese e onoranze funebri) scopre che l’appalto della camera mortuaria del San Camillo è stato assegnato alla “service one”.
I requisiti per vincere la gara consistevano nel non essere un’agenzia funebre, né avere alcuna attinenza con le imprese di tal settore. Il Codiof, invece, svela la vera attività dell’impresa vincitrice. La “service one” è un’agenzia funebre, come da visura effettuata nella Camera di commercio. Il Comitato scopre inoltre che sulla camera mortuaria del San Camillo e del Sant’Andrea operano altre agenzie funebri. La “Taffo” è la più popolare per i suoi slogan pubblicitari, inquietanti trattandosi di morte. Fra i più noti: “Trasformiamo in diamante le ceneri dei tuoi cari. Questa volta tuo marito non potrà dirti di no”( da intendersi che la salma è proprio il marito) o “ Perché piangere due volte, funerali da 99 euro…”.
Il faro della Procura si fissa anche su Egisto Bianconi, direttore del Sant’Andrea. L’inchiesta mira a far luce sulle gare d’appalto delle camere mortuarie dell’ospedale romano. Il capo d’accusa è “ "turbata libertà degli incanti, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio". Fra gli indagati finisce anche la famiglia Primavera, nota per il traffico di droga nel quartiere romano di san Basilio. L’iniziativa e il coinvolgimento nel malaffare architettato dai Primavera parte da una loro esponente, tale Daniela Chimenti, moglie di Guerino Primavera, dipendente della società di pulizie “Linda srl”, attiva presso l’ospedale.
La Chimenti, per vie traverse, viene a conoscenza della gara d’appalto per i servizi funebri. Lo riferisce al consorte che lo riferisce a sua volta al suo amico Giustino Taffo. Da lì parte la pressione per manipolare la gara a loro favore. Il direttore generale, Egisto Bianconi non fa altro che pilotare la manipolazione. Come? Si serve della collaborazione di Filippo Zanutti, presidente della commissione gare d’appalto per il servizio funerario dell’ospedale e fa conoscere al direttore della “Taffo” il contenuto del bando prima che venga reso pubblico. I Taffo si adeguano a tutti i requisiti e offrono una proposta incontestabile che sbaraglia tutti gli avversari e promettono una cospicua somma di denaro a Bianconi e assunzioni per i Primavera nella ditta.
Le intercettazioni, attivate dopo la denuncia del Coniof, sugli indagati sono inequivocabili”. “Ha vinto… tirasse fuori i soldi non siamo ragazzini.” E su Daniela Chimenti ad un’amica complice, tale Barbara Severini: “Effettua la media di cinquecento decessi all’anno. A tremila euro la media a funerale. È un milione e mezzo di euro all’anno. E noi vogliamo mangiare anche un bel piattino di fettuccine. Poi c’è il salmone e altre cosette. Me raccomando. Io entro a lavorà con loro, faccio la becchina, glie faccio”. Zingaretti interviene e sospende dal servizio Egisto Bianconi, sostituendolo con Lorenzo Sommella, nella funzione attuale di direttore sanitario.
Storie di piccola umanità, di squallido vivere all’insegna di un benessere meschinamente rubato nel momento cruciale di una vita e sulla sofferenza dei familiari. Sono turpi storie di gente che ha perso il senso e la misura di come si sta nel mondo, di quali siano le priorità. Di chi fa della vita e delle relazioni, ma anche della morte, strumenti di profitto personali. Quanto accaduto, “i vivi che campano sui morti”, fa pensare che dentro la morte c’è un miscuglio di tante realtà politiche, economiche e gestioni mafiose. E che tutto questo fa drammaticamente parte della nostra società.
Fonti:
http://www.huffingtonpost.it/2015/07/30/clan-primavera-camera-mortuaria-santandrea_n_7904156.html
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/19/ivrea-racket-caro-estinto-mazzette-per-ottenere-servizi-funebri-14-indagati/1351056/
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/15_luglio_30/ai-domiciliari-dg-sant-andrea-bianconi-appalti-truccati-ffd56bf0-36b0-11e5-99b2-a9bd80205abf.shtml